11 marzo 2008

^^^^ Roma, 7 marzo 2008 ^^^^


Dora Salinas aveva corso nell’attraversare il viale, sui tacchi degli stivali, sgattaialondo veloce tra l’arrivo d’un auto e l’altra. Era giunta alla vettura posteggiata accanto al marciapiede con la borsa di traverso. Appena sul sedile, con lo sportello ancora spalancato, aveva sommariamente controllato che nulla le fosse balzato fuori dalla sua tracolla rossa sempre aperta e gonfia di cose infilate. Un’occhiata superficiale a cui era sembrato che nulla mancasse, quindi aveva chiuso la portiera ed era ripartita.

Erano giorni che s’affannava in corse contro il tempo che incalzava, con la testa zeppa di roba da non dimenticare. Un sospiro... aveva appena ritirato dall’amministratore la documentazione cartacea che le serviva. Fino al Circo Massimo era dovuta arrivare!
Adesso era la volta del bancomat, aveva solo pochi centesimi nel portamonete, poi doveva ricordarsi di fare benzina. Guardò l’orologio, mancava mezz’ora alla lezione di Pilates in palestra… sì, ce l’avrebbe fatta.

Soddisfatta per la riuscita degli incastri, nel giusto orario aveva varcato l’entrata della palestra e afferrato un tappetino, iniziando l'allenamento.

Ascoltava intenta il corpo e il funzionamento dei suoi muscoli nella piena concentrazione della prima metà della lezione, quando fece improvvisamente ingresso nella sala una delle promoter della palestra che, brandendo un cordless e scavalcando i corpi stesi a terra, chiese: “Qui fra voi c’è Dora Salinas?”
Disorientata Dora si volse, per qualche attimo riflettè all’inaspettata domanda, poi si scosse:
“Sono io!”.
Si alzò per andare incontro alla ragazza che le porgeva il telefono.

- Pronto?
- Mamma!? Hai perso il cellulare?
- Il cellulare? …no! …non penso!
- Sì, mamma, lo hai perso! L’ha trovato un signore, è uno straniero. Ha chiamato Cinzia, non so come e perchè proprio Cinzia! Lei ha provato a telefonare a casa, ma io non ero ancora tornata. Quindi sua figlia ha avvisato Elena appena è uscita di scuola, ed Elena ha chiamato me. Ho cercato il numero della palestra per rintracciarti! Sei veramente fortunata! Hai trovato una persona onesta… È al Circo Massimo, ma ha detto che adesso prenderà la metropolitana e tornerà a casa, a Ostia. Che vuoi fare? Gli dico che andrai a Ostia?
Dora, confusa, cercava di riordinare le idee, si avvicinò alla sua borsa appoggiata in un angolo sul parquet, e vi guardò dentro. Il cellulare non c’era.
- Sì… è vero, non ho il cellulare… a Ostia? Eh, va bene, andrò a Ostia… Accidenti!
- Allora? Che faccio? Dai! Lui deve prendere la metropolitana per tornare a casa!
- Aspetta! …Sta andando alla metropolitana? Allora digli se per piacere può scendere alla fermata di S. Paolo, io fra 10 minuti sarò lì. Accendo l’altro cellulare, richiamami per dirmi che cosa ti risponde.
In fondo alla borsa Dora aveva un vecchio cellulare che usava raramente. Lo accese.
Gli occhi che prima erano socchiusi e sdraiati sui tappetini, ora erano tutti puntati su di lei. Si giustificò: “Ho perso il cellulare!”

Qualcuno replicò: “E quello?”
- No, questo è uno vecchio, che non uso…
Raccolse tutta la roba e si defilò nello spogliatoio. Squillò il vecchio cellulare.
- Mamma, sei proprio fortunata! È una persona buona e onesta! Veramente una persona gentile! Sta andando a San Paolo per riportarti il cellulare!
In un battibaleno aveva di nuovo i vestiti addosso, e in un lampo era in auto diretta alla Basilica di S.Paolo. Quando si fermò, provò a comporre il proprio numero dal vecchio cellulare con la batteria già scarica. Squillò a lungo, un tempo interminabile. Infine una voce pacata, bassa, dal timbro straniero le rispose.
Dora improvvisò.
- Salve! Sono la proprietaria del cellulare che ha trovato…

- Signora… non si preoccupi… sto arrivando, sto arrivando… Cinque minuti… signora, cinque minuti e sono lì. …Sono a fermata di Garbatella. Cinque minuti, signora.

- Va bene, grazie!

Dora Salinas entrò nell’atrio della Metropolitana. Si avvicinò alla barriera, e pensò che non sapeva come riconoscere quell’uomo. Sentì il rumore del treno che giungeva da Garbatella. Ormai stava per scendere.
Vide arrivare molte persone dalla scala mobile, pensò di richiamare per riuscire a individuarlo tra la gente. Dopo molti squilli sentì la voce straniera spazientita:
- Signora… Ecco… Ora!
- No, la sto chiamando perché non so come riconoscerla…
La batteria del vecchio cellulare cedette e si spense.

Guardò le persone che a frotte arrivavano verso la barriera, cercò d'individuare volti stranieri. Sarà stato bianco o di colore? L’intuito le suggeriva bianco. Mentre osservava i volti che giungevano di fronte a lei, vide un uomo che lentamente abbassava il braccio, prima sollevato verso l’orecchio, e lo infilava in tasca. Fissò lo sguardo su di lui, gli puntò gli occhi negli occhi impunemente, lui si lasciò catturare dalla traiettoria visiva ma con perplessità. Dora invece fermò lì il suo sguardo, in quegli occhi di sconosciuto, senza distoglierlo all’avvicinarsi dell’uomo. Quando lui le fu ormai vicino, con sicurezza esclamò: “È lei!”.

Lo sguardo serio dell’uomo per un attimo divenne quasi divertito.
Prima di risponderle una pausa ancora, poi, nell’inizio d’un sorriso replicò: “No!”, burlandosi con gioco dell’audacia di Dora.
- È lei! -, ripetè Dora sorridendo certa.
- È questo? - chiese lo straniero estraendo dalla tasca il suo piccolo trofeo, dando continuità al breve gioco di scambi.
Dora lo prese incredula dalla mano dell’uomo, chiedendo notizie anche dell’involucro. Lui aprì l’altra mano, mostrandole la custodia rossa.
- Ah, grazie! Grazie mille! È stato veramente gentile, non so come ringraziarla! Cosa posso offrirle? Non so come sdebitarmi!
- Signora, non importa. È stata fortunata! Ho visto che aveva molti numeri in rubrica, come faceva se lo perdeva?
- Sì, infatti! Per questo vorrei ringraziarla… Accetta dei soldi? Una ricarica per il suo cellulare? Come posso fare?
L’uomo sorrise, scosse la testa, la prese sottobraccio conducendola fuori dall’atrio della metropolitana.
- Venga, Signora, cerchiamo un fioraio, con soldi compriamo due rose, una per lei, una per sua figlia… Domani è 8 marzo, festa della donna, sono io che devo offrire a lei!
Dora, che si era lasciata condurre, quando comprese sottrasse il braccio, pronta replicò:
- Ah, no! Allora le offro un caffè! Un caffè lo accetta? Ecco, lì c’è un bar!
- Va bene, un caffè sì.

Entrarono, Dora ordinò.
Aspettando i due caffè presero a dialogare.
- Dove ha trovato il cellulare? M’era caduto mentre correvo!
- Era vicino al marciapiede, accanto a un auto posteggiata. La mia borsa era lì per terra, così. Poi aperto, e visti tanti numeri in rubrica… Fortunata signora, qualcun altro lo avrebbero potuto tenere! …Io invece non ho molta fortuna…
- Non ha fortuna? Da quanti anni è qui?
- Dal 2000, qui lavoro, sono solo…
- È solo? La sua famiglia è al suo paese?
- Sì, in Romania… Ho una figlia…
- Quanti anni ha?
- Il 28 marzo fa 23 anni…
- Ah, è dell’ariete, come me! Si intende dei segni zodiacali?
L’uomo cambiò espressione, forse non aveva capito, ebbe un impercettibile dondolìo del capo, come un dissentire. Dora restò a guardarlo, lui riprese a parlare:
- Gli uomini rumeni come me, di 50 anni, o 45, o 40, hanno studiato molti anni, 20’anni. In Romania, con regime comunista, c’era obbligo di studiare tanto! Se io non andavo a scuola, veniva polizia ad arrestare mio padre… Oggi i ragazzi rumeni di 19, 20 anni, non sono come noi uomini più grandi, loro guardano ai paesi dove c’è democrazia… Ma non tutto ciò che c’è in democrazia è buono…
Dora osservava il volto dell’uomo, volto segnato, ma mite. Gli occhi e la fronte esprimevano amarezza. Sembrava volerle trasmettere tanti pensieri, seppure le parole divenivano sintesi in una lingua che non gli apparteneva. Sembrava volesse dirle di non ritenere che i rumeni fossero cattivi, sembrava voler lavare, con la dolcezza dei suoi gesti, le idee infamanti scatenatesi sul proprio popolo. Lui aveva trovato un cellulare, lo aveva restituito.
Lei lo sapeva, e sapeva che quell’uomo aveva fatto molto più di ciò che avrebbe intrapreso qualsiasi altra persona della sua città. Addirittura glielo aveva riportato dopo essersi prodigato per rintracciarla.


Avrebbe voluto regalargli un dolce, c’era una pasticceria lì accanto, glielo propose, ma lui di nuovo rifiutò:
- Se dico no, resta no. Non insista - le rispose col sorriso.

- Va bene, smetto.
Si avviarono verso l’entrata della metropolitana in silenzio. La varcarono. L’uomo si volse verso di lei porgendole la mano.
- Signora, la saluto.
Dora gliela strinse forte sorridendo grata.
- Aspetti! Non so il suo nome! Come si chiama?
- Gheorghe. Giorgio…
- Le auguro buona fortuna, Gheorghe…

12 commenti:

danDapit ha detto...

NOTA-
Mi è piaciuto scrivere questo racconto così, in terza persona, protagonista: Dora Salinas.
Il racconto è un fatto accaduto realmente, a danDapit, il 7 marzo!
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Lara ha detto...

Bellissimo racconto .. di vita reale.

Credo sia importante raccontare amche le cose buone, oggi più che mai.

Un caro saluto.

daniela ha detto...

Non avevo dubbi che fosse accaduto a te. Ti ho riconosciuta nella borsa sempre aperta e in molte altre cose. E poi è un episodio che, non so perchè, ti si addice.

Quest'uomo mi ha commosso, guarda. Da quello che hai scritto sfido chiunque a non provare affetto e ammirazione per lui.

Ma solo a me è capitata la badante rumena disgraziata? :-)

Pippi ha detto...

Sì. L'ho pensato anch'io da subito che fosse una "storia vera", una bella storia. Ciao Arietina.

Pippi ha detto...

A proposito Dora Salinas sa di sardo ... un po' di sangue sardo nelle vene per caso? ;)

danDapit ha detto...

@Dama Verde
Ciao! Bentornata!
Sì, le cose buone vanno raccontate, hanno bisogno di spazio e di VALORE!
Un sorriso, grazie, e a presto!

@Daniela
Non valeeeeee!!!
Tu mi conosci troppo bene e mi sgami subito, non è giusto!!!
Figurati, la borsa aperta!!! Chi è che va in giro con la borsa aperta? Io, sfaticata, noncurante, disordinata!
Sempre: "Scusi, ha la borsa aperta...!"
e io: "Lo so"
Gli altri gentili, io sbuffona! ^___^

Sì, mi si addice, eh eh!!
Scherzi a parte... quell'uomo ha commosso anche me...e tanto l'ho pensato che ...puff! l'ho rincontrato! Incredibile, eh?
Bacione!

@Giulia
Ciao Cara!!!
Finalmente qualcosa di bello da scrivere, no? ;o)
... Dora Salinas è inventato, ho usato il cognome di una compagna delle elementari, figurati, niente po' po' di meno!! E il nome era di un'altra compagna, sempre classe elemetare! ah ah!
Non ho sangue sardo nelle vene, ma veneto!
E sono dell'Ariete... sì! Cocciuta e mirante a muri da sfondare. In mancanza di cinta murarie medioevali...Cosa vorrò buttar giù e aprire a tutti i costi???
=__=

Baciotti!!

lauraetlory ha detto...

Cara Dandapit, non sei la sola a girare sempre con la borsa aperta e piena di roba. Io sono parecchio imbranata, per esempio, pero' riesco a non perdere mai niente.
Il racconto e' bello ed esprime esattamente cio' che tutti dobbiamo tenere sempre a mente: dietro ai nomi, alle categorie, alle etnie ci sono sempre e solo persone. Persone buone, persone meno buone, persone che hanno fiducia nel mondo e persone che la fiducia hanno dovuto perderla.
Mai giudicare nel blocco, meglio ancora: mai giudicare. E lo dico soprattutto a me stessa perche' la tentazione del gregge e' sempre forte e la lotta per mantenere il proprio punto di vista va sostenuta giorno per giorno. Anche grazie a post come questo.
Laura

danDapit ha detto...

@LauraetLory
Ciao Laura! mi fa sempre un gran piacere trovarti!
Grazie per ciò che dici... Sì, infatti, era una storia da raccontare, se non altro come "portavoce" del disagio d'uno straniero che vive con la disagevole consapevolezza d'essere uno straniero!
Oltre al fatto che il suo modo d'agire è stato la mia "buona stella"!
(E ieri in palestra m'hanno chiesto come era andata col cellulare, e quando hanno saputo persino il particolae del suo desiderio d'un augurio floreale per me, donna, verso l'8 marzo... Tutti sono scoppiati in esclamazioni di meraviglia e stupore incredulo!)
...
per la borsa aperta, meno male che non sono l'unica!! ^___^
Un abbraccio!

Pier ha detto...

Una storia così semplice, naturale ed umana che non sembra nemmeno reale... O quantomeno sembra una storia d'altri tempi.
Sei stata fortunata a poterla vivere!

danDapit ha detto...

@Pier
Una storia vera... e mi fa molto piacere che tu l'abbia letta nonostante la tua latitanza!
"D'altri tempi"?...sai, mi viene in mente che una volta nelle campagne esistevano "i Briganti", con tanto di fucile/lupara... Anche in altri tempi esisteva l'onestà e ..."il darsi alla macchia"! ^__^

Baxone!

Daniele Passerini ha detto...

Ciao Danda, finalmente mi ritaglio un po' di tempo per tornare sul tuo blog con calma!

La prima cosa che ho pensato leggendo "Roma, 7 marzo 2008", sin dalle prime righe, è che si trattava di una storia vera accaduta a te. L'intuito non è una prerogativa esclusivamente femminile.
Si dice che la realtà supera l'immaginazione ma per quella che è la mia esperienza il comportamento di questo rumeno, oltre a essere vero, sarebbe stato in ogni caso del tutto verosimile. Mi è capitato di dare una mano (mettendola al portafoglio) a persone straniere e a persone italiane che versavano in difficoltà; ho scoperto così che - in generale - gli immigrati hanno un'onesta e integrità che in Italia pare venuta meno da una o due generazioni. Troppi Italiani di oggi tendono ad essere più furbi che onesti... e non sono certo un bel modello per chi arriva qui per la prima volta.
Come noi negli stati uniti non portammo solo la mafia ma soprattutto la nostra creatività ed intraprendenza, così oggi dall'Est e dall'Oriente non arriva solo la delinquenza (che finisce sempre in prima pagina) ma certamente in primis linfa nuova per la nostra società malata di benessere... ma questo non fa notizia! :)

danDapit ha detto...

@Daniele Passerini
Ciao Daniel!!
E bentornato da queste parti!!
Ciò che scrivi è interessante come riflessione sai?
Mi piace pensare che ciò che portarono gli italiani negli States fu la creatività e l'intraprendenza, e vedo che il paragone che fai non solo è assai calzante, ma, appunto, porta a riflettere sull'evoluzione del nostro popolo a contatto col benessere!
I film neorealistici in bianco e nero, ormai sembrano raccontare la vita di un'Italia d'un secolo e passa fa, invece che solo di poco più di 50'anni fa!

;-*