21 novembre 2009

"BRENDA"

IL RACCONTO/Dalla trans versioni contrastanti sulla sua frequentazione di Marrazzo. Ma alla fine ammette: c'era un video con noi due e un'altra trans, l'ho distrutto
Una vita tra alcol, droga e farmaci
la superteste che fa tremare Roma

di CARLO BONINI

ROMA - Quando e dove la seppellirano, scriveranno che il suo ultimo giorno da viva è stato il 20 novembre 2009. Ma Wendell Mendez Paes, 32 anni che avrebbe compiuto tra sette giorni, brasiliano di Belem Para, "Brenda" per amiche (poche) e clienti (molti), ha cominciato a morire almeno un mese prima. In una sera di pioggia dell'ultima decade di ottobre. Quando un'auto civetta dei carabinieri del Ros iniziò la sua spola tra via Gradoli 98 e via due Ponti 180. Quando investiti dall'urto del "caso Marrazzo", i segreti di una comunità trans costretta in condomini ridotti a favelas smisero di essere tali. Quando qualcuno cominciò a parlare e molti cominciarono ad avere paura.

La conoscevano tutti "la Brendona". "Quella con due tette così", disse Natalì, la "favorita" di Piero Marrazzo, prima ai cronisti e quindi ai carabinieri, indicandola come la trans che le aveva conteso il Governatore e che prima di tutti lo aveva "ricattato". "Con un video erotico girato insieme a un'altra trans", aggiunse. Simile a quello che i carabinieri della stazione Trionfale avevano rubato la mattina del 3 luglio in via Gradoli. Ma più lungo, articolato. E finito chissà dove.

Provò a nascondersi, Brenda, ma senza fortuna. La sera del 24 ottobre, il falansterio mangiato da ruggine e incuria di via due Ponti 180, dove lei viveva come un topo in un seminterrato soppalcato di scarsi dieci metri quadri, si consegnò ai suoi assedianti, sbirri e giornalisti, mostrando la sua preda. Una trans che si presentò come "China" e che per le cronache diventerà, senza esserlo mai stata, la convivente di Brenda, la indicò ai fotografi e alle telecamere, invitando a mollare finalmente la presa. Brenda, fasciata in una maglietta bianco panna, si mostrò per quel che era. Un donnone da un metro e 90, il corpo esile e le braccia lunghe e muscolose, con mani grandi quasi quanto il suo seno da cartoni Manga che le era costato una fortuna.

Parlava un ottimo italiano e aprì il suo "appartamento" dove, disse, almeno una volta era venuta a trovarla "Piero". E che sarebbe diventato la sua tomba. In un angolo, due fuochi e un lavandino che perdeva. Al centro un divano letto coperto da un foulard leopardato. Un piccolo armadio a due ante. Un soppalco dove infilarsi rannicchiati. Quella sera, Brenda ammise che quel secondo video dell'ex governatore del Lazio effettivamente esisteva. Che lo aveva girato nella primavera di quest'anno con una tale "Michelle", trans che lei sapeva ormai a Parigi. Ma che la sua copia, lei, l'aveva distrutta. Subito dopo l'arresto dei carabinieri del Trionfale. Subito dopo che la faccia di Piero aveva preso a occupare lo schermo tv per lo scandalo che lo aveva travolto.

Il 30 ottobre, i carabinieri del Ros provarono a farle ripetere quella storia. Ma non ci fu verso. Brenda non ne voleva sapere. "Non conosco Marrazzo - si legge nel verbale redatto quel giorno negli uffici dell'Anticrimine dell'Arma - È vero, vivevo con una tale Michelle, ma lei è partita e Natalì ci accusa di cose non vere. Non ho mai subito né rapine, né minacce dai carabinieri. Metto a disposizione il mio cellulare, specificando che se avessi avuto qualcosa da nascondere lo avrei già distrutto". Non era una tipa semplice, Brenda. E i carabinieri lo avevano imparato subito. Fumava a catena e beveva in modo smodato, compulsivo. Fino a tre, quattro bottiglie di whisky scozzese "Ballantine's" al giorno, allungandolo quando capitava con "Red Bull" o sciogliendo nel bicchiere gocce di "Minias" (potente sonnifero e ansiolitico).

La pressione per Marrazzo la attacca, se possibile, ancora di più alla bottiglia. Ma la convince, l'1 novembre, a raccontare al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo quello che ha taciuto ai carabinieri. "È vero - ammette a verbale - l'ex governatore è stato un mio cliente. Ho girato io il video che ci ritraeva insieme a Michelle. Ma l'ho distrutto. Durante i nostri incontri, facevamo uso di cocaina e la droga me la forniva Gianguarino Cafasso (il pappone che con i carabinieri organizza la trappola del 3 luglio in via Gradoli, che proverà a vendere il video del Governatore e verrà trovato morto per overdose in un albergo sulla via Salaria a metà settembre). Esistono anche delle foto con Marrazzo. Le scattammo in una casa con piscina". L'ex governatore, interrogato neppure ventiquattro ore dopo, confermerà quelle circostanze. Di Brenda storpia il nome ("una tale Blenda"), minimizza la frequentazione ("un paio di incontri"), ricorda l'uso di cocaina. E per Brenda (cui per altro, sebbene smentite da fonti inquirenti, si attribuiscono anche telefonate sull'utenza della segreteria del governatore negli uffici della Regione), evidentemente, comincia la fine. È diventata un problema. Per tutti e anche con se stessa.

Da quel giorno, i carabinieri non la cercano più. Ma per tutti Brenda è ormai la "trans che parla". La "fuori di testa" che verosimilmente custodisce segreti capaci di gettare nel fango altri nomi che contano. Se qualcuno si sente minacciato, il suo nome è ormai un'ossessione. Lei, in realtà, tace. Non alimenta "l'indovina chi" della sua clientela. Ha bisogno di soldi e si rimette sul marciapiede come sempre. Anche se, nella notte tra l'8 e il 9 novembre, dei romeni la aggrediscono rubandole il cellulare. La reazione è di furore e follia. Aggredisce la pattuglia dei carabinieri che le presta soccorso e prende a battere la testa sul marciapiede. Le sue amiche raccontano che torna a farsi di "Minias" per dormire.

Come la notte di giovedì, quando bussa a Veronica, perché le sue di gocce le ha finite. E' l'ultima richiesta. Intorno alle 4, Brenda si infila nel buco di via due Ponti 180 da cui non uscirà più.

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(21 novembre 2009)
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LE INDAGINI/Dopo il pestaggio la trans aveva paura, ma è stata lasciata sola
Se l'assassino le chiavi aveva tutto il tempo di portar via il pc e distruggerlo
Quei misteri e quei segreti
del computer di Brenda

di GIUSEPPE D'AVANZO


C'È di certo che Brenda è morta distesa nel soppalco, asfissiata (forse) dai fumi di un incendio che si è sviluppato nei venti metri quadrati del suo minuscolo appartamento della Cassia. Si può escludere il suicidio. Troppo macchinoso per chi, come Brenda, era facile a gesti autolesionistici: si è tagliata braccia e vene appena qualche settimana fa. Due le ipotesi che sono in piedi. Omicidio o incidente domestico.

Brenda, come sempre, ha bevuto troppo whisky e ha buttato giù troppi psicofarmaci (ne ha comprati mercoledì sera e ne ha chiesto in giro, alle sue amiche, giovedì). Si addormenta. Nel "tugurio", come viene definito l'alloggio da chi l'ha visto, nasce un incendio lento. Il fumo la uccide nel sonno. L'ipotesi è sostenuta da qualche circostanza. La porta è chiusa a doppia mandata. Nessun segno di colluttazione. Nessuna traccia di violenza sul corpo del viado.

Le stesse circostanze, a sentire qualche voce di dentro in Procura, possono convincere, al contrario, per l'omicidio. L'assassino, gli assassini hanno le chiavi di casa e non hanno bisogno di manomettere la serratura. Attendono che Brenda si addormenti con calma e appiccano il fuoco. Si allontanano dopo aver infilato il computer sotto l'acqua del lavabo per cancellarne le immagini e i testi memorizzati. Proprio il computer potrebbe essere il grimaldello per scombinare l'ipotesi.

Se l'assassino, gli assassini avevano le chiavi - e Brenda già si è assopita - hanno tutto il tempo per frugare nell'appartamento, trovato in ordine, e portar via il computer per poi distruggerlo con calma altrove, senza lasciarlo in quella casa presumendo che l'acqua ne rovini la memoria (e non è così, i tecnici delle polizie sono in grado di recuperarne i contenuti).

Perché lo abbandonano allora, in bella mostra, sulla scena del "delitto"? Giusto per farlo ritrovare - un po' a mollo, è vero - ma ancora in grado di liberare tutti i veleni che potrebbe contenere o contiene?

Comunque, queste sono tutte storie perché la pasticciona procura di Roma (due procuratori aggiunti e due sostituti sul luogo del delitto, ognuno con le sue opinioni e suggestioni, ognuno con i suoi orientamenti e indicazioni, tanto per fare maggiore confusione in un caso già ambiguissimo) apre un'inchiesta per "omicidio volontario". Una mossa tattica e consueta, va detto. Consente a chi indaga un'invasività investigativa che altre imputazioni non permetterebbero. E tuttavia un'accusa che oggi farà parlare, a buon diritto, di un omicidio nell'affaire Marrazzo - forse il secondo, dopo la "misteriosa morte" di Giangavino Cafasso, pusher, ruffiano, primo spacciatore alla stampa del video del governatore in compagnia del viado Natalie, "scoppiato" forse per overdose, forse per diabete, forse per mano assassina, in un albergo di Roma il 12 settembre.

Quale sarà l'esito dell'inchiesta, omicidio o incidente domestico, cambia poco - e si scuserà il cinismo - perché non è la morte di Brenda l'essenziale di questo nuovo capitolo dell'affaire Marrazzo.

Brenda era una vita alla deriva, una persona che nessuno ha saputo e voluto sostenere nel più difficile passaggio della sua vita già difficile. In queste settimane, nell'indifferenza di tutti, è stata minacciata, brutalmente picchiata, derubata del suo cellulare. Forse, il vero obiettivo del pestaggio. Brenda aveva paura. Lo diceva, lo gridava. Nessuno l'ha ascoltata o aiutata e chi oggi la piange ha lacrime di coccodrillo.

Quel che, alla fine, conterà in questa storia è quel che Brenda si lascia dietro: il computer. È, appunto, la memoria di quel computer, ora umido d'acqua, il nuovo centro della storia. Se assassini ci sono, forse, hanno ucciso non per cancellare tracce e prove, ma per far sì che tracce e prove siano trovate. Quel computer custodisce immagini e video che possono compromettere la congrega di nomi illustri o eccellenti che frequentavano il viado? Un fatto è certo. Brenda, approfittando della debolezza dei suoi ospiti o l'istupidimento provocato dalla cocaina che sniffavano con lei, "rubava" immagini di quegli incontri.

Nel caso di Piero Marrazzo, lo ha ammesso. Protagonisti del video: Brenda; un altro viado, Michelle; il governatore. Dice Brenda ai carabinieri nei primi giorni di novembre: "Certo, avevo quel video, lo custodivo nel mio pc ma l'ho distrutto perché avevo paura". È il video - "Marrazzo, con due viado, che sniffa cocaina" - di cui molto si parla nei circoli politici e giornalistici della Capitale, nell'ultima settimana di settembre. È una circostanza che, seppure confusamente, conferma anche Piero Marrazzo, il 2 novembre: "Ho avuto incontri con un'altra persona, un certo Blenda. Nell'occasione di un incontro con Blenda, ricordo che è passato anche un altro trans di cui non rammento il nome. Mi sembra che ho avuto solo due incontri con Blenda. Né Blenda o Natalie mi hanno mai chiesto del denaro o ricattato in relazione a foto o video che mi ritraevano. Non sono a conoscenza di video o foto scattate da Blenda in occasione di questi incontri, ma il mio stato confusionale, dovuto all'assunzione occasionale di cocaina, non mi mette in condizione di saperlo".

Si può distruggere una persona, anche senza torcerle un capello. La si può "assassinare" con un'immagine che può essere più minacciosa e mortale di un cappio o di un colpo di pistola. Il computer di Brenda, sia morta per omicidio o incidente domestico, potrà rivelarsi nei prossimi giorni e settimane un devastante arsenale di sopraffazione morale, alimentato dal sesso e dalle immagini catalogate in un computer.

Ogni delitto è sempre una catastrofe e ogni catastrofe ci svela sempre che è accaduto qualcosa che non capiamo perché quel che conta sapere - per capire davvero - non ci viene detto e non lo conosciamo. Ma, in questa storia di Piero Marrazzo e ora di Brenda, qualcosa si è già compreso o intuito: le abitudini private di un ceto politico, amministrativo, professionale, imprenditoriale sono state, sono e possono diventare gli strumenti di ricatti spietati e distruttivi, utili a modificare equilibri, risolvere conflitti; in qualche caso, adatti a "muovere le cose", concludere affari o farli saltare. Brenda, quale che sia la ragione della sua morte, si è trovata al centro di questo gorgo fangoso, attrice consapevole di una tragedia scritta e diretta da altri.

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(21 novembre 2009)

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