18 luglio 2007

Un, deux, trois

«Se avrò coraggio mi lascerò andare, perduta.
Ma ho paura di quel che è nuovo e ho paura di vivere quel che non capisco -voglio sempre avere la garanzia di pensare che capisco, incapace come sono di abbandonarmi al disorientamento.
Come spiegare che la mia paura più grande è proprio: Essere?
E tuttavia è l'unica strada.
Come spiegare che la mia paura più grande è proprio quella di andar vivendo ciò che dovrà essere? Come spiegare che io non sopporto di vedere, solo perché la vita non è quel che pensavo, bensì altro-
Come se prima avessi saputo di cosa si trattava!
Perché vedere è una tale disorganizzazione?»

Clarice Lispector: “La Passione secondo G.H.”



Errava per le strade di Parigi.
Avanzava sonnambula nella luce estiva, immersa in pensieri di vita.
Dentro di lei v’era una battaglia, distacco dalla realtà all’interno di un’incognita ricerca, e vagava, osservando l’aria fra palazzi e strade, quasi scivolasse sulla pellicola d’un film. Il presente non le apparteneva, viveva attraverso un passaggio, su un raccordo, nastro che la stava trasportando da un’identità a un’altra, in un futuro sconosciuto quanto lei stessa. Quel piccolo essere arrancante per le vie di Parigi non era lei, era un sé fuori da sé stessa. Eppure, angoli d’anima che riconosceva si sospingevano nelle emozioni per farsi ascoltare.

Vagava, con la reflex a tracolla. Immagini le restavano nelle pupille, piccoli quadri, allora scattava riemergendo da chirurgiche analisi interiori, galleggiando sulla confusione di variopinte sensazioni che la catturavano con sfocate rimembranze d’infiniti
déjà vu.

Trentadue anni, ampia la strada davanti, i desideri si mescolavano a casaccio uguali a gettate di colore sulla tavolozza d’un pittore in cerca di forma concreta, e infinite fantasie respiravano ovunque fra i disegni liberty intorno. Passo su passo un dolore muto e sordo l’accompagnava in fermo assedio. Con distratta rassegnazione lei se lo conduceva per mano, ma per istinto tentava di sfuggire la sua prigionia.

Ripercorreva i segmenti spezzati del vivere, senza darsi pace per la personalità inquieta, così zingara da non riuscire a essere una donna come tante.
Guai, colpe, e rimproveri d’una zingara mal riuscita.
E ritornava, istantanea di luce e movenze, il pomeriggio in cui aveva avuto bisogno di spartire con l’amica, quasi una sorella, l’intenzione di separarsi dall’uomo sposato.
Decisione conquistata scandagliando nel buio pozzo del sé, fino a scoprirsi nell’assenza d’un’identità. Tappa ultima d'un viaggio che aveva chiesto e poi atteso i cambiamenti promessi. Amaro punto d'arrivo che accettava la necessità del passo da fare.
Immaginava il sorriso d’Elisa, l’affettuoso accoglimento, la rassicurante comprensione della loro intesa… Già pregustava l’espressione raggiante che, nel riconoscerle il traguardo, ne avrebbe proclamato la fiera condivisone con un «Brava! Era ora che reagissi! Sono felice per te, felice del tuo coraggio!»

Fu diversa la realtà.
Il viso d’Elisa s’era contratto divenendo duro, le aveva parlato quasi ritraendo il volto e con sguardo obliquo e basso, senza rivolgersi a lei di fronte:
- No, Mara! Non è giusto! Non sono d’accordo. Tu sei cresciuta in questi anni, lui no. Avete fatto un percorso, ma lui è rimasto indietro. Non è giusto che siccome tu sei cresciuta, ora lo lasci. No, questo è ingiusto! –


Mara scattò una foto all’insieme dei colori pastello di barchette accatastate su di un carretto, pronte per i bimbi che avessero voluto spingerle sull’acqua della fontana lì accanto.
A Parigi era dimentica d’essere mamma.
Era solamente Mara, trentaduenne errante per ampie strade assolate, tra le quali, in uno sconosciuto punto, gli occhiali da sole le erano scivolati dalla scollatura, permettendo ora alla luce di ferirle lo sguardo desideroso di pensierosa penombra.
Antiquari di libri, angoli odorosi di carta, fine atmosfera d’arte l’accarezzava, e ovunque la respirava pur senza salire fino a Montmartre.

Di Elisa aveva perso da anni le tracce.
Era un inventario quel pensare e allineare fatti, scelte, perdite, un inventario tra ciò che aveva intrapreso e costruito, e ciò che aveva lasciato o era finito, mentre, un piede dietro all’altro, inseguiva gli argini della Senna, s’infilava nei vicoli dietro a Notre Dame.
Poi fu davanti al Museo d’Orsay, e vi entrò.
Prese a vagare per le sale come aveva errato per le vie.
Cadde assorbita nelle pennellate impresse sulle tele, divenne tela, colore, forma, smarrita nei quadri in cui la sua anima si fuse.
Il dolore per l’abbandono l’abbandonò lì.
Tra la densità pastosa delle tinte sovrapposte, in caduta libera fra emozioni che non le appartenevano ma che l’agguantarono cullandola in oblio.

Cercò da bere e si rifocillò nell’ampio atrio del ristoro dove l’artistica vetrata d’un orologio illuminava lo spazio e il tempo.

Una bizzarra donna, abbronzata e di piccola statura, si avvicinò al suo tavolino sorridendole mentre piegava il viso verso di lei seduta.
-Pardon ?
Mara contraccambiò il sorriso allungando il collo in ascolto.
- Sei italiana?
- Sì!
- Oh, bene! Posso sedermi qui con te? I tavolini sono affollati, e a me fa piacere trovare qualcuno con cui discorrere!

Come poteva negare posto a quella signora? Il volto esprimeva simpatia.
La sconosciuta in fondo non avrebbe potuto alterare il suo navigare in oblio là. Nel nido dell’arte senza tempo.

- Sì, prego, si sieda…
- Oh, dammi del tu, dai! Mi chiamo Agnese. E tu?
- Mara.
- Sei giovane Mara! Non avrai neppure trent’anni! Sei sola a Parigi?
- In questo momento sì. Sono ospite da un amico, ci incontreremo stasera. Intanto visito l’Orsay, è un museo bellissimo!
- È vero! Non faccio che tornarci! Ogni volta che arrivo a Parigi vengo all’Orsay e ci torno per due, tre giorni di seguito… Mi piace stare qui… Ah! Ma non hai risposto sulla tua età! Io avrò vent’anni più di te… o chissà, anche oltre?
Sorrise Agnese. Era disarmante.
Mara tentava di spazzar via residui di diffidenza.
- Non ho voglia di parlare di me.
- Ho visto il tuo bel viso triste da lontano… Ma dimmi: cosa vuoi bere? Io prendo
un panachée, ne vuoi anche tu?
- Sì, grazie,
un panachée!
- Sai Mara, a me piace conoscere persone nuove… Mi piace viaggiare e ascoltare racconti. Raccolgo le storie di chi incontro. È interessante confrontare le scelte di ciascuno davanti ai bivi dell’esistenza. Inoltre mi piacciono le immagini, le tele degli artisti, i colori e la varietà del mondo. Sto raccogliendo il mio materiale, forse un giorno… chissà! Chissà cosa ne farò!
- Che strano…
- Cosa è strano? Ciò che faccio? ...Tu sei giovane, eppure hai qualcosa da raccontare, lo leggo nei tuoi occhi!

All’improvviso Mara s’accorse che le sembrava di conoscere Agnese da sempre, si sentì a suo agio. Oppure quel poco di birra limonata la stava rilassando?
- Qualcosa da raccontare? Non saprei. Qui ci sono le tele degli espressionisti che raccontano emozioni intense…
- E tu? Tu sei un’espressionista nella vita?
Rise Agnese, e la guardò come se la comprendesse.
Da dove era spuntata fuori quella donna? Era sconcertante. Senza rendersene conto le labbra di Mara sorrisero.
- Ah, ho colto nel segno piccola Mara!
- Sì, hai colto, è vero. Mi disorienti, hai intuito tu, e io sono un’ingenua…
- No, no, non sei ingenua. Sei una ragazza colma di vita e pensieri. Ciò trapela! E la tua tristezza è la scarsa fiducia che hai in te.

Mara abbassò lo sguardo sul bicchiere, le dita ci giocherellarono intorno, lo pose in obliquo, lo raddrizzò, iniziò a parlare fissando il liquido che si muoveva all’interno del vetro.
- La mia tristezza è la fine d’una storia con un ragazzo, l’ennesima fine. E stavolta è stato lui a decidere che era finita. Ora cammino in un mondo ovattato, fuori dal concreto. Mi sembra di passeggiare su sfilacciate nuvole, o di galleggiare dentro bolle di sapone, mentre la vita reale mi chiama e io non voglio tornare, perché mi fa troppo male.

Respirò profondamente. Poi alzò gli occhi dal bicchiere, li fissò sul volto della sconosciuta e disse:
- Ho una figlia di otto anni, ho un divorzio alle spalle, poi altre storie. Convivo con la sgradevole sensazione di non essere, ovvero, di non essere né carne, né pesce. Non mi riconosco in nulla. Chi sono? Cosa sono? Un titolo di laurea? Una mamma? Ero una moglie? Sono una figlia? Potrei essere una fidanzata, oppure un’amante? Ciò che io sono o sento, conta? …Quest’ultima storia è finita perché io sono una donna fuori dai tradizionali canoni!

- Non volevi parlare, e hai detto molto! Bello e triste ciò che esprimi.

Seguì un silenzio. La donna soppesò la merce di scambio. Poi con lentezza riflessiva riprese.
- Voglio darti qualcosa dei miei vent’anni in più. Quando si ha la vita davanti si cercano argini. Identificazioni, ruoli. Lo spazio che si apre è una sbalordente incognita, e fa paura nella sua libertà di scelta. Eppure l’indole non ha bisogno di etichette e titoli. Tu sei Mara, e ciò che sei dentro disegnerà la strada. Così è andata anche per me, a dispetto di quello che altri avrebbero valutato bene per una mia tranquilla esistenza! Sei madre perché ti piace esserlo, e continuerai a amare gli uomini nonostante le delusioni e gli abbandoni. Tu vivi e respiri nelle emozioni, non hai bisogno d'aderire ai ruoli che la società fornisce… Per adeguamento? Per tradizione o per abitudine? O anche per placare ansie e farsi riconoscere. Il valore del proprio esistere non si stabilisce ricalcando i tracciati di mappe già percorse e segnate. Anche se ci illudiamo di poter controllare ogni evento, a compiere la vera scelta è la nostra profondità. Ciò che siamo nel cuore fa da nocchiero. Non aspettare di essere riconosciuta per carne o pesce, tu vali per come sei. Se ti rimetti agli altri dipenderai da affetti falsati, fondati sulla tacita domanda: «Sei ciò che mi aspetto che tu sia? Se lo sei, bene, ti accolgo, altrimenti ti rifiuto». Tu ami la libertà! Altrimenti non saresti qui, persa fra le tele degli espressionisti a cercare sollievo alla tua anima fra emozioni d’arte. Non vuoi cornici per il tuo essere. Se cadessi in tale abbaglio, soffocheresti. La vita è il flusso che si compone sotto le nostre dita d’artista. Sono le orme lasciate nelle corse libere. È un sentire che ci fa risplendere lo sguardo e ci risuona nell’istinto. Non le staccionate che costruiamo per ingabbiare ciò che in noi pulsa e va emergendo in evoluzione, ritenendolo estraneo a quello che abbiamo già formato.

Agnese tacque e bevve l’ultimo sorso del suo panachée.
Mara l’aveva ascoltata con stordimento crescente.
- Mi sento un po’ confusa…
- Vieni, ti voglio mostrare un quadro!
Si alzarono insieme. Agnese con agilità si mosse tra la folla, Mara la seguì con difficoltà. Fra le teste delle persone riuscì a scorgerla ferma davanti a una foto. Si liberò dei turisti che le intralciavano il passaggio, e pensando d’averla finalmente raggiunta, s’accorse che era svanita.
Si trovò di fronte a una bellissima foto color seppia che raffigurava tre ragazze intente a giocare.
Lesse la didascalia: C. Hudson White, 1899 “Agnese, Mara, Elisa al gioco degli anelli”.

Mara si guardò attorno incredula. Di Agnese non v'era traccia, come di Elisa.

27 commenti:

Pier ha detto...

Il finale è bellissimo! Anche nel quadro finale con le tre omonime delle protagoniste ci sono significati importanti, in fondo gli anelli sono fatti per intrecciarsi, unire e purtroppo anche rompersi, anche se mai del tutto.
C'è una certa sofferenza, legata al vissuto, che emerge in tutto il racconto, con lampi geniali come l'immagine della zingara non riuscita.
Sento che Mara e Agnese non sono due persone distinte, ma due espressioni diverse di una stessa coscienza.

danDapit ha detto...

@Pier
Ciao!! ^__^
...Il finale ti è piaciuto? Ne sono felice veramente! E' stato quasi un colpo di fortuna! eh eh!!
Anelli intrecciati fra i tre personaggi, sì, anelli di vita che si concatenano, anello su anello...
Elisa, Agnese, Mara in fondo sono la stessa persona: passato, presente, futuro; parte zingara, parte stanziale, parte lungimirante e inafferrabile!
Tre fanciulle del 1899, tre donne del 2000, o la stessa donna???
=__=

Che intrigo!
Un bacio!

Pippi ha detto...

DanDapit, il finale è strepitoso ed il racconto complessivamente riuscito, però ... piccola critica da chi poco ne sa dello scrivere: il discorso di Agnese mi è sembrato un po' lungo e troppo "didascalico", insomma troppo "detto", io l'avrei reso un po' più concentrato e ambiguo, meno "detto" ... un abbraccio da Giulia.

danDapit ha detto...

@Giulia
Un po' di vento ha alitato da queste parti, sussurando che forse ripasserai per una rilettura...Così attendo con curiosità la rivisitazione per sapere se confermi, o se nel tuo stato d'animo attuale si traduce e si percepisce diversamente dal primo impatto...
Sicuramente Agnese DICE molto. Spiega come un geografo sulla mappa, indicando e indulgendo.
"Troppo" per un breve racconto, "troppo" per dialoghi fin lì accennati...
La prossima volta cercherò di curare meglio, con più metafore e poesia. Forse sarebbe bastato dire:
"Se sei un albicocco, non può fare noci!"
^__^

"La vita è il flusso che si compone sotto le nostre dita d’artista. Sono le orme lasciate nelle corse libere. È un sentire che ci fa risplendere lo sguardo e ci risuona nell’istinto. Non le staccionate che costruiamo per ingabbiare ciò che in noi pulsa e va emergendo in evoluzione..."

L'albicocco dà albicocche, morbide, polpose, profumate, color del sole...
Il noce da frutti racchiusi in gusci duri, il cui gheriglio è profumato, ma ben nascosto...

A presto!!! ;o))

lucia ha detto...

"...divenne tela, colore, forma, smarrita nei quadri in cui la sua anima si fuse..." svelava già parte del finale.
Immagini che prendono vita, entrano nel nostro cammino e dopo averci dato qualcosa tornano a mummificarsi nel quadro o nella foto dalla quale sono uscite.
E' successo anche a me. La mia "Agnese" era un uomo. Mi disse che sarei cambiata e che l'avrei dimenticato.
Ma Mara non vuole cornici, non conosce limiti. Vive come zingara ogni suo respiro, ed è per questo che può "incontrare" Agnese, "parlare" con Elisa, e a fine racconto immortalarsi nella foto color seppia.
Mara, Agnese ed Elisa tornano a far parte di un'unica immagine, quasi come fossero un'unica persona...

ps
baci abruzzesi per l'ultima sera

Anonimo ha detto...

bellissimo racconto che evoca istantanee immagini attraverso il fluire cristallino come acqua di fiume delle parole, inanellate come i ludici oggetti delle fanciulle ritratte nella foto in seppia..una storia che trasuda tristezza, in questa estate torrida.. mentre scorro con le pupille cercando di carpire il senso recondito di ogni frase un alone di desolazione mi attanaglia l'animo: la consapevolezza che spesso a questo mondo ( e nn voglio suonare retorica) sono le persone più creative, ricche di possibilità interiori ma ahimè più sensibili a soffrire. Il non aderire ad un canone preciso spesso le terrorizza, fa scattare come un allarme interno che parla di solitudine, incomprensione e vuoto. E'il potente ricatto dell'istituzione, dello Stato, della famiglia, dell'educazione ferrea, del delineare in modo aprioristico e inflessibile. E mi sovviene l'immagine di un'aiuola piena di fiori tutti iguali subito spazzata via da quella di un prato variopinto e zeppo di selvaggi fiorellini gialli, rosa, viola..il senso del bello nel variegato, la possibilità di cogliere il fascino nell'eterogeneità, di giungere in un istante al succo del frutto e nn alla sua puntigliosa analisi biologica. Delinquenziale è questa società che invece di indirizzare alla sostanza e alla genuinità spinge verso una casermale visione della vita e dei rapporti interumani..passo e chioso.

Grazia ha detto...

...ti lascio un saluto...buon week end

Anonimo ha detto...

"Quando si ha la vita davanti si cercano argini. Identificazioni, ruoli. Lo spazio che si apre è una sbalordente incognita, e fa paura nella sua libertà di scelta. Eppure l’indole non ha bisogno di etichette e titoli."

Solo che è così difficile scegliere per sé...

Mi piacerebbe accorgermi, una mattina, di essere diventata un'istantanea in seppia. Tuttavia temo che mi sentirei ancor più prigioniera di una cornice..

Credo che l'unica cosa ad avere le potenzialità per sentirsi davvero libera sia la mente umana: nulla, a questo mondo, cresce in completa libertà. Persino un albero in una foresta dovrà piegarsi e contorcersi in spazi troppo angusti per raggiungere il sole. A meno che non abbia la fortuna di essere completamente solo in una radura. Ma qui l'interrogativo diventa "ha senso crescere liberi se poi si è soli? oppure è meglio un compromesso per poter condividere la vita?"...Come se in entrambe le situazioni mancasse sempre qualcosa per sentirci completi.

A tutti piace sognare. Forse perché è l'unico modo che si ha per eludere gli spazi angusti..

panzabiker ha detto...

ciao!! un saluto super veloce. a fine agosto dovrei essere dalle tue parti . se ci sei batti un colpo!!bacioni!

danDapit ha detto...

@Lucia
Bacio iniziale, mia cara!
Ma sai che non avevo notato che quella frase "divenne tela, colore, forma" poteva essere un'anticipazione del finale?
E' buffo che nella costruzione tutto poi torni, a giro d'anello!
In quel momento ancora non conoscevo il finale, ma era dentro di me, come sappiamo bene!!! ^__^
Altra cosa che mi colpisce di ciò che appunti è il fatto che nel suo essere zingara Mara "incontra" Agnese, "parla" con Elisa.
Mi colpisce il tuo appunto in quel suo pensarsi una zingara "mal riuscita"; infatti conteneva parte d'una Elisa legata al passato, parte d'una Agnese esortante, parte d'una Mara riflessiva e propriamente "né carne né pesce"...!

Baci per il tuo ritorno!

@Anonimo
Spontaneamente in sincerità, mi dispiace il tuo anonimato con un commento così bello!
Grazie per ciò che dici, grazie oltre le righe! (tra cui catturo molto di più delle parole!)
Una sintesi fatta di immagini (prati fioriti) e di severa analisi, che punta dritta al bersaglio!

Grazie ancora e un abbraccio!!

@Grazia
Ti ringrazio per l'augurio, e ricambio con un buon inizio di settimana per te!
Grazie anche per la visita! ;o)

danDapit ha detto...

@Rosex
Mi lascia perplessa quella tua fantasia "mi piacerebbe una mattina accorgermi d'essere diventata un'istantanea color seppia"...
Ma perchè? Certo che ti sentiresti prigioniera! Non è solo in una cornice, ma addirittura ferma lì: in un istante ormai morto e fisso!
E' una fantasia/fuga?

Chiedi:
"ha senso crescere liberi se poi si è soli? oppure è meglio un compromesso per poter condividere la vita?"
Mi viene da fare una domanda parallela: "Ha senso essere felici, se si è l'unica persona felice in un mondo che soffre?"
Non per questo si cerca un compromesso tra l'essere felice e il soffrire!
La libertà è sacra, e se amare o essere amati priva di libertà, quello non è amore, né rende felici!
E non posso far a meno di notare, guardando dietro alle mie spalle, che è proprio nell'amare che nascono -ahimè- i ruoli!
Madre/figlia, marito/moglie, figli/genitori...e via dicendo!
Non posso pensare che l'unica via sia "sognare", o meglio: sognare senza realizzare!
Certo, sognare fa uscire da spazi angusti, ma non basta, perchè se il sogno non può seguire se stesso, la tappa successiva è la frustrazione, che non è certo meno gabbia "del resto"!
...
Allora, seguendo un sogno che speriamo realizzabile: meglio che TUTTI siano felici, perchè se qualcuno vicino a me è triste, lo sono io pure! E meglio che si possano fare scelte libere, prive di compromessi, perchè al di là del momento del compromesso, che appare una buona soluzione, la vita poi continua, e vuole essere libera e felice (almeno come sogno!!)
^___^ Un bacio!

@Panzabiker
Grazie per il saluto superveloce!
Ora verrò a trovarti anch'io...
E se ripassi, fammi sapere anche il tuo pensiero sul post!
A fine agosto? Batterò un colpo, sì!
bacion**

panzabiker ha detto...

anch'io ho trentadue anni e anch'io mi presto a pormi domande nella mia parigi.anche la mia vita a breve cambierà. ho già deciso. argini? identificazioni e ruoli?nè carne nè pesce?è ora di dare un nome al mio dipinto, ma lo lascerò fare a qualcun altro,forse ad agnese. buona notte!

p.s a breve ti scrivo!

danDapit ha detto...

@Panzabiker
A parte la certezza dei 32 anni, forse la "buonanotte" era la cosa più impellente e chiara alle 2,38, dopo chissàqualeserata!
^__^

Chiameremo Agnese per il nome al tuo dipinto! ;o)
Baci!

ventodiprimavera ha detto...

ho pianto....amo parigi.

daniela ha detto...

E tu, Dani, quale sei delle tre? Mara, Agnese o la sconosciuta Elisa? Forse tutte e tre, che giocano agli anelli nel tuo cuoricino e nella tua testolina.
Bello racconto e bello il quadro. Si vede che ami Parigi, anzi, sai che hai un pò della francese? :-)

P.S. L'età di Mara è scelta a caso? eh eh eh!!!!

lucia ha detto...

"Sono ancora qui, qui nelle mie mutande" cantava Gino Paoli. E stamattina ho voglia di cantare con lui.
Torno a guardare le foto. Mi piacciono le barchette colorate riprese da Mara.
Chissà se Agnese ha la mano così ferma!
Ti lascio un bacio di quelli che si mescolano a mille carezze.
:-)

danDapit ha detto...

@Ventodiprimavera
Che bello rivederti!!
Grazie di essere passata a trovarmi! Una ventata di primavera nella torrida estate, con qualche spruzzata di lacrima per Parigi!
Bella Parigi, sì... ci tornerai?
Un bacione gRRande gRRande!

@Daniela
Perchè dici "la sconosciuta Elisa"?, anche lei ha avuto la sua parte...! ^___^
Dal punto di vista buddista (ehm!) io potrei essere tutte e tre, visto che le persone con cui entriamo in relazione ci fanno da specchio!
Chissà, chissà!
...ma visto che io ho scritto il racconto, a questo punto io sono l'anello che le unisce! (eh eh!!)

...Ho un po' della francese? Mi prendi in giro, eh? forse la "r" che ogni tanto slitta?
Sul p.s.: "Nulla da dichiarare", come alla Dogana... (è un discorso luuuuuuuungoooooooo!!! ih ih ih!!! =____=)

@Lucia
Il bacio l'ho estratto dalla mescolanza delle carezze, è un po' zuppo, ma l'ho steso al sole!
@___@

Agnese ha la mano ferma? Ma quanti anni avrà questa Agnese che immaginiamo un po' tremante? E soprattutto: ci vedrà bene?

Ti regalo una barchetta...col bastone la devi sospingere nell'acqua e guidare... Poi non so se è il caso di cantare:
"Finché la barca va, lasciala andare...", mantieniti
al timone, neh!

Schizzi e spruzzate dalle fontane romane! ;o))

assunta altieri ha detto...

Leggendo - velocemente a dire il vero - i commenti, noto molta approvazione per il finale.
Personalmente credo che quel finale non sia che l'inizio. Tutta la storia si snoda su di esso, alla ricerca -nei tre personaggi che poi sono uno solo -di quelle risposte che Mara (la faccia spesa di fronte al mondo) sa di poter trovare dentro di sé, nella sua storia e nella storia.

Il racconto emoziona e coinvolge e, inevitabilmente, vedo, fra le strade di Parigi Danda, l'anello che unisce le tre donne.

Molto bello.
A presto.
assu

Grazia ha detto...

Passa da me con urgenza! avvisa più gente che più, è importante!...ti aspetto...grazie

danDapit ha detto...

@Assu
Ciao! Bentornata!
E grazie per ciò che dici sul racconto!
Hai ragione a vedere "Danda" fra le strade di Parigi, le foto infatti sono le mie (non quelle dell'Orsay!)...
Circa il finale, a dirti il vero Assu, il finale è stato a sorpresa anche per me!
Il racconto si snoda su molte tematiche, la principale me l'ha ispirata Rosex per un discorso fra noi via e-mail...E le tre donne: Mara, Elisa e Agnese, ora lo posso anche dire, sono una persona sola, e nel racconto sono "le protagoniste" per un motivo preciso.
Sono a richiamo di una mia amica che di qui passa in incognita, usando quelle tre identità/nomi, senza volersi far riconoscere, anche se io l'ho riconosciuta...
E' un fitto gioco di intrecci questo racconto, e il finale è stato un colpo di fortuna dopo un percorso!
E il "gioco degli anelli" è "misticamente" preciso!
C'è del mistero...? solo un poco...
Un bacione!

@Grazie
Ora passo!

danDapit ha detto...

Per Mara, Elisa, Agnese
Cara A, ti dedico questo racconto, un modo per dirti che ti ho riconosciuta di villaggio in villaggio tra i blog...
Al tuo ritorno da M, ti andrebbe di restituirmi i miei libri?
Al di là del gioco dell'assurdo, in fondo i libri potrei riaverli, poi possiamo continuare a giocare ai legami-fantasmi (se così ti piace...)...
Sicuramente era più divertente postare commenti pensandoti in incognita; e io avrei potuto tacere, ma il silenzio non fa per me! (che caratteraccio ho!)
;o]
Buona vacanza e un saluto al Cicala!

assunta altieri ha detto...

Wow, un giallo in atto. Questo è uno "skup" che non mi lascio sfuggire proprio adesso che ho dato il via alle quasinterviste.

Sì, Dandapit, il finale è a sorpresa e questa spiegazione lo conferma. Non l'avevo capito, ad essere franca. Io immaginavo che la storia si inerpicasse attorno alle tre figure una/danda.

C'è sempre qui da te quel misterioso gioco delle coincidenze, anche se tu non le vuoi chiamare così.

Bello.
assu

danDapit ha detto...

@Assu
Ti ringrazio per lo stupore che mi hai regalato, è una cosa bella conoscerlo!
E' bello che le emozioni che vengono suscitate siano raccontate...
Se dico ciò è perché -al contrario- c'è chi preferisce nascondere le proprie emozioni dietro a battute insignificanti, evitando così d'esporre "tracce" di sé...
(quanto sono terribile nelle mie dichiarazioni!!)
Un bacione e GRAZIE!

Grazia ha detto...

....eccomi....la scoperta del blog pedofilo è stata casuale, la mia amica del blog infondoaimieiocchi stava scorrendo le pagine dei blog successivi che trovi in alto a destra ed è rimasta sconvolta, mi ha subito avvertita, sono andata a controllare e immediatamente ho pubblicato il post di avvertimento sia in blogspot che in Tiscali...
spero che gli organi di polizia di competenza del territorio del blog si attivino per rintracciare l'autore sperando che non sia un esperto che passa attraverso dei server "invisibili"....cmq grazie anche a te per la preziosa collaborazione...
un abbraccio

assunta altieri ha detto...

Danda, è che "non sono cattiva, mi dipingono così". ;)

baci

p.s.: hai letto la mia quasintervista a Eleonora Buratti?

Anonimo ha detto...

....sono Azzurra, vieni a trovarmi nel mio blog, ci sono tante novità....un bacione



(sono grazia ...ilgiardinodelcuore)

Grazia ha detto...

il blog pedofilo ha rimesso il video..sono disgustata...blogspot è uno schifo!