08 dicembre 2008

"Pietruzze miliari sulla strada dell'infinito"


Tra vapori e profumi che inondavano l’aria della cucina mi muovevo lesta, ritmata dalle successione dei gesti da compiere.
Non mi piace cucinare.
La dedicazione del tempo che non ho e che occorre per comporre con amore cibi da gustare, è fra le principali motivazioni. Ma il cinque dicembre è stato un giorno speciale, e per l’occasione mi sono lasciata coinvolgere dalla mia stessa emotività nel trasporto di cosa preparare, della spesa per gli ingredienti, e d’una libertà priva di gravità per le sconosciute ore di preparazione.

So che di solito tendo a scelte escludenti. Stavolta invece un sotterraneo entusiamo mi ha condotta nell’immaginazione verso una completezza che superava una crostata, includeva un rustico e persino un’abbondante pasta al forno.
Quante persone sarebbero venute? Un esiguo gruppetto o la maggior parte di quelle a cui avevo rivolto l’invito? Invito a coloro che avevano popolato il passato, a coloro che erano nel presente e a coloro che ci saranno per una parte del futuro.

Inaspettatamente è diventato un gioco. Un gioco con me stessa…

Un’improvvisa letizia mi sale nell’animo mentre impasto farina, zucchero e uova per la crostata, ho voglia di musica intorno, e mentre spalmo marmellata, arrotolo pezzi di pasta frolla dando forma alle listarelle per la superficie a grata, i fianchi inarrestabili seguono il ritmo d’ogni nuova canzone.
Revival, e il ritmo si fa più vibrante nel sangue. I fornelli accesi, il sugo che bolle, la besciamella da girare, il forno che dora la crostata, e il mio perpetuo freddo che si scioglie come neve al sole. Via il maglione. La musica più alta, le note sono le mie onde, e mentre taglio a tocchetti mozzarella e formaggio, via anche la felpa. Fa caldo nel mio antro culinario.
Gli spinaci per il rustico sono pronti, la ricotta, le uova, il sale, la noce moscata… i piedi impovvisano scalzi passi di danza. Abbandono coltello, provola e speck e piroettando volo ballando felice e ricca di ritmo allo specchio, le gambe s’alzano in ampie falcate, salto, giro, torno al tavolo, taglio e riparto. La musica riempie la stanza e mi sento felice, allegra, contenta di cucinare come stessi dipingendo un quadro! I profumi s’intrecciano, io corro qua e là, mai sentito tanto caldo con termosifoni spenti e bufera all’esterno!


È un giorno speciale il cinque dicembre…
Improvvisamente sorge coscienza di ciò.
Solo una settimana prima il pensiero vi si era soffermato dando valore a una data, passaggio che poteva restare un numero di calendario, uguale al ricordo d’onomastici, o scivolata qualsiasi d’ulteriori ventiquattr’ore d’un 2008 che volge al suo termine.
Invece ecco che decido di fissarlo, come foto sull’album, nel dirlo a quanti possano condividerlo con me.


Era il 5 dicembre di dieci anni fa quando, con una breve cerimonia al centro culturale buddista, ricevetti una pergamena in carta di riso simboleggiante la sacralità dell’esistenza.
Allegoria in caratteri sanscriti per raccontare l’infinito potenziale racchiuso in ogni singolo essere umano. Pergamena che vive custodita nella mia casa, dalla mia vita, e che giorno per giorno, attimo dopo attimo è stato il motore di risveglio della mia natura più profonda e celata.

È stata una scelta quella di dieci anni fa, non un caso, non un capriccio, o un effimero stato d’animo.

Reduce da una tempesta che aveva lasciato relitti galleggianti, devastazione e dinanzi a me il vuoto d’una direzione da cui ripartire, incontrai un’amica, funzione dell’illuminato che fornisce una pallida lucerna per fendere il buio.
Afferrai la lucerna senza sapere cosa farne e come usarla. Iniziai a sfregarla come sapevo aveva fatto Aladino con la sua lampada. Esprimi i desideri. Ma il Genio non si materializzava.
Nonostante ciò a qualcosa servì. Imparai a dar forma immaginativa ai miei ormai ammutoliti obbiettivi. A estrarli dal pozzo oscuro dell’impotenza.
E il desiderio è un seme che cade nella terra e apre sentieri.


Era finita una storia d’amore e di famiglia. Avevo una casa a cui tornare, ma ogni via per poterla raggiungere sembrava impedita da impossibilità insormontabili.
Sfregai la lampada esprimendo desideri che non si realizzavano, finchè…
Finchè la tenacia dell’invisibile bersaglio coltivato non maturò così tanta forza da spingermi a sfidare l’impossibile decidendo che sarei tornata comunque alla mia dimora.
Le determinazione è il propulsore per accendere di movimento ogni circostanza.
La fabbrica delle idee prese a lavorare, e come una pennellata di densa tempera ne richiama un’altra accanto aggiungendo tinte sempre più vivaci e piene, così si compose il quadro e la strada s’aprì.
Un anno dopo, a partire dall’attimo d’incontro con la fioca lanterna, ero nella mia casa.

Ero riuscita a giungere dove mai avrei immaginato se mi fossi fermata alla base della cruda realtà di mancanze, difficoltà, ostacoli pratici, e inattuabilità.
Mi guardavo attorno estasiata e incredula.
Ogni parete aveva un colore diverso, rosa, azzurro, blu, verde, giallo, celeste. L’angolo cottura con i suoi pensili scelti a intuito e ora in perfetto incastro, il muretto divisorio con la mensola di legno chiaro, una stanza per ciascuno, nei settanta metri quadrati che avevo lasciato da duo per tornarvi in trio.


Dopo il trasloco e le casse svuotate, i libri allineati sulla libreria adesso montata, ogni oggetto nel luogo dove l’immaginazione l’aveva collocato nell’immateriale composizione disegnata, decisi che lì, nel cuore di quelle pareti che erano il mio rifugio e prezioso terreno su cui poter muovere passi d’indipendenza e rinnovata costruzione, lì, desideravo nascessero le radici del nuovo percorso intrapreso.
Era la scelta d’un profondo cambiamento, il sorgere del credo verso l’infinito potenziale che custodiamo ma a cui fino ad allora avevo temuto di prestar fiducia.

Decisi di aprire la vita, decisi che non volevo più perdermi per amore, pur volendo amare.

Le decisioni sono fari che illuminano la navigazione umana.

Il 5 dicembre 1998 ero emozionata, confusa, stordita.
Ricevetti fra le dita fredde e tremanti lo scatolino che conteneva la pergamena arrotolata. Lo ricevetti dalle mani d’una donna il cui soprannome assomiglia –gioco del fato- al mio attuale: Dadina.
Un personaggio storico del buddismo in Italia, colei che ha tradotto dal giapponese in italiano la maggior parte degli scritti di studio sul Sutra del Loto. Una donna che vive nel cuore di molti sebbene non lei non sia più qui.

«Praticavate davanti al muro? Va beh, adesso potete praticare davanti al Gohonzon, fa lo stesso!», esordì quel giorno con fare pragmatico e burlesco, quale era la sua simpatica indole.


Sono trascorsi dieci anni, e guardandomi indietro sento che ho attraversato, aprendo infiniti sentieri col macete della fiducia e d’una fede sconosciuta, una densa e intricata selva nel mio entroterra d’esistenza.
Quando ero bambina, concluso un ciclo scolastico, mi piaceva fare lo stesso. Guardarmi indietro per comprendere e vedere.
Stupendomi m’accorgevo che dalla prima alla quinta elementare il mio mondo s’era trasformato e io avevo scoperto e raggiunto nuovi orizzonti, non ero più quella timida piccina che a mala pena sapeva leggere e scrivere.
E quando finii le medie, e quando terminai il liceo… E quando… Ogni volta lo sguardo si voltava oltre le spalle per osservare cosa avevo tracciato, chi ero, meravigliandomene. Quante cose potevano esser contenute in soli cinque anni!

Oggi una tappa importante.
Dieci anni in cui apparentemente nulla è cambiato.
Non c’è la trasformazione da bambina a adolescente, da adolescente a donna, non sono neppure diventata madre, nè mi sono sposata o divorziata. Sono sempre nella stessa casa. Persone sono entrate e poi uscite. Ho amato e ho smesso d’amare. Ho conosciuto e perso. Ho cavalcato destrieri imbizzarriti ma sono rimasta in sella. Onde impetuose sembravano inghiottirmi, ma sono rimasta illesa. Sono diventata più forte.
Ho conosciuto me stessa, mi sto amando. E amo cose nella mia vita che una volta non riuscivo ad apprezzare.
Non è accaduto nulla, ma la rivoluzione interiore sta creando la metamorfosi, come il bozzolo di seta contiene una leggiadra farfalla variopinta.

E senza sfregar più la lampada cercando il Genio d'una fiaba a cui commissionar desideri, ora esploro la sincerità del dialogo col Genio che è in me.
Ho ascoltato il suo suggerimento, perciò ho brindato insieme alle persone più vicine nello spirito e nel cuore, per condividere il significato e la comprensione d’un passaggio.
La consapevolezza e la gioia d'oggi hanno sostituito lo stordimento e l’emozione confusa del primo incedere.

Invisibile la matita ha imparato a tracciar disegni, la mente compone gli accordi.
Importante è saper dar valore.

03 dicembre 2008

Passo passo...


due novembre
tre dicembre
sto per tornare,
promessa solenne!