31 dicembre 2006

Gosho di Capodanno (con cappellino personale)



Comincio così... proseguo colì!

Ci siamo... questo è l'ultimo giorno del 2006...
Non so per quale motivo, è come se tirassi un respiro di sollievo, e non capisco perchè!! La vita continua, e questo passaggio è solo un conteggio che diamo al tempo, mentre il vivere si rinnova solo attraverso le nostre decisioni, non certo perchè cambia il numero dell'anno! Una cifra sulle 4 a cui è giunta la nostra civiltà!
Va bene: il 2006 per me è stato faticoso, ma chi mi dice che il 2007 non lo sia ancora di più?

Pensiero da lasciare andar via, vola, vola via, non ti trattengo!

Chi frequenta questo blog ormai lo sa: io sono buddista. E per chi è buddista l'unica vera ricorrenza è proprio l'inizio di un nuovo anno, il rinnovamento del ciclo vitale!
Ogni anno, da quando pratico il buddismo di Nichiren Daishonin, pongo i miei obbiettivi, ovvero le mie decisioni, desideri, progetti di realizzazioni per i 12 mesi che mi si apparecchiano davanti da affrontare.
Ho iniziato a praticare verso la fine del 1997, quindi, anche se in principio non avevo preso molto sul serio la cosa, bene o male sono comunque 9 anni che ogni gennaio scrivo i miei obbiettivi...
Chi viene a leggere Setalend (e qui rido di cuore) può immaginare quante pagine possono riempire i miei desideri per un intero anno, se già i miei post sono tanto lunghiiii!
(Anche perchè...Avete mai provato ad immaginare i vostri ovviettivi, e a scriverli? Vi assicuro che è cosa ardua e faticosa da mettere nero su bianco! Da far girare la testa, pure dalla paura! Sì, la paura di prendersi troppo sul serio! E... di non riuscire: la paura di fallire!)

Ebbene per il 2007 non penso che li scriverò!
O almeno non come ho sempre fatto!
Voglia di cambiamenti: cominciamo da qui, senza tagli di capelli, ma con sfoltite altrove!
In effetti molte delle cose scritte all'inizio del 2006 sono ancora lì, non realizzate affatto, nonostante la fatica portata avanti quest'anno nell'affrontare, affrontare, affrontare...

Per il momento non dico altro... E regalo a chi di qui passa, la lettura del Gosho di Capodanno: una lettera che scrisse Nichiren (monaco buddista giapponese vissuto a metà del 1200) ad una donna, una seguace del Sutra del Loto.

Il Gosho di Capodanno è profondo, raccoglie dei principi bellissimi e fondamentali per la vita, e il suo valore sta proprio nel rinnovarli ad ogni Capodanno!


"Gosho di Capodanno"

(scritto forse da Minobu il 5 gennaio)

[…] Il giorno di Capodanno è il primo dei giorni, l'inizio del mese, l'inizio dell'anno e l'inizio della primavera (secondo il calendario lunare giapponese, la primavera inizia con il primo mese; il Capodanno corrisponde, nel calendario gregoriano, a una data variabile fra il 21 gennaio e il 19 febbraio).
La persona che celebra questo giorno accrescerà le sue virtù e sarà amata da tutti, come la luna diventa piena muovendosi da occidente a oriente (si riferisce al fatto che la luna nuova dapprima è visibile a ovest subito dopo il tramonto e, nelle notti successive, via via che diventa piena, sembra spostarsi gradualmente verso est) e il sole risplende più luminoso avanzando da oriente a occidente.

Per prima cosa, alla domanda di dove si trovino esattamente l'inferno e il Budda, un sutra afferma che l'inferno si trova sotto terra e un altro dice che il Budda risiede a occidente. Ma a un attento esame, risulta che entrambi esistono nel nostro corpo alto cinque piedi; questo dev'essere vero perché l'inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre. È come il seme del loto che contiene al tempo stesso il fiore e il frutto. Anche il Budda dimora nei nostri cuori, così come dentro la pietra focaia esiste il fuoco e dentro le gemme esiste il valore. Noi comuni mortali non possiamo vedere le nostre ciglia che sono vicine né i cieli che sono lontani. Ugualmente non capiamo che il Budda esiste nel nostro cuore. Tu potresti chiederti come il Budda possa risiedere dentro di noi se il nostro corpo, generato dallo sperma e dal sangue dei genitori, è la fonte dei tre veleni e la sede dei desideri carnali. Ma dopo una ripetuta riflessione si comprende quanto ciò sia vero. Il puro fiore di loto sboccia dalla melma, il profumato sandalo cresce dalla terra, il grazioso bocciolo di ciliegio spunta dall'albero, la bella Yang Kuei-fei nacque dal ventre di una serva e la luna si alza da dietro le montagne e le rischiara.

La sfortuna viene dalla bocca e ci rovina, la fortuna viene dal cuore e ci fa onore.

Il tuo cuore che desidera fare offerte al Sutra del Loto all'inizio del nuovo anno è come il fiore che sboccia dall'albero, come il loto che si schiude in uno stagno, come le foglie di sandalo che si aprono sulle Montagne Nevose o come la luna che comincia a sorgere.
[…] Coloro che credono nel Sutra del Loto attireranno la fortuna da diecimila miglia lontano.
[…]I seguaci del Sutra del Loto sono come il legno di sandalo con il suo profumo.
Ti scriverò ancora.

Nichiren
Il quinto giorno del primo mese
Risposta alla moglie del signor Omosu

28 dicembre 2006

°°°°°°° IL GIOCO DEL LIBRO PIU' VICINO °°°°°°°


Un gioco!

Sono stata coinvolta in un gioco a catena...e a mia volta coinvolgerò qualcuno!

Sonia mi ha passato
il testimone che a sua volta le era stato passato,
e... la catena continua!

Il gioco è:
"Il gioco del libro più vicino".
Le regole sono le seguenti:

Prendere il libro più vicino.
Sfogliare sino a pagina 123.
Contare le prime 5 frasi della pagina.
Riportare nel blog le 3 frasi seguenti.
Suggerire il gioco ad altri 3.


Abbiamo sempre un libro vicino che, anche se non andiamo avanti a leggere, comunque è lì che ci aspetta... Io ora ne ho addirittura due, di libri vicini! Uno iniziato da poco; ed uno che ho iniziato a settembre, e mi piaceva così tanto...che decisi di rallentare la lettura, altrimenti l'avrei divorato e poi mi sarebbe mancato! Il risultato è che dal rallentamento sono passata alla stasi! Nel frattempo, incuriosita da un libro che mi è stato suggerito, ne ho iniziato un altro!

Ora che faccio? Nel gioco posso comprendere entrambi?

Visto che i miei post sono sempre luuuuunghiiiissiiiiimiiiiii, farò giocare solo uno dei due libri, il più recente. Però li menziono entrambi!

Quello iniziato mesi fa è "L'Arte della gioia" di Goliarda Sapienza (bellissimo!! gli ho dedicato due post a settembre).

L'altro, che qui faccio partecipare al gioco, è "Che tu sia per me il coltello" di David Grossman.

Giunta alla pagina 123, contate le prime 5 frasi, le seguenti tre si snocciolano così:

"Ti prego, non dirmi che è una fantasia infantile. Lo so già. E' la fantasia della mia infanzia che mi eccita e mi congela al tempo stesso, e mi fa scorrere il sangue velocissimo per qualche secondo. Io non posso combattere contro questa fantasia."


Ed ora passo il testimone a:

Daniela

K

Miss Uga-Vento di Primavera



.........Buona continuazioneeeeee!!!!

22 dicembre 2006

"Oh, it's Christmas...Are you sad? Make love, not war"!!!

Sta avvicinandosi Natale, e poi la fine del 2006... Ora che appartengo al "pianeta" della blogsfera, girando qua e là per le varie "terre" dei blog disseminati intorno ("intorno a me", non tanto lontano, pur essendoci blog in numerosi paesi del pianeta Terra...) mi sono accorta che c'è un vero malessere nel respirare l'aria che precede il 25 dicembre! C'è chi ne parla, c'è chi ci scherza, ma resta impossibile isolarsi da ciò che ci circonda!
Oggi, 22 dicembre, a pochi giorni dal fatidico 25, c'è un particolare evento, legato ad un'iniziativa di due signori, hippies degli anni '60, che invita tutte le persone del mondo a fare l'amore!
L'ho scoperto ieri grazie a
Francesco, che ha dedicato un post a questa iniziativa denominata "Global Orgasm day" (riporto qui ciò che è scritto sul post di Francesco: "Il Global Orgasm Day è un modo per concentrare un flusso di energia così potente -gli ideatori ne sono certi- da fermare le onde negative che attraversano il pianeta e tutto ciò che ne consegue, dalle guerre ai terremoti... Gli ideatori: Donna Sheehan e Paul Reffer, coppia di pacifisti settantenni e fricchettoni già avvezzi a iniziative clamorose, lo organizzano per il 22 dicembre, e non si prescinde: "E' il giorno del solstizio, ovvero venerdì 22 dicembre", questa la giornata dell'orgasmo collettivo sincronizzato! Chi può farlo? la risposta è: "Tutti gli uomini e le donne, tu e tutti quelli che conosci". Dove? "Ovunque nel mondo, ma in particolar modo nei Paesi che possiedono armi di distruzione di massa").
Se volete saperne di più andate su Mondo Cilions!).

Allora: quanta tristezza e solitudine da spazzare via con l'amore, no?
Sarebbe bello veramente!!

Mettete dei fiori nei vostri cannoni!!
Fate l'amore, non fate la guerra!
Eppure sarebbe così facile, così semplice, invece di: litigare, creare muri, alzare tzunami di collera, sparire, glissare, ammazzarsi di botte! (Ieri a Roma, un fatto di cronaca: un uomo ucciso a calci e bottigliate! Ai piedi dell'ospedale S. Camillo!!)

E, sempre girando per blog, ne ho scoperto un altro (di blog), che a sua volta è stata una scoperta di
Sonia, e quindi per far sorridere chi è triste, e riportare l'argomento sul "Facciamo l'amore, non la guerra", vi segnalo questo blog spassosissimo:
IL PENE MI DA' IL PANE!... io l'ho trovato, appunto, sul blog "Blabla-Sonia".

Per finire...

Ho deciso in questo Natale 2006 (mio primo Natale da blogger) di "regalare" a chi passa dalle parti di Setalend, un mio racconto, scritto in primavera per partecipare ad un concorso, non andato a buon fine.
Di questo racconto avevo già postato, mesi fa, una parte, un estratto. Ora lo posterò per intero.
Sto dando annuncio. Si parla di nuovo d'amore! Amore che, seppure dona infiniti sorrisi, fa anche soffrire, e tanto quindi lo si sfugge!
Per ora... Buon solstizio se avete un partner, e se non lo avete seguite le istruzioni su Mondo Cilions! E poi rifatevi gli occhi e qualche risata nel post scoperto da Sonia...il cui nome è già un programma.
Concludo in modo insolito, con un


"CIAO A TUTTI!!"
-

20 dicembre 2006

il cappello

Sono due settimane che ho preparato un post per parlare di un certo argomento.
Argomento emerso in me da una motivazione.
Motivazione che a sua volta mi fece prendere la decisione di postare un racconto non mio.
Il post e il racconto a cui mi riferisco è:
"Racconto di un uomo".

Sono due settimane che rimando, anche se non voglio rinunciare. Ieri ho ripreso in mano il post che qui segue "Dangerous Liaisons", ho cercato di immergermici di nuovo, di rendere migliore il contenuto, ora lo posto.
L'argomento, per come lo tratto, probabilmente non è esaustivo nel suo intento, il fatto è che, seppure ho desiderio di parlarne, mi rendo conto che urto contro dei limiti umani, che non sono per forza malafede! Forse più "malavoglia" e pigrizia, a volte il sentirsi sopraffatti dall'impotenza a cambiare... E se non è sensazione di impotenza, è una mancanza di desiderio: un non credere alle possibilità.
In ogni caso, ciò che ho da dire è che la mia scelta di postare quel racconto è scaturita da una sorta di ribellione interiore ad un certo modo di fare.
L'irritazione mi portava alla conclusione che in fondo è "meglio parlarne che restare in silenzio"!

A questo argomento mi fa piacere collegare anche
un post di Sara Sidle su "Un Caffettino Caldo", la cui pubblicazione è precedente all'irritazione e decisione di postare "Racconto di un uomo", ma che, con il suo contenuto e i relativi commenti, amplia la visuale di questo discorso.
Il presente post fa da cappello a "Dangerous Liaisons", che segue.

Dangerous Liaisons

La seduzione.
Seduzione al maschile, e al femminile.
Perché relazioni pericolose?
Perché alla base c’è una seduzione giocata.

Per dare immagini al sottile quanto invisibile gioco, mi muovo col pensiero tra le scene e i ruoli del film "Dangerous Liaisons". La seduzione, dunque, come arte d'affascinare e richiamare su di sé attenzioni, mentre in modo affettuoso e carezzevole se ne elargiscono altrettante, cercando con intenzione di trasmettere il rapimento che l’altro ha esercitato su di noi.
Nella seduzione si gioca il potere d’attrarre, il potere di diventare importante per l’altro, il potere di farsi pensare e di farsi aspettare: si creano vuoti, attese, innescando il gioco d'un ritrarsi che senza dare, riesce ad avere, fascino ambiguo dell'esserci senza esserci, creando aspettative sospese e il conseguente vantaggio d'avere la conduzione del gioco sotto il proprio controllo.

Ho dovuto pensare a determinate immagini per esprimere queste parole.
Nel film “Le relazioni pericolose”, l’arte seduttiva è la carta da gioco su cui si innesca ogni evento della storia.
Ho ricordato alcuni sguardi di uomini nel loro intento di seduzione, i gesti, le attenzioni, il modo di parlare…
Ho pensato ai modi femminili di lasciare che l'interesse giungesse chiaro all’altro…
Di seduzioni ce ne sono infinite nel nostro quotidiano, nel vivere, da quando si è piccoli in poi.
Una madre può sedurre una figlia offrendo un’apertura da amica. In realtà ciò è uno strumento per conoscere cosa va attraversando l’adolescente, è un modo per avere un controllo sulla sua crescita che va sfuggendole di mano, sulle amicizie e amori; questa seduzione piena di potere è completa quando la madre sa come ferire la figlia conoscendola nell’intimo, nelle sue fragilità e difficoltà col mondo con cui sta imparando a confrontarsi… La madre lusinga, tenendo in pugno l’adolescente insicura e dipendente: dipendente dalle sue attenzioni, dalla false promesse di comprensione e protezione. False, perché ciascuno deve affrontare il mondo da sé, per crescere.

Parole dure? Tutto ciò ha un senso.
Il senso delle relazioni difficili.

Chi è che non cade nel tranello della seduttività?
Chi è che non ha bisogno d’attenzioni e affetto?
Usare la seduzione per ottenere qualcosa mi ripugna, e tardi ho imparato a riconoscermi la capacità di averla, e il potere che ne derivava.
Questo mi ha permesso di riconoscerla negli altri, e di capire le mire oltre le quali si muovevano le attenzioni, gli sguardi gentili e pieni di calda dolcezza…
A riconoscerla non solo per fini sessuali nell’eterno gioco tra uomo e donna, ma anche solo per pure aspettative comportamentali, nell’intreccio delle relazioni umane.

A volte non ci si muove in modo lucidamente cosciente nel sedurre, ma intanto si dà quel poco che serve per continuare ad alimentare la liaison, il filo, il legame.
È stuzzicante sapere che una persona tiene a noi, e sapere che dipende da noi muovere i fili della liaison: vogliamo continuare? Quanto vogliamo dare? Quanto impegnarci? Se non serve, si risparmia, tanto l’altro ci sta aspettando… Un vantaggio creare vuoti, aspettative, attese, farsi desiderare…
Di solito si innesca il gioco delle parti:
il seduttore e il sedotto.
Colui che conduce, e colui che sa che deve stare negli argini della conduzione guidata!
L’annoiato e il passionale.
Colui che non sa amare, sa solo giocare, in contrapposizione a colui che ama col piacere di dare, fino ad amare disperatamente e perdutamente.
Colui che non ha mai amato, perché amare è perdita di controllo, in contrasto a colui che ama senza alcun limite, a briglia sciolta!

Nel dare immagini alle varie situazioni, ho ripetuto sempre e solo "colui", affinché ci fosse neutralità nel ruolo, senza alcuna appartenenza al femminile o al maschile.
Per lo più dipende dall'indole!
Indole, desiderio di affrontarsi, onestà con se stessi, valori interiori.

Ho dovuto rifletterci per imboccare la strada verso l’argomento a cui voglio approdare.

Ho postato “Racconto di un uomo”, che non è un mio scritto (ma vi sono intervenuta con un lavoro di sintesi per postarlo). Avevo accennato al fatto che avrei ripreso l’argomento, poi però ho lasciato scorrere del tempo.
Chi lo ha letto ha commentato che ha il sapore dei racconti della “Harmony”.
Non ho mai letto quei racconti, immagino sia letteratura rosa, in cui si narrano attrazioni brucianti e pene d’amore, in cui si vive la passione dei sentimenti attraverso gli interpreti con le loro storie cariche di difficoltà… Immagino anche, come associazione, che le telenovele si affianchino molto nelle loro sceneggiature a questi romanzi.

Essendo intervenuta sul contenuto dello scritto per poterlo postare, non riesco a vederci un’affinità con la letteratura della “Harmony”.
Vi ho colto invece i dubbi di un uomo prigioniero delle proprie pulsioni e sentimenti, senza capacità di esternare, prigioniero della chiusura della sua indole. Dubbi ed ermetismo che lo isolano nella sua interiorità, lasciando decadere l’attenzione e l’ascolto per l’altro; indolenza ed inerzia che schermano la sua vita come fosse un oblò; e una ricerca infine, nella propria clausura, di vie d’uscita che si rivelano effimere, basate su contatti umani che sono liaison a senso unico: la ragione sessuale. La via più facile per una boccata d’ossigeno è quella della seduzione, giunti al traguardo, il gioco decade.

Non voglio accusare, ma contemporaneamente desidero non avvallare “usi e costumi” placandomi con la motivazione che “tanto, normalmente le cose così vanno”, occorre accettarle: inutile persino parlarne.

Il racconto è una voce maschile, e l’idea di postarlo nasce proprio dal fatto che le sue righe scavano nella tematica dell’ambiguità di relazione fra uomo e donna.
Ed anche se all'inizio ho mantenuto i ruoli del sedurre e dell'essere sedotti nella neutralità della differenza sessuale, ora invece punto l'attenzione su quanto possa apparire "impenetrabile" l'universo maschile nel suo gioco di toccate e fughe.

Per l’idea che coltivo sull’amicizia, non potrei affermare che io e l’autore del racconto siamo amici (restiamo sul terreno dell'ambiguità).
L’amicizia per me comprende uno scambio reciproco e aperto della vita, spontaneo, senza sottrazioni e silenzi debitamente scontati.
Fra me e l'autore c’è stato uno scambio di discorsi, di confidenze di vita, poi, apprezzando il mio modo di scrivere, mi ha inviato il suo fitto racconto da leggere.
Ciò che di lui avevo intuito, lì l’ho ritrovato palese.
Così l’irritazione interiore per l’ambiguità di un comportamento che non dà possibilità di accesso, ha improvvisamente fatto scaturire l’idea di estrarre un paio di brani e postarli.
Per parlare dell’ambiguità!
Affinché questo modo prettamente maschile (chiusura interiore, evasione, carenza di interesse oltre il gioco facile) sfociasse in emersione, in parole tradotte in racconto, in parole tradotte in immagini, in parole con l’entità di un percorso, che infine dà forma a ciò che nell’esperienza di vita spesso ho sottilmente percepito, per poi con l’udito ascoltarne la negazione.

Non è letteratura, è un percorso umano. Non riesco ad affiancarla ad un raccontino d’amore rosato.
Per lui il ricordo diventa uno scavare dentro di sé, dentro la propria ambiguità, che trasforma la paura d’amare nell’onda d’una pulsione sessuale, che infine non genera niente, solo un’eterna aspettativa senza iniziative.

E postarlo per me è significato una mia ribellione all’ambiguità.

17 dicembre 2006

@@@ "Caro diario...." @@@

















Pranzo di Natale 2003. Sulla tavola, insieme al mio segnaposto, trovo una citazione di Nietzsche.

Purtroppo non l'ho conservata, ho provato a cercarla, ma non l'ho trovata.
Perciò ora la riporto come la ricordo. Parlava della ruota e del freno. Più precisamente si addentrava nel rapporto tra la ruota ed il freno!
La ruota nel suo movimento gira, il freno la blocca.
Immediatamente mi identificai con la ruota: nel mio immaginario subito andai alla sofferenza della ruota nell'essere frenata. La citazione di Nietzsche però puntava oltre, soffermando l'attenzione sul fatto che anche il freno, nel bloccare la ruota, si fa male.

Fui molto colpita di trovarmi come segnaposto sulla tavola, la citazione che riguardava il rapporto tra la ruota e il freno. Non credo alle causalità, infatti penso che niente di ciò che nella vita ci si pone di fronte sia un caso! Così restai di marmo davanti alla citazione che, aspettandomi accanto al piatto del pranzo natalizio, mi puntualizzava una determinata relazione tra la ruota ed il freno!
I giorni di Natale di ogni vita giungono a pochi passi dalla fine dell'anno, solo una settimana prima dello scoccare di un nuovo ciclo che ricomincia. Non a caso a volte ci si sente tristi! E' il momento di un bilancio: giorno 25 dell'ultimo mese di un'altra annata che sta per scadere, in mezzo alla confusione dei familiari, storditi dalle chiacchiere, dal tepore di un appartamento colmo di gente, dall'odore dei manicaretti cucinati, dal cibo che rimpinza la pancia e satura il palato...

Bilancio. Io sono "la ruota", colei che gira veloce, in movimento, sempre avanti, sempre a correre, senza rendermi conto che forse "gli altri" non hanno i miei tempi! Io divoro la vita, ma c'è chi ha meno fretta di crescere, di capire, d'affrontare, comunicare, confrontarsi... meno fretta di imparare, meno fretta di essere.
Meno fretta d'amare, poca voglia di lasciarsi amare.
Spesso nella mia corsa mi sono sentita bloccare.
Io desideravo fare un passo, l'altro no.
Io volevo decidere qualcosa, l'altro no.
Io volevo intraprendere o provare, o avventurarmi, l'altro no.
Bloccata, frenata.

Aut aut: o andavo da sola, o non andavo.

Non mi era capitato di riflettere sul fatto che anche il freno si fa male nel bloccare chi corre veloce!
Per frenare deve restare appoggiato, consumandosi nell'attrito, sul movimento della ruota lanciata nella sua dinamica in corsa, finché essa non s'arresti.
Bel lavoro! Doloroso per la ruota, doloroso per il freno.

Scomoda domanda introspettiva: com'è che ho sempre incontrato dei freni?
E' nella natura delle ruote accompagnarsi a dei freni? Non sarebbe più sano e salutare per me abbinarmi ad un'altra ruota che gira veloce con me, con cui percorrere strade, piuttosto che andare ad affiancarmi a noiosi freni che mi bloccano, mi limitano, mi soffocano?
Il Signor Freno dice: "No, qui no!", "No, questo non si fa!"; "No, così è da incoscienti!"; "No, questo non si può."; "Non ora, dopo"; "Non adesso, e non so quando sarà il momento."; "Se tu ti senti libera, io non lo sono!".

Questo è un post diverso.
Un post in cui parlo di me.
















Perchè scrivo su un Blog?

A volte torno a chiedermelo.
Di cosa scrivo?
Di quello che mi passa per la mente, degli sprazzi che vivo, e di ciò che cresce con me.
Un giorno ci metto una riflessione sulla vita.
Un giorno parlo di buddismo.
Un giorno posto una mia vecchia poesia.
Un giorno riporto un mio racconto.
Un giorno invento un quiz.
Un giorno parlo di Ileana, o anche di una vecchia casa nel Veneto che è stata venduta e che ha segnato la mia infanzia e quella delle mie figlie.
Poi qualcuno si affaccia, mi lascia un commento, ci si scambiano parole.
Un giorno viaggio su altri blog, lascio il mio commento, o una battuta, cerco di intrecciare relazioni per non restarmene come un'isola nel vasto universo dei blog! A volte però mi sento a disagio nel comunicare con gli altri "bloggers", mi accorgo di essere circondata da un mondo giovane. Io sono fuori età, che ci faccio qui in mezzo? E anche se ho voglia di giocare, scherzare, comunicare, in definitiva: che c'entro io qui?
Ritorna la domanda: perchè scrivere su un blog? Per esprimersi? Farsi leggere
?

Mi è sempre piaciuto moltissimo scrivere,
la scrittura mi ha fatto compagnia da quando ero bambina.
Mi sentivo sola, e scrivevo.

Mia madre mi regalò un diario, a 8 anni. Iniziai a sciverci felicissima: era il regalo più bello e più desiderato.
Scrivevo, mi scusavo con lui per non aver riempito le sue pagine per troppi giorni... Ci facevo disegni, gli raccontavo le liti con mio fratello, i suoi dispetti, poi le mie prime cotte...
Quel diario -copertina di stoffa azzurra imbottita, con applicazione d'un pupazzetto di peluche rosa che aveva due occhietti con pupille mobili, e una cinghietta con serratura e chiavetta- durò fino agli 11 anni. Ne seguirono tanti altri.
Smisi di scrivere sul diario andando al Liceo. Da quel momento iniziarono le agende, con i ritagli di giornale, i biglietti dei films visti, il programma mensile del mio cinema d'essai preferito: il Farnese, a Campo di Fiori...

Ero talmente fissata con la scrittura, che durante le elementari presi l'iniziativa di scrivere delle letterine ad una mia compagna di classe; amichetta che non solo vedevo tutte le mattine a scuola, ma con cui ero costantemente in contatto, dato che abitava nel mio stesso palazzo, nella mia stessa scala, 4 piani sotto di me, e che quasi ogni pomeriggio invitavo a giocare a casa mia!
Con l'ascensore scendevo giù nell'androne del palazzo e infilavo la mia lettera imbustata dentro la sua cassetta postale. Missione compiuta, risalivo, e aspettavo...
Lei rispose raramente, però a me piaceva così tanto l'idea di scambiare epistole, che ogni occasione era buona. E se non c'era, la inventavo!
Ho uno scatolone pieno di lettere (che da anni non apro più, ma è lì)! Da quelle delle elementari, a tutte le altre accumulate nel tempo.
Fino agli ultimi anni '90, quando con l'avvento di internet, è iniziata la posta elettronica.
Ho tenuto corrispondenza con amiche e amici che vivevano lontano, in Italia, in Europa, o in altri continenti.
In questo mio proliferare di scrittura, naturalmente non sono mancate innumerevoli lettere d'amore: diversi i toni, diversi i destinatari, diverse le intensità e l'età di passaggio...
Una vita che è andata scrivendosi.

Ed ora un blog!
Su cui scrivo a me stessa (pubblicando per occhi che leggono, silenziosamente invisibili, forse sì, o forse mai...). Sto scrivendo un diario? Come quando avevo 8 anni?
Forse dovrei scrivere altro...
So che dovrei sforzarmi di uscire da questi confini interiori... la mia ruota, il mio freno!
Sono una ruota che cerca il freno, per paura di correre troppo?
Per paura di...
Non c'è risposta, domande che restano aperte, nessuna conclusione.
Volevo giungere ad un epilogo? Ad una saggia massima sulla vita? O forse, ho scritto solo per essere una ruota in movimento...


Così finisce il post:
con un punto interrogativo sospeso

?

14 dicembre 2006

°°°°° i 3 tipi di tesori °°°°°


Ambientazione: Giappone, seconda metà del 1200.
Siamo in epoca feudale.
I Signori, potenti e ricchi proprietari terrieri, per salvaguardare i confini e la vita, si circondano di Samurai a cui concedono, per i loro servigi, dei feudi: appezzamenti di terra, la casa, e beni con cui vivere.
Shijo Kingo è un samurai al servizio del Signore di Ema. Oltre ad essere un combattente come ogni samurai, Shijo Kingo è anche un valente medico.

Dalle lettere che il monaco buddista Nichiren Daishonin scrisse a Shijo Kingo, emergono le difficoltà che questo samurai doveva affrontare nella sua vita: un figlio malato, le calunnie dei colleghi, il suo Signore che lo punisce togliendogli il feudo, il rischiare la vita per le imboscate che altri samurai complottano contro di lui…
Nonostante le numerose avversità, Shijo Kingo sceglierà anche, per la propria fede nel Sutra del Loto, di affiancare il monaco Nichiren all’alba del giorno in cui questi doveva essere decapitato, pronto a morire al suo fianco.
Ciò non avverrà, perché i soldati che dovevano eseguire la condanna a morte, fuggono terrorizzati davanti ad un accadimento straordinario nel cielo… E la condanna a morte sarà commutata in esilio su un’isola sperduta del Giappone. All'esilio Nichiren riuscirà a sopravvivere nonostante il freddo, ed ogni sorta di disagio inimmaginabile.

Ciò che segue è una lettera che Nichiren Daishonin scrisse a Shijo Kingo per incoraggiarlo davanti alle sue nuove difficoltà, e per esortarlo ad essere prudente, essendo chiaro che fosse circondato da nemici che volevano attentare alla sua vita.
È una lettera molto bella, che ha un valore anche storico per la ricchezza dei suoi particolari.
Contiene molti insegnamenti buddisti, e a renderla ulteriormente affascinante sono le numerose metafore che usa Nichiren per esortare il samurai all’attenzione, alla presenza, alle azioni sagge da intraprendere.

Resto stupita, a volte, nel riflettere sul fatto che da allora sono trascorsi 750 anni, era il medioevo! Eppure le parole e le metafore che usa Nichiren possono essere attualissime, ci si può guardare attraverso per vedere l’umanità così come è anche oggi: l’essere umano era allora, come oggi, una persona che deve lottare con le proprie difficoltà e sofferenze, contro le invidie, gli agguati, le calunnie…l’oscurità del mondo!

Sarebbe bello che spiegassi almeno un poco del significato delle parole qui contenute, ma rischio di rovinare la poesia e la magia di questo scritto.
Mi limito a dire che il titolo della lettera si riferisce alla frase con cui si chiude, e i tre tipi di tesori sono:
il tesoro del forziere, ovvero il denaro per poter vivere senza stenti;
il tesoro del corpo, ovvero la buona salute, cioè la preziosità di curare la propria vita;
il tesoro del cuore, quello più importante, senza il quale gli altri due non posso esistere!
Il tesoro del cuore è la saggezza di sapere che ogni essere umano ha valore, e il rispetto per questo valore, verso se stessi e verso tutti coloro che ci circondano…

(Importante: la lettera non è completa, molte frasi sono state omesse per abbreviare, e per semplificare la lettura)

I tre tipi di tesori
- Scritto l'11 settembre 1277, a 56 anni, da Minobu
- Destinato a Shijo Kingo

Ho ricevuto i vari doni inviati con un tuo messaggero, compreso un abito imbottito bianco e un kan (antica unità monetaria giapponese costituita da mille monete legate insieme con una corda) di monete, oltre alle altre cose elencate nella lettera del signor Toki.
Ho particolarmente gradito i cachi, le pere e le alghe fresche e secche.
Sono molto addolorato per la malattia del tuo signore.
Un alberello sotto un grande albero o l'erba vicino a un grande fiume non ricevono direttamente la pioggia o l'acqua, tuttavia prosperano attingendo la rugiada dall'albero grande o attirando l'umidità del fiume. Così è il rapporto fra te e il tuo signore.
Il Buddismo insegna che "la fragranza interna otterrà protezione esterna". Questo è uno dei suoi principi più importanti. Il Sutra del Nirvana dice: «Tutte le creature viventi possiedono la natura di Budda».
Ciò che è nascosto si trasforma in virtù manifesta.

Perciò il demone celeste, conoscendo questo principio, ha posseduto i tuoi colleghi e li ha istigati a inventare quella grossa calunnia per impedirti di fare offerte.
Per come stanno le cose adesso, ho la sensazione che tu sia in pericolo. Sicuramente i tuoi nemici cercheranno di attentare alla tua vita. Nel sugoroku (gioco simile al backgammon), se due pietre dello stesso colore stanno fianco a fianco, non possono essere colpite da una pietra del colore avversario. Un carro, finché ha due ruote, non si rovescia lungo la strada. Allo stesso modo, se due uomini procedono insieme, il nemico esiterà ad attaccarli.
Il tuo volto porta i segni evidenti di un temperamento focoso. Ma dovresti sapere che gli dèi non proteggono una persona irascibile, anche se la ritengono importante. Se dovessi essere ucciso, tu potresti raggiungere la Buddità dopo la morte e i tuoi nemici si rallegrerebbero, ma a noi ne verrebbe soltanto dolore. Sarebbe veramente deplorevole! Mentre i tuoi nemici si affannano a complottare, il tuo signore ha molta più fiducia in te di quanta ne avesse prima. Per questo, benché apparentemente si siano calmati, senza dubbio stanno ribollendo d'odio. Quindi comportati sempre con discrezione in loro presenza e sii più rispettoso di prima verso gli altri membri del clan. D'ora in avanti, quando i figli del clan Hojo sono in visita al tuo signore, evita di andare a trovarlo, anche se lui ti manda a chiamare.
Molte persone hanno complottato per rovinarti, ma tu hai evitato i loro intrighi e sei uscito vittorioso. Se adesso perdi la calma e cadi nella loro trappola, saresti come il marinaio del detto popolare che, dopo aver tanto remato, fa naufragio proprio prima di raggiungere la riva.
Per te è ancora più indispensabile dominare le emozioni.
Per adesso resta calmo e guarda cosa accade. E non andare in giro a lamentarti con altri di quanto ti sia difficile vivere in questo mondo. Un simile comportamento è del tutto sconveniente per un uomo saggio. Se un uomo si comporta così, dopo la morte la moglie, sopraffatta dal dolore per la perdita del marito, pur senza volerlo racconterà alle altre persone tutte le cose vergognose che egli ha fatto. E non sarà affatto colpa di lei, ma solamente il risultato della condotta scorretta del marito.

È raro nascere umani. E mantenere in vita un corpo umano è difficile come per la rugiada restare sull'erba. Ma è meglio vivere un solo giorno con onore piuttosto che vivere sino a centoventi anni e morire in disgrazia. Questo è importante!
Più preziosi dei tesori di un forziere sono i tesori del corpo e prima dei tesori del corpo vengono quelli del cuore. Dal momento in cui leggerai questa lettera sforzati di accumulare i tesori del cuore!
Il cuore di tutti gli insegnamenti della vita del Budda è il Sutra del Loto, e il cuore della sua pratica si trova nel capitolo Il bodhisattva Mai Sprezzante. Cosa significa il profondo rispetto del bodhisattva Mai Sprezzante per la gente? Il vero significato sta nel suo comportamento da essere umano.


Rispettosamente.

Nichiren

L'undicesimo giorno del nono mese del terzo anno di Kenji (1277).

12 dicembre 2006

- da Londra: Natale 2003 -

Stavo facendo una ricerca...sugli scheletri (ehm...), e ho trovato una notizia che mi ha lasciata basita! Devo dire che io giungo alle news sempre tardi, eppure questa non aveva proprio sfiorato le mie orecchie!!

Riporto qui l'articolo, copiato da "AZIONETRADIZIONALE.org", che è stato pubblicato in data 15 aprile 2006.
L'evento di cui si parla è accaduto esattamente 3 anni fa a Londra, eppure tale evento è stato scoperto solo dopo due anni: all'inizio del 2006!

Stupore noir!!


da: AZIONETRADIZIONALE.org:
- articolo del 15/04/2006 -

"Lo scheletro di una donna di 40 anni, morta nel dicembre del 2003, è stato trovato in un appartamento di Londra, circondato da regali di Natale e con la televisione ancora accesa.
La macabra scoperta, riferita dal "London Evening Standard", è stata fatta a gennaio di quest'anno dagli amministratori del condominio dove la donna, Joyce Vincent, viveva. Gli uomini erano andati a sfrattarla per non aver pagato l'affitto.
Secondo i primi risultati dell'inchiesta la donna sarebbe morta per cause naturali nel Natale di due anni fa. Da allora il suo corpo è rimasto nel soggiorno della casa senza che nessuno lo scoprisse. Il riscaldamento era ancora in funzione, e in cucina la polizia ha trovato in una bacinella, il bucato pulito pronto per essere steso ad asciugare.
Una triste vicenda di solitudine ed abbandono dunque.
Secondo l'Evening Standard, Joyce Vincent, 40 anni, semisdraiata sul divano del soggiorno, era ancora circondata da pacchi natalizi mai aperti. Il cadavere era in così avanzato stato di decomposizione, che l'identificazione è stata possibile solo comparando un calco della dentatura con una foto che la ritraeva sorridente. L'inchiesta ha stabilito che Joyce sarebbe morta nel dicembre 2003, e nessuno se n'è accorto fino al gennaio di quest'anno. Nessun parente o vicino aveva mai notato la sua assenza, apparentemente!
L'ha trovata un agente (a causa di, o grazie a, una precisa motivazione): era andato a sequestrare l'appartamento accompagnato da un fabbro, dopo che per due anni non era mai stata pagata alcuna bolletta.
Nella casa i termosifoni erano ancora accesi, da quando Joyce era morta nel dicembre di oltre due anni fa. Dietro la porta c'era una montagna di posta. Alimenti e medicine trovati nell'appartamento erano tutti scaduti nel 2003. Nel lavello c'erano ancora piatti sporchi.
"Ho sentito subito un forte odore - ha raccontato l'agente - Grazie alla mia esperienza in polizia, ho capito subito che c'era un cadavere".
Vincent era stata sistemata nell'appartamento nel febbraio 2003 da un'organizzazione che si occupa di proteggere donne vittime di violenza domestica. All'epoca era fidanzata, ma nessuno sa se si sia mai sposata. Le fu assegnato un contributo pubblico per la casa, con cui pagava in parte l'affitto; l'allerta è scattato quando anche gli arretrati sulla pigione, oltre che sulle bollette, sono diventati molto consistenti.
L'inchiesta ha escluso che qualcuno sia stato responsabile della morte della donna, ma il patologo Simon Poole non è riuscito a stabilire la causa del decesso a causa della condizione "quasi scheletrica" del cadavere.
Il medico legale Andrew Walker ha offerto le sue condoglianze ai, quanto meno "distratti", membri della famiglia della donna."

"La Donna Scheletro" favola offerta da Mary Uukalat



Il motivo per cui stavo facendo una ricerca sugli scheletri...
è perchè avevo intenzione di postare una favola, tratta dal libro:
"Donne che corrono coi lupi", di Clarissa Pinkola Estés.
(cliccando sul titolo altri libri della stessa autrice)

Tutte le favole contenute in tale libro sono bellissime, e la loro analisi è un pozzo di saggezza da scoprire... Ma una in particolare mi vive dentro in un ricordo significativo e, per certi versi, triste.
Oggi volevo postarla, prima che la mia ricerca venisse deviata dalla storia di un'altra donna/cadavere, no, per l'esattezza: "donna-scheletro".

Ho avuto fra l'altro la fortuna di trovarmi il lavoro in gran parte fatto!
Infatti esiste un sito ("inventati.org/donn(ol)a") in cui hanno riportato la maggior parte delle favole contenute nel testo della Pinkola Estés, con la relativa analisi!
Posto ugualmente la "mia favola preferita" (anche se già c'è sul circuito web): avrà altri occhi che la leggono, spero!!
L'analisi è abbondante e lunghiiiissiiiiimaaaa, se sarà possibile ne ricercherò il succo essenziale...

Chi sta leggendo, si immerga, ne vale la pena!


LA DONNA SCHELETRO
Aveva fatto qualcosa che suo padre aveva disapprovato, sebbene nessuno più rammentasse cosa. Il padre l'aveva trascinata sulla scogliera e gettata in mare. I pesci ne mangiarono la carne e le strapparono gli occhi. Sul fondo del mare, il suo scheletro era voltato e rivoltato dalle correnti.
Un giorno arrivò in quella baia, dove un tempo andavano in tanti, un pescatore. Ma quel pescatore veniva da lontano e non sapeva che i pescatori locali si tenevano ormai alla larga da quella piccola baia che dicevano frequentata da fantasmi.
L'amo del pescatore scese nell'acqua e si impigliò nelle costole della Donna Scheletro. Pensò il pescatore: "Ne ho preso uno proprio grosso!" Intanto pensava a quanta gente quel grosso pesce avrebbe potuto nutrire, a quanto sarebbe durato, per quanto tempo avrebbe potuto restarsene a casa tranquillo. E mentre stava cercando di tirare su quel gran peso attaccato all'amo, il mare prese a ribollire, perché colei che stava sotto stava cercando di liberarsi. Ma più lottava e più restava impigliata. Inesorabilmente veniva trascinata verso la superficie, con le costole agganciate all'amo.
Il pescatore si era girato per raccogliere la rete e non vide la testa calva affiorare dalle onde, non vide le piccole creature di corallo che guardavano dalle orbite del teschio, non vide i crostacei sui vecchi denti d'avorio.
Quando si volse, l'intero corpo era salito in superficie e pendeva dalla punta del kayak, tenendosi con i lunghi denti anteriori.
"Ah!", urlò l'uomo, e il cuore gli cadde fino alle ginocchia, gli occhi per il terrore si nascosero in fondo alla testa, e le orecchie diventarono rosso fuoco. "Ah!" gridò, e la gettò giù dalla prua con il remo, e prese a remare come un demonio verso la riva. Non rendendosi conto che era aggrovigliata nella lenza, era sempre più terrorizzato perché essa pareva stare in piedi e seguirlo a riva. Per quanto andasse a zig zag restava lì dietro ritta in piedi e il suo respiro rovesciava sulle acque nuvole di vapore, e le braccia si lanciavano in acqua come per afferrarlo e trascinarlo nelle profondità del mare.
"Ahhhhhhh!", gemeva cercando di raggiungere la terra. Saltò giù dal kajak, prese a correre tenendo stretta la lenza, e il cadavere bianco corallo della Donna Scheletro, sempre impigliata alla lenza, lo seguiva a balzelloni. Corse sugli scogli, e lei lo seguiva. Corse sulla tundra ghiacciata, e lei lo seguiva. Corse sulla carne messa a seccare, riducendola in pezzi poichè vi affondava con i suoi mukluk.
Lei gli era sempre dietro, e intanto afferrò un pesce congelato e prese a mangiarlo, perchè da gran tempo non si rimpinzava. Alla fine l'uomo raggiunse il suo igloo, si lanciò nella galleria, e a quattro zampe penetrò all'interno. Ansimando e singhiozzando giacque nell'oscurità, con il cuore che batteva come un tamburo. Finalmente al sicuro, sì, al sicuro, grazie agli dei, al sicuro...finalmente.
Ma quando accese la lampada all'olio di balena, eccola, lei era lì, ed egli cadde sul pavimento di neve con un tallone sulla sua spalla, un ginocchio dentro alla gabbia toracica, un piede sul suo gomito. Non seppe poi dire come fu: forse la luce del fuoco ne ammorbidiva i lineamenti, o forse perché era un uomo solo, fatto sta che sentì nascere come un sentimento di tenerezza, e lentamente allungò le mani sudicie e, con le parole dolci che una madre avrebbe rivolto al figlio, prese a liberarla dalla lenza.
"Ecco, ecco", prima liberò le dita dei piedi, poi le caviglie. "Ecco, ecco". E continuò nella notte, e la rivestì di pellicce per tenerla al caldo. Le ossa della Donna Scheletro erano esattamente nell'ordine che dovevano avere in un essere umano.
Cercò la pietra focaia, usò i suoi capelli per avere un po' più di fuoco. Di tanto in tanto la guardava mentre ungeva il legno prezioso della sua canna da pesca e riavvolgeva la lenza. E lei non diceva una parola - non osava - perché altrimenti quel cacciatore l'avrebbe presa e gettata dagli scogli, e le sue ossa sarebbero andate in pezzi.
All'uomo venne sonno, scivolò sotto le pelli e cominciò ben presto a sognare. Talvolta, durante il sonno, una lacrima scivola giù dall'occhio di chi sogna, non sappiamo mai quale sorta di sogno la provoca, ma sappiamo che è un sogno di tristezza o di struggimento. E questo accadde all'uomo. La Donna Scheletro vide la lacrima brillare nella luce del fuoco, e d'improvviso sentì un'immensa sete. A fatica si trascinò accanto all'uomo addormentato e posò la bocca su quella lacrima.
Quell'unica lacrima era come un fiume, e lei bevve e bevve finchè la sua sete di anni non fu placata.
Mentre giaceva accanto a lui, frugò nell'uomo addormentato e gli prese il cuore, il tamburo possente. Si mise a sedere e si mise a picchiare sui due lati del cuore: "Bum! Bum!".
Mentre suonava si mise a cantare: "Carne, carne, carne! Carne, carne, carne!". E più cantava più si riempiva e ricopriva di carne. Cantò per i capelli e per buoni occhi, e per mani piene. Cantò la linea tra le gambe, e il seno, abbastanza grande da trovarvi calore, e tutte le cose di cui una donna ha bisogno. E quando ebbe tutto fatto, cantò i vestiti, che si togliessero dal dormiente, e scivolò nel letto con lui, pelle a pelle. Rimise il grande tamburo, il suo cuore, nel suo corpo, e così si risvegliarono stretti uno nelle braccia dell'altra, aggrovigliati dalla loro notte, in un altro mondo, bello e duraturo.
Quelli che non rammentano il perchè della sua cattiva sorte di un tempo, dicono che lei e il pescatore andarono via e furono ben nutriti dalle creature che lei aveva conosciuto nella sua esistenza sott'acqua.
Dicono che è vero, e che è tutto quanto loro sanno.

l'analisi della favola - di C. Pinkola Estés (estratto)


Il ritrovamento accidentale del tesoro.
In questo racconto il pescatore trova molto più di quello che si sarebbe aspettato. Non si rende conto di sollevare il tesoro più allarmante che gli sarà dato di conoscere, più di quanto egli possa governare. Non sa che tutti i suoi poteri saranno messi alla prova. E' lo stato di tutti gli innamorati all'inizio: sono ciechi come pipistrelli.
Restare inerti e limitarsi a sognare l'amore perfetto è facile. E' una sorta di anestesia dalla quale potremo non risvegliarci mai. E' compito dell'anima riconoscere il tesoro in quanto tale, indipendentemente dalla sua forma insolita, e riflettere sul da farsi. Talvolta anche gli innamorati all'inizio di una relazione cercano soltanto un po' di eccitazione, un pizzico di sedativo. Senza rendersene conto, entrano in una parte della psiche, propria o dell'altro, dove risiede la Donna Scheletro. Il pescatore pensa di cercare semplicemente di che nutrirsi, mentre in realtà fa risalire la natura femminile essenziale nella sua completezza, la natura Vita/Morte/Vita.
Una parte di ogni uomo e di ogni donna oppone resistenza al sapere che in tutte le relazioni amorose la Morte deve avere la sua parte. Fingiamo di poter amare senza che muoiano le nostre illusioni sull'amore, fingiamo di poter andare avanti senza che muoiano le nostre aspettative superficiali, fingiamo che le nostre ebrezze e i nostri impeti preferiti non moriranno mai. Ma in amore tutto, ma proprio tutto, viene accantonato, e la persona dalla natura profonda e selvaggia è irrefutabilmente attirata dal compito. Che cosa muore? Muore l'illusione, muoiono le aspettative, la bramosia di avere tutto, il desiderio di prendere solo il bello, tutto questo muore.
Il pescatore della storia è lento nel rendersi conto della natura di quel che ha preso. E' difficile rendersi conto di quel che si fa, quando si pesca nell'inconscio. Laggiù vive la natura Morte. Non appena scoprite con chi avete a che fare, il vostro primo impulso è gettarla via. Le relazioni spesso vacillano quando passano dalla fase dell'anticipazione a quella in cui bisogna affrontare quello che in realtà è preso all'amo. Se gli amanti si ostinano in una vita di gaiezza forzata, di perpetue piacevolezze o in altre forme di intensità, se insistono con il lampo e il fulmine sessuale, o nella corrente del dilettevole senza conflitti, la natura Vita/Morte/Vita torna dalla scogliera da cui viene gettata in mare. Gli amanti che si ostinano a tenere tutto su una cima scintillante vivranno una relazione sempre più ossificata. Il desiderio di vivere l'amore nella sua forma positiva soltanto, lo porta a un punto morto.
La sfida per il pescatore è affrontare Signora Morte, il suo abbraccio, i suoi cicli di vita e di morte. Senza di lei non può darsi una vera conoscenza della vita, e senza questa conoscenza non può darsi né amore vero, né devozione. L'amore costa coraggio e resistenza a percorrere un lungo cammino.
Due persone iniziano la danza per vedere se va bene loro amarsi. La Donna Scheletro viene accidentalmente presa all'amo. Si iniziano a vedere le parti fragili e lese dell'altro, o la sua inadeguatezza come trofeo. Quando emerge la donna scheletro si offre una vera opportunità di mostrare coraggio e conoscere l'amore. Amare significa emergere da un mondo di fantasia, per affrontare la possibilità di un amore faccia a faccia. Amore significa restare quando ogni cellula dice: "Scappa".
Al primo confronto con la Donna Scheletro quasi tutti provano l'impulso di volare via come il vento. Anche la corsa rientra nel processo.

La Caccia e il Nascondimento.
La natura Morte ha la strana abitudine di emergere nelle storie d'amore proprio quando pensiamo di aver vinto un amante, un "pesce grosso". Ecco il perché di tanto correre e nascondersi. Ma non c'è nessun posto dove nascondersi. All'inizio, quando impariamo ad amare davvero, fraintendiamo molto. Pensiamo di essere inseguiti mentre in realtà è la nostra intenzione di metterci in relazione con un altro essere umano in modo speciale, che aggancia la donna scheletro. Ovunque stia nascendo l'amore, sempre affiora la forza Vita / Morte / Vita. Sempre.
Paradossalmente, quando uno dei due innamorati tenta la fuga, la relazione è investita da più vita. E più si crea vita, più il pescatore è spaventato. E più corre, più si crea vita. La fase della corsa e del nascondimento è quella in cui gli amanti tentano di razionalizzare la loro paura dei cicli Vita/Morte/Vita.
Dicono: "Può andare meglio con un altro", oppure "Non voglio rinunciare a..", o "non voglio cambiare la mia vita", o "non voglio affrontare le mie e le altrui ferite", "non sono ancora pronta", "non voglio essere trasformato". Si cerca disperatamente un riparo e il cuore batte, non perché si ama e si è amati, ma per vigliacca paura. Abbiamo trovato un tesoro, e cerchiamo di fuggire.
Lo stesso processo segue l'amore. Vogliamo soltanto la bellezza e non vogliamo affrontare il "brutto". La donna scheletro ci insegue. E' la grande maestra che avevamo detto di volere. "No, non questa maestra!". Peccato: è la maestra che tocca a tutti.
Molti temono che quando le cose si ingarbugliano in una storia d'amore la fine è vicina, mentre non è così. L'idea di "prendersi dello spazio" è come l'igloo del pescatore, dove pensa di essere al sicuro. Cercare di prendere solo i lati piacevoli di una relazione d'amore non funziona mai. Gli amanti si sono preparati, si sono rafforzati, stanno cercando di mantenere in equilibrio le loro paure. E ora, proprio quando stanno per battere sul cuore come su un tamburo e cantare, uno grida: "Non ancora!", oppure "No, mai e poi mai".
Tutti quelli che non sono pronti, hanno bisogno di tempo, è comprensibile! ma la verità è che mai nessuno è completamente pronto. Per amare il piacere non ci vuole molto, per amare davvero ci vuole un eroe capace di governare la propria paura.

Sbrogliamento dello scheletro.
Se stiamo facendo l'amore, anche se siamo apprensivi o spaventati desideriamo liberare le ossa della natura Morte. Vogliamo toccare il non-bello dell'altro, e in noi medesimi.
Che cos'è il non-bello? La nostra segreta fame di essere amati è il non-bello. La nostra negligenza quanto a lealtà e la nostra devozione, sono poco attraenti! Il nostro senso di separazione dall'anima è scialbo; i nostri bitorzoli psicologici, le inadeguatezze, gli equivoci e le fantasie infantili sono il non-bello. Sbrogliare la donna scheletro significa comprendere che l'amore non è tutto un luccichio di candeline. Significa trovare coraggio e non paura nell'oscurità della rigenerazione. Significa balsamo per le ferite. Cambiare i nostri modi di essere per riflettere la salute e non la povertà dell'anima.
La paura è una scusa modesta per non fare questo lavoro, tutti abbiamo paura! Se sei vivo, hai paura.
Tre cose differenziano il vivere con l'anima di contro al vivere solamente con l'io: la capacità di sentire e apprendere modi nuovi; la tenacia per percorrere una strada impervia; la pazienza di apprendere nel tempo l'amore profondo.
Non è con l'io mutevole che amiamo l'altro, ma con l'anima selvaggia. Una selvaggia pazienza è necessaria per sbrogliare le ossa, per imparare il significato di signora Morte. Ci vuole un cuore desideroso di morire e rinascere, morire e rinascere.
La persona che ha sbrogliato la donna scheletro conosce la pazienza, sa meglio come aspettare. Non è traumatizzata né spaventata dalla magrezza, e neanche sopraffatta dal godimento. I suoi bisogni di "avere tutto subito" si trasformano nella capacità di trovare tutte le sfaccettature della relazione. Non teme di correlarsi con la bellezza della furia, la bellezza dell'ignoto, la bellezza del non-bello. Nell'apprendere e nell'elaborare tutto ciò diventa l'amante selvaggio per eccellenza.

Il sonno della fiducia.
In questa fase l'amante torna a uno stato di innocenza, in cui è ancora intimorito dagli elementi emotivi, uno stato di desideri, speranze e sogni. Il pescatore ha affrontato la donna scheletro, l'ha toccata. Questo lo porta ad una trasformazione, all'amore. Qui il sonno simboleggia la creazione e il rinnovamento, la rinascita. L'innocenza è uno stato che si rinnova con il sonno, bello sarebbe portare con noi un'innocenza vigile e tenerla stretta per averne calore.
Il pescatore mostra tanta fiducia nella natura Vita/Morte/Vita da riposare e vivificarsi in sua presenza. Quando gli amanti giungono a questo stato, dormono il sonno del saggio invece che del diffidente. C'è una cautela realistica e una ingiustificata, che deriva dall'essere stati feriti in passato. Coloro che temono di "essere presi in giro" o "intrappolati", che proclamano a gran voce di voler "essere liberi", sono quelli che si lasciano sfuggire l'oro dalle dita. Talvolta non ci sono parole per dare coraggio, talvolta bisogna semplicemente buttarsi. Dev'esserci un certo punto nella vita di un uomo in cui fiducioso va dove l'amore lo conduce. Quando una vita è troppo controllata, sempre più diminuisce la vita da controllare.
Nella psiche maschile c'è una creatura, un uomo non ferito, che crede nel bene, è saggio e non ha paura di morire. La fiducia non dipende dal fatto che sa che l'amante non lo ferirà. La sua è la fiducia che qualunque ferita riceva, essa potrà essere curata, che una vita nuova segue la vecchia. La fiducia consiste nel sapere che dopo una fine ci sarà un nuovo inizio. Talvolta più un uomo diventa libero e vicino alla donna scheletro, più la sua amante si spaventa e deve fare un suo lavoro sullo slegare e l'osservare. Perché l'amore fiorisca bisogna aver fiducia nel fatto che qualunque cosa accada, comunque apporterà una trasformazione.

Il dono della lacrima.
Le lacrime hanno un potere creativo. La lacrima che viene pianta è la lacrima della passione e della compassione mescolate insieme, per sé e per l'altro.
La lacrima di chi sogna scende quando un aspirante amante consente a se stesso di sentire e fasciare le sue ferite, piange perché sente la sua solitudine, l'acuta nostalgia per un luogo psichico... per una conoscenza selvaggia. Amare l'altro non basta, non basta "non essere d'impedimento", o essere "di sostegno" o "presente". La donna scheletro attende quella lacrima che dice: "ammetto la ferita". Questo è l'inizio della conoscenza profonda dell'uomo. E' un errore pensare che qualcuno possa essere il nostro curatore, il nostro eccitante, il nostro riempitivo: dobbiamo curare la ferita dentro di noi. Quando l'uomo versa la lacrima si impadronisce del suo dolore, e lo conosce quando lo tocca. Vede come la sua vita è stata vissuta in modo protetto a causa della ferita, e che cosa della vita ha perduto. Vede come ha azzoppato il suo amore per la vita, per se stesso, per l'altro. La lacrima del pescatore avvicina la donna scheletro. Il pescatore lascia che il suo cuore si spezzi: non che vada in frantumi, ma che si apra. E' un amore che lo avvolge, ora nascerà in lui un cuore grande ed oceanico.

Un cuore per tamburo e un canto.
Il tamburo fatto con il cuore richiama... E' il cuore che ci fa amare come ama un bambino: appieno, senza riserve, senza sarcasmo, né dispregio o protezionismo. Consentite alla donna scheletro di diventare più palpabile nella vostra vita e lei a sua volta la renderà più ampia. Quando un uomo dona tutto il suo cuore diventa una forza sorprendente: diventa un'ispiratrice. Quando la donna scheletro dorme con lui, egli diventa fertile, è investito di poteri femminili in un ambito maschile. Porta i semi di una nuova vita e delle morti necessarie.

La danza del corpo e dell'anima.
Il simbolo della donna scheletro è un residuo del tempo in cui molto si sapeva della morte come portatrice di trasformazione spirituale. Nell'immaginario femminile la Donna Morte era intesa come la portatrice del destino, la ricreatrice...
L'amore nella sua forma più piena è un susseguirsi di morte e rinascita: il dolore viene cacciato e rispunta da un'altra parte, muore la passione e rinasce. Amare significa abbracciare e sopportare molte fini e molti inizi, il tutto nella stessa relazione.
Energia, sentimento, solitudine, desiderio, noia, tutto sorge e tramonta in cicli relativamente ravvicinati. Il desiderio della vicinanza e delle separazioni cresce e cala. La natura Vita/Morte/Vita ci insegna che la soluzione del malessere è sempre il contrario.
Un'azione nuova è la cura per la noia, la vicinanza è la cura per la solitudine, la solitudine è la cura per la sensazione di essere bloccati.
Nella storia il pescatore era prima inconsapevole, poi è spaventato e in fuga. Infine riflette e comincia a sciogliere i suoi sentimenti e a trovare un modo per correlarsi alla donna scheletro. Poi la sua lacrima di sentimento la nutre e il suo cuore la crea. Così è riamato e impara ad amare.
La donna scheletro viene prima gettata ed esiliata, poi acchiappata da un individuo che la teme. Comincia a tornare alla vita, si trasforma in essere vivente. E' amata e riama. Lei, la grande ruota della natura, e lui, l'essere umano, ora vivono in armonia insieme.
Vediamo nel racconto che il dono del corpo è uno degli ultimi delle fasi dell'amore, e così dovrebbe essere. Non accettate l'amante che subito vuole il corpo, insistete perché tutte le fasi si sviluppino. Fare l'amore è rimescolare spirito e carne, spirito e materia. La relazione amorosa dovrebbe svilupparsi come in questa storia: ogni partner dovrebbe trasformare l'altro. La forza e il potere di ognuno vengono liberati e spartiti.
Poi cacceranno insieme, e si arricchiranno...

10 dicembre 2006

RISULTATI VINCITORI QUIZ


ALLA MEZZANOTTE DEL 9 DICEMBRE E' SCADUTO IL TERMINE ULTIMO PER LA PARTECIPAZIONE AL QUIZ "PORCELLINI".

La commissione, valutando le risposte dei tre partecipanti, stabilisce quanto segue:

  • Kalispera non ha dato alcuna risposta, perciò è squalificata.
  • Daniela ha dato una risposta a caso, e comunque non esatta (per quanto abbia fornito notizia su un altro porcellino corrispondente al nome di Totti e di una relativa porcellina di nome Flavia Vento), perciò, seppure in gara, non è vincitrice.
  • Francesco ha dato la risposta esattissima!!!
Quindi:
FRANCESCO MONDOCILIONS
è il vincitore assoluto
del PRIMO PREMIO
al Quiz "Porcellini"!!!

La risposta esatta alle domande del quiz è:
E' morto il porcellino di George Clooney, di nome Max.
Tale porcellino dormiva con George, era lavato ogni giorno, e nel week-end veniva fornito di gentil scrofetta.
George ha ricevuto telegrammi di condoglianze per Max.

Ed ora andiamo al vincitore!

FRANCESCO ha vinto 10 copie dell'opuscolo:
"Odio il Jazz e tutta la musica strana!"...
Opsh!!
Mi scuso. Ho la cartella con i fogli tutti in disordine, c'è un errore!!
No, no!
ECCO:
Il Vincitore ha diritto di scegliere il suo premio fra 3 buste:
in base alla scelta effettuata il premio sarà recapitato a casa.
Se ciò non fosse possibile per cause tecniche, il vincitore potrà ritirarlo direttamente nella capitale.

BUSTA 1N°1

BUSTA 1N°2

BUSTA 1N°3


Distinti saluti
La Commissione

09 dicembre 2006

"La cagnolina Cocò, & una vecchia vecchia tartaruga che non c'è più"



Ciao! io sono Cocò!

(bè, su Setalend ci sono Ileana, Yasmina...e Cocò?

Anche Cocò ha diritto al suo spazio!!)

Dice Cocò: "Parli di porcellini, e di me no?"


E' vero! Ognuno ha il suo porcello, ..ohps!! il suo cucciolo, volevo dire...

A dir il vero, quand'ero piccola avevo solo una tartaruga io, il massimo concesso!
Però era molto simpatica, intelligente, e di taglia grande! C'era un bel feeling fra me e lei...
Una domenica mattina le comprai un'amichetta al mercato di Porta Portese, anzi, no! Volevo regalarle un "tartarugo", perchè lei depositava delle uova, ed io desideravo veder nascere i tartarughini...
Mettevo le uova in una ciotola con tanto cotone, al sole, sperando di veder uscire i tartarughini...Ma poi capii che il mercante mi aveva venduto un'altra femmina, non un maschio! Ed era di taglia molto più piccola della prima tartarugona... Per questo un giorno precipitò dall'ottavo piano dove abitavo: così piccola era passata al di sotto della ringhiera!
Non mi ricordo se alla mia tartarugona avessi dato un nome... Però le avevo fatto una casetta con il fustino di cartone del Dash, ai tempi in cui era cilindrico, e lei dormiva lì dentro sulla terrazza.
Le davo da mangiare delle foglie di lattuga, qualche ciliegia, e mi divertivo a tenere in mano la foglia mentre lei pian piano avanzava nel masticarla... Osservavo, nel nostro reciproco silenzio, il movimento degli occhi, della testa, sembrava che comunicassimo telepaticamente...
D'inverno entrava in casa e s'infilava sotto l'ultimo armadio della casa, nell'angolo estremo, e andava in letargo fino in primavera.
Quando si svegliava, riusciva sulla terrazza.
A mia madre era antipatica, perchè ogni tanto ci faceva dei dispetti: se si arrabbiava per qualcosa, magari un ritardo nel darle da mangiare, entrava in casa, e sull'ingresso faceva la pipì o anche la cacca, poi riusciva sulla sua terrazza!

Avere degli animali è un impegno, e verso i miei tredici anni mi spinsero a liberarmene, con uno stratagemma bieco! Me la fecero portare in campeggio con la scusa di chiedere a qualcuno se la volesse. Io la lasciai nella sua scatola, nella tenda familiare, mentre andavo per roulotte e tende a chiedere, e quando tornai trovai la scatola aperta e vuota.

...Mia madre mi disse che era scappata!

Cocò invece me la sono trovata pochi giorni prima di Natale di 6 anni fa, rientrando in casa! Trafelata appoggiavo a terra i pacchi che avevo in mano, e nel rialzare lo sguardo vidi "una strana coda" dimenante vicino alla finestra... Aveva due mesi, e per quanto avessi detto che non potevamo tenere cani in un appartamento tanto piccolo come il nostro, e in una vita caotica come la nostra, invece me la trovai lì!

E qui restò! Cane saltimbanco, che riesce a fare piroette e salti altissimi quando vede un biscotto!
Lascia il pelo dappertutto. Se ci baciamo è gelosa, se litighiamo si infila sotto al letto impaurita, se giochiamo scherzando e rincorrendoci, si butta in mezzo abbaiando come una matta e cercando di afferrarci con leggeri morsi per partecipare!

Se fosse stato per me, niente cane!
Ma e' di Yasmina!! E ormai fa parte della nostra vita!