
C'era una volta...
Come al gioco del telefono, sussurrando una parola nell'orecchio di chi è accanto, e via di seguito, la parola viene trasformata per ciò che l'orecchio capta, per ciò che la propria indole e il proprio vissuto sa riconoscere in quella parola, fino a creare qualcosa di completamente diverso dal suo stato originale, così ho scoperto è accaduto alla più famosa e attuale delle leggende.
Nel mondo in cui viviamo ora, nel 2000, siamo circondati da immagini e colori, e il nostro sguardo è continuamente catturato dalla visione di un cartellone, di una foto, di un video, di scritte.
Con l'avvento di internet la comunicazione è in tempo reale, e se vuoi fare una ricerca, basta inserire una parola in una stringa per avere infiniti risultati, a scelta.
Tornando indietro nel tempo, salta all'occhio il confronto con le immagini e i colori di cui il nostro quotidiano è circondato rispetto invece alla necessità, nel passato, di fermare immagini e colori.
Infilando il naso nella Storia, ci possiamo ricordare che i pittori dovevano preparare da sè i colori per dipingere, fino ad arrivare a creare loro stessi delle sfumature e tinte per ottenere i risultati che ricercavano sulle loro tele.
Per avere un ritratto si ricorreva al pittore. E se animi sensibili restavano affascinati dalla visione di uno scenario naturale, il vento, il mare, una valle, desideravano fissarla sulla tela, pazientemente, e ispirati dalla poesia che sentivano in quell'immagine e nel bisogno di condividerla.
La ricerca umana con il suo bisogno di fermare le immagini non si è mai arrestata, e si è scoperto il modo di creare istantanee, e dai fratelli Lumière si è giunti al cinema...
Riassumendo, l'immaginario umano è di una fertilità inarrestabile, ricco ed abbondante...
Dunque:
"C'era una volta"...molti anni fa, una storia le cui radici, dal terreno della religione cattolica, hanno via via lasciato crescere rami intessuti di miti e favole.
Il punto di partenza è una leggenda, la più famosa sulla vita di S.Nicola da Bari (ricordata anche nel Purgatorio di Dante/XX, 31-33), che narra di un nobiluomo caduto in disgrazia che si disperava per la sorte delle sue tre giovani figlie, per le quali non aveva una dote disponibile. Nicola volle aiutare la famiglia e, per tre notti consecutive, andò a gettare dentro la finestra del loro castello tre sacchi pieni di monete d'oro. La terza notte, trovando chiuse tutte le finestre, Nicola fu costretto ad arrampicarsi sul tetto per calare le monete giù dal comignolo. L'oro, cadendo, si infilò nelle calze delle fanciulle appese ad asciugare vicino al camino. (Ed ecco la tradizione di appendere calze la notte di Natale per ritrovarle la mattina dopo colme di doni)-[Dal Corriere della Sera 13/12/2004]
In altre versioni posteriori, forse modificate per poter essere raccontate ai bambini a scopo educativo, Nicola regalava cibo alle famiglie meno abbienti calandoglielo anonimamente attraverso i camini o le loro finestre.
Stiamo parlando di Nicola (270-310 d.C.), vescovo della città asiatica di Myra (nell'attuale Turchia).
Amato e venerato un po' in tutta Europa, specie in Belgio e in Olanda, San Nicola viene atteso il 6 dicembre (data della sua morte, che fu fissata per ricordarlo e come tradizionale ricorrenza), per portare doni ai bimbi buoni.
Nel sedicesimo secolo, dopo la Riforma, i santi non furono più in auge nell'Europa del Nord. La fama di San Nicola cominciò ad essere intaccata. Il compito di donare regali venne allora attribuito al Christkindel o Kris Kringle, Gesù Bambino, un’altra figura sacra molto più accettabile di quella dell’antico vescovo. Allontanato dalle chiese e dalle rappresentazioni sacre, San Nicola continuò a portare regali in molte zone europee, accompagnato da un servetto nero
che recava un sacco pieno di doni e di fruste, il Nicodemo (colui che andò da Gesù di notte) dei Paesi Bassi, da cui probabilmente è derivato lo Schwarzer Mann, l’uomo nero che ha terrorizzato, i bambini di mezzo mondo (infatti la tradizione vuole che i bimbi buoni ricevano doni, e quelli cattivi siano puniti!).
Fu così che San Nicola divenne nella fantasia popolare il "portatore di doni", compito eseguito grazie ad un asinello nella notte del 6 dicembre.
In Olanda ancora oggi il 6 dicembre si festeggia Zwartepiet,
ed è rimasta questa la figura del "portatore di doni" ai bimbi. E proprio in tale figura dell'Uomo Nero, del Nicodemo, dell'aiutante del vescovo San Nicola, c'è l'embrione dell'immagine che col tempo si trasformerà nell'attuale, rubicondo e conosciuto "Babbo Natale"!
Furono gli emigranti olandesi, che avevano fondato nel 1600 una città che chiamarono Nuova Amsterdam (oggi New York), a portare nel Nuovo Mondo la tradizione di San Nicola, da loro chiamato Sinter Klaas. Successivamente il nome si trasformò in Santa Class, che in inglese divenne ben presto Santa Claus.
Altri racconti tradizionali furono introdotti dagli immigrati danesi. I coloni, in cerca di antiche identificazioni e nuovi nazionalismi nei territori del Nuovo Continente, si strinsero attorno ai loro santi: San Nicola (Olandesi), Sant’Andrea (Scozzesi), San Patrizio (Irlandesi), separandoli, però, dall’insieme di credenze di marca “papista” e salvandone solo gli aspetti esteriori e alimentari. Anche la Francia aveva il suo S. Nicola, mentre in Germania c'era Gesù Bambino che distribuiva i doni. In America il suo nome divenne Kris Kringle, e si continuò a festeggiare l’inverno e il Capodanno offrendo doni ai bambini, bevendo cherry e mangiando “i biscotti di San Nicola”.
Santa Claus divenne popolare dovunque e gli scrittori e gli artisti gradualmente trasformarono il vescovo col suo manto e la mitra in un'altra figura, ma nessuno sa come abbia fatto l'asino di S. Nicola, nel tempo, a trasformarsi in un gregge di renne!
Nel 1804, in America, fu fondata la "New York Historical Society" e San Nicola ne divenne il santo patrono.
Nel 1809 lo scrittore Washington Irving [W. Irving (1783-1859), autore americano: la popolarità nacque dai suoi racconti critici e satirici, efficaci nella forma letteraria americana di storia corta. Sua è "Una Storia di New York" (1809), considerata come primo contributo importante alla letteratura comic americana] raccontò per la prima degli spostamenti di Santa Claus nel cielo per la distribuzione dei regali.
Un libro del XIX secolo mostra un'illustrazione in cui egli compare con una sola renna (in Svezia è invece ancora rappresentato circondato da caprioli).
(da Wikipedia) Sembra che chi fu a descrivere esattamente l'aspetto moderno di Santa Claus in forma letteraria, fu un pastore americano con la pubblicazione della sua poesia "Una visita di San Nicola", ora più nota con il titolo "La notte di Natale" ("The Night Before Christmas"), avvenuta sul giornale Sentinel della città di Troy (stato di New York) il 23 dicembre 1823. L'autore del racconto è tradizionalmente ritenuto il pastore Clement Clarke Moor (si dice che scrisse la poesia per i suoi figli nel 1821). Santa Claus vi viene descritto come un signore un po' tarchiato con otto renne, che vengono nominate -per la prima volta in questa versione- con i nomi di Dasher, Dancer, Prancer, Vixen, Comet, Cupid, Donder e Blitzen.
Inizialmente Santa Claus veniva rappresentato in costumi di vario colore (il verde, che richiamava ancora l'idea di un abitante del bosco era il più usato); il rosso divenne predominante a partire dalla sua comparsa sulle prime cartoline di auguri natalizie nel 1885 (ovvero dopo che per 22 anni Thomas Nast lo aveva rappresentato in numerose ilustrazioni).
Fra i primi artisti a fissare l'immagine di Santa Claus nella forma che conosciamo oggi, è stato il famoso illustratore americano Thomas Nast. Nel 1863 sulla rivista Harper's Weekly apparve la prima delle sue immagine su Santa Claus, che si ritiene sia stata ispirata dal personaggio di Pelznickle. (Fonte tratta da Wikipedia)
Il PELZNICKLE: chi è costui? Era il già conosciuto aiutante "nero" di S.Nicola!
Riporterò qui di seguito la curiosità scovata ("Santa Claus, A Great Imposter"), lasciandola però in inglese:
"Thomas Nast was assigned to draw this Santa Claus, but having no idea what he looked like, drew him as the fur-clad, small, troll-like figure he had known in Bavaria when he was a child. 
This figure was quite unlike the tall Dutch Sinterklaas (il Santa Claus olandese), who was traditionally depicted as a Catholic bishop. Who he drew was Saint Nicholas’ dark helper, Swarthy, or Black Pete (a slang name for the devil in medieval Dutch). [...]
It is significant that Black Peter, Pelze-Nicol, Knecht Rupprecht and all of St. Nicholas companions are openly identified as the devil.
To the medieval Dutch, Black Peter was another name for the devil. Somewhere along the way, he was subdued by St. Nicholas and forced to be his servant.
The fact is that Santa and Satan are alter egos, brothers; 
they have the same origin. . . On the surface, the two figures are polar opposites, but underneath they share the same parent, and both retain many of the old symbols associated with their "father" . . . (P. Siefker: "Santa Claus, Last of the Wild Men: The Origins and Evolution of Saint Nicholas"- McFarland & Company, 1997, p. 6) -
Thomas Nast (una delle sue prime illustrazioni di Santa Claus qui a sinistra; sotto un'altra sua illustrazione sulla copertina di Harper's Weekly del 6 dicembre 1902, intitolata: "Here we are again") per vent'anni, tra il 1863 e il 1886 disegnò per conto del settimanale "Harper's Weekly" una serie di tavole natalizie che illustravano tutti gli aspetti della leggenda di Babbo Natale
e nel 1885 stabilì ufficialmente la residenza di Babbo Natale al Polo Nord e disegnò due bambini che su una carta del mondo tracciavano il tragitto dal Polo Nord agli Stati Uniti.
Nast quindi giunse a quest'immagine ispirandosi al Pelznickle, ma riprendendo anche l'immagine poetica raccontata dal pastore C. Clarke Moore, e ritraendo così Babbo Natale come un vecchio sorridente e panciuto, dalla grande barba bianca, che indossa un lungo mantello rosso (precedentemente l'abito era in genere verde o blu scuro) bordato di pelliccia bianca, un grosso cinturone di cuoio nero e gli stivali neri.
Un'altra immagine che divenne molto popolare è quella disegnata 
nel 1902 da L. Frank Baum, autore de Il meraviglioso mago di Oz, per il racconto "La vita e le avventure di Santa Claus".

Siamo giunti agli inizi del 1900, in America.
In Italia, sappiamo, esisteva Gesù Bambino.
E chi portava i doni era la Befana, il 6 gennaio!
Ma questo avveniva già in tempi recenti...
Il "vero" Babbo Natale, quello alto, con tanta pancia, le gote rosse, la folta barba bianca, il vestito rossissimo, con giacca (non mantello o cappottone!) bordata di soffice pelliccetta bianca, cappuccio rosso con pon pon bianco, stivaloni neri, sportivo, nonostante la sua panciona, e sempre allegramente sorridente e rassicurante, molto lontano da qualsiasi ombra punitiva di folletti, o Zwartepiet, e dal vescovo con la mitra, è arrivato nel 1931, ad Atlanta, per opera della Coca Cola!
(Fonte: "Minerva - Osservatorio sull'industria Alimentare" di Nicola Lagioia)
Accadde infatti che il dottor Harvey Washington Wiley, che lavorava al Dipartimento di Chimica degli Stati Uniti, nel 1903 fece partire una crociata salutista contro la Coca Cola. Il nome della sua battaglia fu: «Gli Stati Uniti d’ America contro 40 barili di Coca-Cola». Si avviò un procedimento giudiziario che per l’azienda di Atlanta rappresentò una delle prove più difficili da affrontare nei primi decenni del XX secolo. La denominazione si deve al sequestro di alcuni barili di Coca-Cola che Wiley fece disporre nel 1907. Il processo fu celebrato a Chattanooga. Nell’accusa si contestava alla bibita di essere adulterata con sostanze pericolose (nello specifico la caffeina).
Il verdetto fu favorevole per la Coca-Cola. La bibita non rischiò più di essere ritirata dal commercio né fu costretta a rivedere la sua formula. L’unico cambiamento riguarderà la strategia pubblicitaria dell’azienda. Gli avvocati difensori della Coca-Cola non avevano contestato gli effetti negativi della caffeina sui giovanissimi – avevano però cercato di aggirare l’ostacolo dichiarando che i più piccoli non erano consumatori abituali della bibita, il che contrastava con le pubblicità del periodo che ritraevano bambini intenti a bere Coca-Cola insieme ai genitori. Così, dopo il 1911, fu proibito l’utilizzo di materiale pubblicitario in cui ci fossero bambini di età inferiore a dodici anni nell’atto di bere Coca-Cola. Se i danni erano stati limitati al massimo, l’azienda rischiava di perdere una fetta fondamentale di consumatori.
Siamo nel 1931: la Coca-Cola, che fino a qualche tempo prima veniva soprattutto servita nei bar, poteva adesso essere acquistata in confezioni da conservarsi nei frigoriferi domestici. Si trattò di un cambiamento epocale! Ma se la bibita ora veniva acquistata per le famiglie, occorreva indurre a non farla temere come bevanda anche per l'infanzia!
Bisognava concepire una campagna pubblicitaria in grado di rivolgersi ai bambini senza mai metterli al centro della scena. Il compito fu affidato a Haddon Sundblom, un disegnatore di origine svedese. L’ espediente utilizzato fu quello di arruolare un messaggero, un intermediario tra infanzia e mondo degli adulti che fosse in grado di catalizzare l’immaginazione dei bambini. La scelta cadde appunto su Santa Claus.
Sundblom ebbe come primo parametro il Santa Claus disegnato da Thomas Nast per Harper’s Weekly nel 1862.
Il colpo di genio di Sundblom consistette nel far convivere l’aura di soprannaturalità che circondava Babbo Natale con l’estetica dell’ uomo comune. Basta elfi, creature dei boschi, personaggi provenienti da immaginari e culture lontane: il nuovo Babbo Natale avrebbe dovuto essere partorito dal cuore magico dell’America del XX secolo.
Sundblom utilizzò come modello l’uomo della porta accanto, vale a dire il suo vicino di casa Lou Patience, un commesso viaggiatore che l’American way of life aveva fornito di una corporatura robusta, un volto allegro entro i limiti del sospetto, una fiducia nel presente e una vitalità che debordava da tutti i pori della sua persona: a Lou Pantience, Sundblom allungò la barba e arroventò le guance, aumentò di qualche misura il girovita, sostituì gli abiti borghesi con la celebre casacca rossa e bianca, e così i cartelloni pubblicitari si riempirono di figure al limite dell’iperrealismo: fragorosamente comuni eppure in qualche modo provenienti da un altro pianeta.
La data della rivista Liberty su cui il florido, rubicondo, rassicurante Babbo Natale compare per la prima volta è il 22 dicembre 1931.
Il 'Babbo Natale' targato Coca-Cola, disegnato da Haddon Sundblom, irrompe sulla scena pubblica statunitense. Haddon divenne un famoso disegnatore di pin-ups (per visualizzare un'altra sua illustrazione pubblicitaria cliccare rqui;
e per vedere l'illustrazione di una sua pin-up cliccare rqui).

Le fonti di questa ricerca sono state svariate.
Alcune le ho citate nel testo.
Altre sono da: "Littlepan", da "De Agostini.it" e, quest'ultima aggiunta, da "Italia Donna":
"Col passare del tempo si diffuse anche l'idea che Babbo Natale potesse esaudire i desideri dei bambini, portando loro ciò che più volevano, grazie alle lettere che questi gli avrebbero scritto.
Nel 1974, tre impiegati delle poste canadesi di Montreal, avendo notato la grande massa di lettere che arrivavano ogni anno per Babbo Natale, decisero di rispondere alle centinaia di bambini, dando vita alla vera e propria Posta di Babbo Natale.
L'anno successivo ricevettero ancora più lettere, e poi sempre di più, tanto che nel 1983, le poste canadesi hanno indetto un servizio di posta speciale solo per Santa Claus, in cui il codice di avviamento postale è HOH OHO."
La trasformazione della parola, delle storie, delle leggende.
Ciò che non esisteva, è diventato realtà attraverso il potere delle immagini, dei colori, che stimolano ancora di più la fantasia e l'immaginario...
Anche le pin-ups, immagini per illustrazioni, ora modelle in carne ed ossa...
Non è potente l'immaginazione? (E dire che secoli fa neppure esistevano i colori per dipingere!!)