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Sbuffando aveva afferrato la rivista e si era gettato sulla poltrona sprofondandovi.
«Sempre le solite storie!», rimuginava fra sé, seccato per l’ultima discussione mentre sentiva nell’altra stanza Manuela sbattere gli oggetti che le capitavano per le mani.
Sfogliò le pagine con lo sguardo torvo, e l’attenzione fu subito catturata dal titolo di alcuni articoli:
«Una relazione creativa».
«Amo amare».
«Per esprimermi senza offenderti»
… Restò perplesso e richiuse la rivista per guardarne il sottotitolo. “Numero Speciale. Il Dialogo”. (*)
Spalancò gli occhi per la sorpresa. Una coincidenza?
Riaprì iniziando a leggere le prime righe:
«Dialogare non è una cosa semplice. È più facile parlare e dire agli altri in cosa stanno sbagliando, cosa dovrebbero fare. Giudicare e puntare il dito su errori e difetti. È più facile anche aderire tacitamente, seguendo le indicazioni di una persona di cui mi fido o che temo, mettendo via il mio pensiero, le ricchezze della mia esperienza umana, lasciandomi passivamente convincere.
Quando si discute in genere qualcuno ha ragione e qualcuno ha torto. Qualcuno vince e qualcuno perde, ma non per la giustezza di ciò che si dice. Spesso vince il fatto di alzare la voce, e a perdere è la paura, silenziosa, di esistere. La paura delle conseguenze. Si può vincere grazie a prepotenza e cocciutaggine, e perdere per pigrizia, per la non voglia di tirare fuori da sé l’energia necessaria a una discussione. Ma questo non è dialogo. È usare le parole o scegliere di non usarle, all’interno di giochi di potere, calcolando tornaconti personali. Non è malafede, ma abitudini malate. L’abitudine a pensarsi soli. O superiori. O inferiori. O incomprensibili al mondo. Incapaci di emergere dalla mancanza di coraggio.
Per dialogare non bastano le parole. Non sempre chi parla è in grado di far nascere un dialogo vero tra le persone. Serve altro. Serve un desiderio aperto, pulito, potente – non autoritario. Un desiderio che costringa la voglia di sopraffare a tacere, e la paura di dire a esporsi.
Amo amare, e scelgo di farlo perché questo mi fa sentire libertà e vita, mi fa guardare avanti. E tornano le parole, tornano i silenzi, quelli dell’ascolto, quelli necessari per lasciare spazio agli altri di esporsi.
Dialogare è una sfida, ma non contro qualcuno. È una sfida contro la propria resistenza ad aprirsi agli altri, donarsi senza avarizia o secondi fini, con attenzione, parole, tenacia, desiderio. Non significa simulare pace né pretendere di essere ascoltati. Ma donare tutto quanto si ha: punti di vista, esperienze, tempo, ascolto. Mettere tutto in circolazione con la fiducia che ogni cosa viaggerà, anche se le risposte non saranno immediatamente belle o pacifiche, anche se le risposte possono mettere in crisi le certezze.»
- Manuela! …Manuela? Dove sei? Voglio leggerti delle cose interessanti!«Un dialogo è qualcosa in cui si capita, in cui si viene coinvolti, dal quale non si sa mai prima cosa “salterà fuori”, e che si interrompe non senza violenza, perché c’è sempre ancora altro da dire... Ogni parola ne desidera una successiva; anche la cosiddetta ultima parola, che in verità non esiste».
- Uffa, Enrico! Sono in bagno… Sto lavandomi i capelli, non dobbiamo uscire?
- Allora mentre tu fai lo shampoo, io leggo. Va bene?
- E quando accenderò il fon?
- Manu, dai! …Intanto inizio a leggerti qualcosa, no?
- Ok…
- L'argomento è il “dialogo”. Un articolo io l'ho già letto, proseguo con te… Ascolta…
Che ne dici? Non è interessante? …Continuo:
«Questa recente affermazione del filosofo tedesco Hans-Georg Gadamer esprime quella che, in una parola, è la caratteristica principale del dialogo: l’imprevedibilità.

Il dialogo è una questione di cuore, non di strategia. Dialogare non è convincere, comandare o insegnare, forme di comunicazione a senso unico, che puntano a ottenere “quel” preciso risultato. È l’opposto dello scambio basato sui rapporti gerarchici, e sull’oppressione. In un dialogo nessuno ha il monopolio della verità e non ci sono criteri di verità assoluti. Dialogare significa lavorare sui fraintendimenti, significa mutualità, condivisione e reciprocità. Il dialogo nasce quando c’è l’accettazione dell’altro/altra, il riconoscimento di una pari dignità delle persone senza pretesa di certezze e verità assolute a favore della relazione intersoggettiva.
Entrare in un dialogo significa entrare nell’incertezza di un gioco il cui risultato finale non è prevedibile dall’inizio. In un vero dialogo, non possiamo controllare l’altro, le domande che ci porrà, le domande implicite che le sue risposte faranno sorgere in noi e modificheranno di continuo il rapporto con i nostri pregiudizi e quindi il nostro orizzonte del presente».
- Sì, interessante… Ora devo accendere il fon, finiamo dopo?«Il dialogo è una relazione creativa.»
- Manu, solo due righe ancora, poi lo finisco da solo… Ci vuole un attimo, senti:
… Pensa Manuela, ci vuole creatività per dialogare! E poi:
«È il modo del filosofare, per Socrate, la via lungo la quale si sviluppa la ricerca. È libertà, apertura di nuovi orizzonti, di nuove idee, un processo in continua evoluzione. La creatività fiorisce se si aprono il cuore e la mente: comprendendo le motivazioni di ciascuno, si scoprono nuovi spazi di confronto e si cercano nuovi punti di contatto.»
…Quindi è ricerca, è ampliamento, arricchimento! Non è voler convincere l’altro del proprio modo di pensare e quindi limitarlo entro i propri confini mentali!
- Enricuccio? Se tu non vuoi che facciamo tardi per uscire, adesso devo accendere il fon! ...Certo, però! ...Effettivamente... che caso quest'articolo subito dopo la nostra discussione, eh!Enrico sorrise e tornò alla poltrona. Gli occhi scorsero ancora alcune righe sull’articolo che aveva interrotto.
- Perciò volevo leggerlo con te!
- Va bene, lo concludiamo dopo… Tu sei pronto?
- Sì, sì… Ah, senti qui, parla della lotta nonviolenta portata avanti da Gandhi:«C’è una fondamentale peculiarità nella nonviolenza: puntare sulle qualità e non sui difetti dell’avversario. Parlare e agire non per provocare sofferenza bensì riflessione.»
- Accendo il fon, ma ti voglio molto bene. Sloggia!
«…Presupposto fondamentale del dialogo è l’empatia, che è la capacità che hanno gli esseri umani di capire il mondo dall’esperienza soggettiva dell’altro. Essere in grado di ascoltarlo e di capire il suo mondo soggettivo, comprendere il suo punto di vista mettendoci da parte, cercando cioè di non filtrarlo attraverso il nostro modo di vedere le cose. Il colloquio tra due individui a cui manca il senso dell’altro potrebbe apparire un dialogo, ma in realtà è un semplice scambio di dichiarazioni unilaterali. Viene a mancare inevitabilmente la comunicazione».
- Enrico? … Io sono pronta! Andiamo?
- Un secondo, senti…
- Eh, no! Infilati le scarpe ora! …Dà qui, dove sei arrivato? Hai usato anche l’evidenziatore? ...Deduco che sia dal punto ancora in bianco!
Allora: «Secondo il filosofo Giuliano Pontara, una caratteristica di una personalitàaperta al dialogo è il “fallibilismo”, un atteggiamento spirituale mutuato dall’ambito scientifico secondo cui un individuo che vuole veramente dialogare deve essere sempre disponibile a mettersi in discussione.» …Questo sei tu, no? Infatti sei sempre pronto a metterti in discussione!
- Manuela? Stai provocandomi? …Ho le scarpe, possiamo andare. Porta la rivista, la leggiamo in auto.
- Sì, finisco il rigo, lo avevo interrotto: «L’opposto del fallibilismo è il dogmatismo.»
- Andiamo, scendiamo in garage. …Io non sono dogmatico!
- Ah, no? Non vuoi mai nulla fuori posto, secondo te la vita è solamente come la intendi tu... Vuoi il matrimonio, per esempio, mentre per me si può convivere senza contratto!
- Manuela…manca molto alla fine dell’articolo? Dai, leggi mentre guido, per piacere!
- Ok. Leggo. …«Base di partenza per parlare con gli altri è la capacità di parlare con noi stessi, per comprendere profondamente le motivazioni che ci spingono a sostenere quella o questa posizione. Essendo consapevoli che il nostro linguaggio, il nostro bagaglio esperienziale e le nostre strutture mentali non sono assoluti, ma legati alla nostra cultura e alle nostre tradizioni.»
…Incredibile! Si conclude così! …Stavamo appunto parlando del valore che tu dai al matrimonio…
- Ah, Manuela, se riuscissimo a trasformare questa lettura in qualcosa di concreto fra noi!
- Già! ...Se tu vuoi il matrimonio e io no, quale può essere la soluzione arricchente che prende in considerazione i nostri diversi punti di vista senza scontri?
- Facciamo una cosa, Manu... Godiamoci la serata, poi quando torneremo a casa faremo l’amore! Vedrai che ci verrà un’ispirazione!
- Molto spiritoso e costruttivo!
- Come sei bella! Non ti avevo ancora guardata…
- Gradevole questo dialogo, continua pure…
- In effetti, perché vivere secondo delle regole? È così bello inventare…
- Enrico? Attento, le calze si possono smagliare…
- Che importa? Andiamo a cena con le calze smagliate, perché essere tutti perfetti? Lasciati accarezzare!
- Ti adoro quando molli gli ormeggi…

(*)
Gli articoli riportati sono stati estratti dalla rivista "Buddismo e Società" (dal Numero Speciale sul Dialogo, anno 2002) =
Il post qui sotto è un articolo (2006) quasi integrale che segue lo stesso argomento: