
Sono stata invitata da Sergio (blog: Memorie) a leggere un post che riportava notizie e informazioni da mettere a conoscenza della maggior parte.
Per questo motivo, d’ampliamento informativo, lo pubblico a mio volta dando continuità alla rete di divulgazione.
Si parla di ciò che ha causato e causa l’uranio impoverito (le scorie del processo di arricchimento dell'uranio, utilizzato nei proiettili per la sua alta capacità perforante), usato nella Guerra del Golfo, e nella Guerra dei Balcani.
Vorrei spingermi anche oltre l’articolo che qui riporto col copia/incolla (tratto dal blog di Sergio, già ripreso dal blog “DisordineMentale”): oltre cosa ha significato e può significare l’utilizzo dell’uranio. Perché il principio base non è cosa si può usare di meno nocivo!
Il principio da cui si deve partire è il non fare più uso di armi, smettere le guerre.
L’ambiente siamo noi, e anche se una bomba esplode sull’altra faccia della terra, noi, da questa parte, respiriamo la stessa aria, ci nutriamo dello stesso sole malato, viviamo nello stesso Universo.
Leggendo l’articolo si può comprendere di cosa parlo!
Una donna che avrà rapporti sessuali con un uomo che è stato a contatto con l’uranio impoverito, può subire delle conseguenze fisiche. Tutto è unito, anche se non ci appare sotto agli occhi.
In fondo all’articolo inserisco altri due link.
Invito a dare un’occhiata in particolare al link di “Indicius: No war for oil!”, in cui si riporta un’intervista al prof. Rocke (ex dirigente del progetto sull'uranio impoverito al Pentagono), correlata da documenti fotografici: bambini resi mostri dalla radioattività dell’uranio impoverito.
****************************************************************************************
“URANIO IMPOVERITO - LA SINDROME DEI BALCANI”: Una grande tragedia nascosta.
L’origine dell’articolo è su “DisordineMentale” (Postato da Antonio76, il 24 maggio)

"Con gioia, attenzione, rispetto e profonda malinconia accolgo la mail di una lettrice di questo blog che mi ha chiesto di utilizzare questo spazio per parlare di un problema grave e purtroppo tenuto fin troppo nascosto. Le morti dovute all' utilizzo dell'uranio impoverito. La Sindrome dei Balcani.
Molti italiani sono morti e stanno morendo. Un tema grave e scottante, le cui responsabilità vengono tenute coperte in modo ignobile. Franca Rame in questi anni ha cercato di porre luce su questi fatti e ha reso possibile la diffusione dei lavori della dottoressa Gatti che si sta impegnando anima e corpo affinché si sappia di più su questa tragedia nascosta.
Ringrazio Giovanna che mi ha spedito questo articolo e invito tutti alla massima attenzione. Diffondere queste notizie è importante.
Articolo della Dott.ssa Antonietta Gatti,
Laboratorio dei Biomateriali-Dipartimento di Neuroscienze Università di Modena e Reggio Emilia
Nel 2002 la comunità europea finanziò un progetto chiamato Nanopathology, un neologismo che portava in sé la discussione di un problema non ancora avvertito, forse addirittura ignorato del tutto, vale a dire l’impatto che polveri di dimensioni piccolissime, fino a poche decine di milionesimi di millimetro, possono avere sulla salute umana. Nell’ambito di quel progetto si sviluppò una tecnica nuova di microscopia elettronica che consentiva d’individuare quelle polveri all’interno di tessuti malati prelevati dal paziente e di determinarne forma, dimensione e chimica elementare. Con questa metodica si sono analizzati moltissimi campioni prelevati da soggetti colpiti da patologie come varie forme di cancro, leucemie, linfomi: tutte malattie di origine ignota ma che, da queste nuove osservazioni, parevano avere spesso in comune la presenza di polveri inorganiche.
Nel 2002 esplose vistosa anche in Italia, fra i nostri soldati impegnati in quella che era stata la Jugoslavia, la cosiddetta “sindrome dei Balcani”, un insieme di sintomi, spesso gravi, apparentemente assai difficili da correlare. A quel tempo i mass media indicavano nell'uranio impoverito, certamente tossico e blandamente radioattivo, usato per costruire bombe, il possibile responsabile. Nascevano quindi associazioni che chiedevano, e tuttora chiedono a gran voce, la sua eliminazione come mezzo di distruzione.
A quel tempo diverse domande si potevano porre, domande che, però, nessuno pensò di proporre: se è l'Uranio impoverito a causare queste patologie, come mai non si ammala anche chi passa la giornata a lavorare al tornio la punta d'uranio delle bombe? E poi, come fa un materiale debolmente radioattivo a causare patologie di organi non raggiungibili dalla debole radioattività? Ancora, come mai lo stesso materiale provoca alcune volte tiroiditi, altre leucemie, altre volte ancora diverse forme di cancro? E come mai si ammalano anche alcuni soldati nei poligoni di tiro dove, però, non si spara Uranio impoverito? E continuando, come mai esistono patologie simili fra persone (civili) che non sono mai andate in guerra? Perché scomodare inneschi diversi per patologie simili, ad esempio, cancro?
Nel dibattere quei quesiti, pensai che se era l'Uranio impoverito, con la sua pur modesta radioattività, a causare i problemi di salute, questo doveva necessariamente trovarsi nei tessuti patologici.
Cominciai allora ad analizzare alcuni tessuti di soldati ammalati o deceduti dopo la malattia che li aveva colpiti al ritorno dalle loro missioni.
Nei 42 casi esaminati di campioni di soldati (alcuni deceduti, altri ammalati e poi guariti), non mi accadde mai di trovare l'Uranio impoverito, ma qualcosa, a mio avviso, di più pericoloso: l'inquinamento bellico.
Che cosa significa? Quando bombe come quelle all'Uranio impoverito o al Tungsteno esplodono contro un bersaglio, sviluppano temperature molto elevate: più di 3000°C per l’Uranio, un dato che trovai in un rapporto redatto dalla base militare statunitense di Eglin, Florida, nel 1978, assai di più per il Tungsteno.
A queste temperature, tutto quanto si trova nell'intorno del punto di scoppio, viene fuso e vaporizzato. Si forma così un aerosol che viene disperso finemente in atmosfera, in ogni direzione.
Questa polvere finissima contiene tutti gli elementi che si trovavano all'interno dell'esplosione, però ricombinati in un modo che può essere anche completamente diverso da quello originale. Ad esempio, se si è colpito un carro armato, tutti gli elementi chimici che in questo erano presenti vengono fusi e ridotti a polvere finissima. I soldati si trovano in zone distrutte, devastate, dove, però, aleggia ancora questa polvere che non viene mai misurata e che può restare sospesa per tempi lunghissimi.
Una volta creato questo inquinamento, chimicamente e fisicamente impossibile da eliminare, non abbiamo strumenti per prevedere quando si depositerà al suolo e nemmeno dove lo farà, ma, una volta depositato sul terreno trasportato da pioggia e neve, basterà un minimo soffio di vento per risospenderlo di nuovo. In pratica, il comportamento di queste polveri è molto simile a quello di un gas e, dunque, come un gas vengono inalate ed entrano nei polmoni per uscirne entro poche decine di secondi e finire nel sangue.
Al momento, per loro non sono stati individuati meccanismi di eliminazione. Le barriere fisiologiche, compresa quella ematoencefalica che protegge il cervello, non riescono a trattenerle e a sbarrarne il cammino. Dunque, trasportate dal sangue, queste particelle finiscono in ogni organo o tessuto, dove sono trattate come corpi estranei e dove, per questo, danno luogo a forme infiammatorie croniche che hanno la possibilità, senza che questa costituisca una matematica certezza ma resta confinato alla probabilità, di trasformarsi in tessuti tumorali. Dato, poi, che queste polveri contengono pure tanti elementi chimici diversi, è ovvio che alcuni di loro, l’Arsenico, il Mercurio, il Piombo, ad esempio, saranno tossici per loro stessa natura e questa tossicità sarà ovviamente espletata a carico dell’organismo.
Corpi estranei di dimensioni così ridotte possono contaminare anche lo sperma, i cui campioni analizzati provenienti anche da alcuni soldati deceduti hanno mostrato queste presenze estranee che possono esercitare una tossicità locale sugli spermatozoi.
Ma la cosa più sorprendente che si è dovuta constatare è che, donando il seme alla partner, questa ne resta contaminata e sviluppa a livello vaginale piaghe sanguinanti molto dolorose, ribelli ad ogni trattamento farmacologico o chirurgico, una patologia nuova denominata “malattia del seme urente”.
Quindi, si deve constatare che l'inquinamento creato da bombe sofisticate, oltre ad essere inalato o ingerito mangiando, ad esempio, vegetali cresciuti nelle zone colpite, può essere "assimilato" e , ritornando a casa, trasferito alla partner, contaminandola. La malattia brevemente descritta trova la sua spiegazione se si considera che detriti essenzialmente metallici (Cobalto, Antimonio-Cobalto, Acciai, Piombo, ecc.) di dimensioni al di sotto del micron, a contatto con la mucosa vaginale e uterina, per la loro non biocompatibilità, inducono bruciori, infiammazioni e, nei casi più gravi, anche necrosi cellulare.
Occorre poi considerare che, mentre nel soldato la concentrazione di particelle nello sperma diminuisce ad ogni eiaculazione, la partner le accumula e si contamina sempre di più. La difesa americana consigliava ai propri soldati di non procreare per un anno (ora sembra che il consiglio sia esteso a 3 anni) dopo il ritorno dalla missione. Questa precauzione, tuttavia, non risolve il problema, poiché, se il seme contaminato rimane in situ, ha la possibilità di estrinsecare la sua tossicità sia sugli spermatozoi sia sui tessuti circostanti, mentre se viene donato, il paziente se ne libera ma contamina la partner. Un'eventuale fertilizzazione, poi, avverrebbe in un sito contaminato e non si può assicurare che l'embrione risulti sano.
La cosa più sicura e consigliabile è, allora, evitare contatti con quello sperma usando un preservativo.
Questa precauzione deve essere suggerita subito, perché non deve essere consentito di portare la guerra in casa senza che il padrone di quella casa ne sia consapevole e conceda la propria autorizzazione.
Ricordiamo il numero di conto corrente per la sottoscrizione in favore delle vittime dell'Uranio Impoverito:
conto corrente postale n. 78931730 intestato a Franca Rame e Carlotta Nao
ABI 7601 - CAB 3200 Cin U"

Commento postato da Sergio (“Memorie) il 2.6.07 -
"Da qualche tempo gli organi di informazione (radio,giornali,televisione) hanno preso l'irresponsabile abitudine di riempirci di "notizie sensazionali" che non fanno altro che generare tra la gente timore e panico, creando altresì gravi danni al commercio e all'industria, e modificando le abitudini della gente. Pertanto, mentre è corretto conoscere la realtà sui pericoli che corrono coloro che agiscono in zone di guerra, è assolutamente idiota spaventare i cittadini solo per vendere di più. Pensate, solo per fare un esempio recente, ai danni che si sono creati con l'allarmismo per la "mucca pazza" o per l'influenza "aviaria". Ora esce l'ennesima imbecillità sulle polveri di cocaina diffuse nell'aria. A parte il fatto che la quantità di droga che spesso si trova sul denaro che maneggiamo è di gran lunga superiore, e che la cosa non provoca alcun rischio perchè nessuno di noi mangia gli euro, nessuno vi ha informati che dovreste vivere e respirare per ben 20.000 anni prima di assorbire una, dico una, dose di cocaina dall'aria!"
Julien (scienziato) risponde a Sergio il 4.6.07:
"Caro Sergio
conosco un poco questo problema delle nanopolveri che viene ad essere agitato da qualche anno negli ambienti scientifici. Personalmente sono più propenso ad attribuire all'uranio stesso (che è dannoso per l'organismo anche a prescindere dalla carica radioattiva)la sindrome balcanica. Certamente la situazione logistica dei soldati in quei posti pone anche un altro problema: le distruzioni dei bombardamenti hanno riguardato anche centrali elettriche, depositi di munizioni, industrie chimiche, depositi di carburante e quant'altro di pessimo si possa immaginare, liberando in aria ogni sorta di sostanze nocive, in concentrazioni che si devono per forza essere mantenute per mesi molto al di sopra di qualunque standard di sicurezza, senza contare la contaminazione del suolo (e quindi delle culture) e quella delle falde acquifere. In tali condizioni non è difficile immaginare che le tante componenti ambientali negative abbiano esercitato un sinergismo (cioè un reciproco potenziamento degli effetti) con l'uranio stesso. Non sono d'accordo con l'idea che le nanopolveri possano risollevarsi per azione meccanica. Anche se alcuni scienziati sostengono questa tesi, io penso che si tratti di una pseudo-teoria, asservita a chi, per politica (e cioè per non fare nulla), vuol sostenere la non risolvibilità del problema. Il fatto è questo: le particelle sospese rimangono in aria per tempi lunghissimi (molti mesi) perché hanno una carica elettrica che ne impedisce l'aggregazione (cioè si respingono ed è come se rimbalzassero le une contro le altre). Questa carica però viene neutralizzata nel tempo perché si verificano trasferimenti di carica alle molecole dell'aria o perché si incontrano molecole di carica opposta, particelle, pareti o ioni o quant'altro che le neutralizzano. A questo punto le nanoparticelle si aggregano, raggiungono dimensioni critiche e precipitano al suolo per forza di gravità. Non è pensabile che il calpestìo o il passaggio di veicoli eserciti una forza puntuale sufficiente a disaggregare il pulviscolo. La polvere alzata dal vento o dai veicoli può contenere tante schifezze ma è grossa (cioè vari millesimi di millimetro) e ricade rapidamente o, se respirata, si ferma alle prime vie aeree (naso, bronchi), senza raggiungere gli alveoli polmonari che sono il punto di scambio tra l'ambiente ed i fluidi organici. In altre parole ciò che non raggiunge gli alveoli viene espulso dall'organismo per via meccanica e non fa danno.
Per quanto riguarda la cocaina hai perfettamente ragione. Se la massima concentrazione trovata è di un decimo di nanogrammo per metro cubo (un nanogrammo è un miliardesimo di grammo)occorrono cento milioni di metri cubi d'aria per fare i dieci milligrammi che corrispondono ad una singola "sniffata" di un consumatore molto "moderato". Ognuno può fare i suoi conti ma il risultato è comunque che chi pensasse di farsi una bella sballata facendo jogging per villa Borghese resterebbe deluso.
Julien"

I Link che aggiungo come ampliamento sono:
“Unimondo.org”: articolo del 28 febbraio 2006;
e “INDICIUS: Not war for oil!”, menzionato in apertura post (se non altro guardate le foto, se vi siete stancati di leggere!)
Concludo: La vita è la nostra!