Una lettera dall'Abruzzo
Posto una mail che mi è giunta stamattina da amici collegati all'Abruzzo.
E' stata scritta un mese fa, probabilmente ha viaggiato, ha cercato di essere pubblicata da qualche giornale, mi è stata inoltrata con in appendice la data di ieri:
"Oggi è il 26 maggio 2009 e nulla è cambiato rispetto a prima. Anzi, la situazione è peggiorata."
Si può immaginare che al freddo d'un mese fa si sia ora sostituito un caldo insopportabile nel non riparo, e che la disponibilità d'animo alla pazienza espressa con sforzo in questa lettera si sia ormai trasformata in giusta collera.
Care/i tutte/i,
vi invito a leggere questa vera testimonianza e lucida analisi su come vanno le cose in Abruzzo ( a L’Aquila )…post sisma.
Lettera di Laura:
Ciao a tutti.
Oggi è il 20 aprile 2009. Per molti Abruzzesi lo sguardo è congelato all'alba del 6 aprile 2009. Io fisso il mio sull'ennesimo sorriso paterno e rassicurante del nostro Presidente del Consiglio, che campeggia sul paginone centrale de Il Centro, quotidiano locale e che ancora una volta (pure quando un minimo di decenza richiederebbe moderazione), fa sfoggio di capacità ed efficienza facendo grandi promesse nella speranza che si dimentichi il prima possibile (si sa gli italiani hanno memoria moooolto corta), che fino al 5 aprile nel meraviglioso piano casa che si intendeva varare a imperitura soluzione della crisi economica, di norme antisismiche non vi era nemmeno l'ombra.
Vi scrivo da Colle di Roio (AQ) uno dei paesini colpiti dal sisma del 6 aprile 2009. Il mio paese.
Trovo molto difficile fare ordine nel turbinio di pensieri che mi gonfiano la testa, ma scrivo questa nota perchè credo che solo uno strumento quale la rete permetta di conoscere altre verità, senza mediazioni.
Il nostro campo è abitato da circa trecento persone, distribuite in una quarantina di tende. Tornati da una vacanza mai iniziata, abbiamo cercato di dare un contributo alle attività di gestione della tendopoli che, nel frattempo, (era passata già una settimana dall'inaspettato evento), era andata sviluppandosi.
Non sono un tecnico, nè ho una qualche esperienza di gestione logistica in situazioni d'emergenza, e quanto vi racconto può essere viziato da uno stato di fragilità emotiva. A fronte di uno sforzo impagabile profuso da molte delle persone presenti nel nostro campo, (volontari della protezione civile, della croce verde/rossa, vigili del fuoco, forze di polizia etc...), inarrestabili fino allo sfinimento, ci siamo trovati, o sarebbe meglio dire ci siamo purtroppo imbattuti, nella struttura ufficiale della Protezione Civile stessa e nel suo sistema organizzativo.
La splendida macchina degli aiuti, per quanto io abbia potuto vedere e verificare, poggia le sue solide e certamente antisismiche basi, sulle spalle e sul coraggio e la tenacia dei volontari; il resto dà l'impressione di drammatica improvvisazione. E non perchè non si sappia lavorare o non si abbiano strumenti e mezzi, ma perchè si è semplicemente e irresponsabilmente sottovalutato il problema fin dall'inizio.
Se vero che il terremoto non è prevedibile è altrettanto vero che tutte le scosse precedenti (circa trecento più o meno violente prima dell'inaspettato -si può definire "inaspettatato"?- evento) dovevano rappresentare un serio monito. Non è servito invece che due settimane prima del sisma alcuni palazzi presenti in via XX settembre a L'Aquila, miseramente sventrati poi, fossero già stati transennati in seguito a scosse che s'erano susseguite fino a quel momento (la più alta di 4° grado, poca cosa!) e che avevano fatto cadere parte degli intonaci e dei cornicioni.
Una persona a capo di una struttura così grande quale la "Protezione Civile" (la definizione è solo un "titolo"?) non sa far scattare in sè uno stato dall'erta, non reagisce? Non avrebbe dovuto schierare i propri uomini alle porte della città, come un esercito, pronto a qualsiasi evenienza?
Al contrario mi trovo a dover raccontare che le prime venti tende del nostro campo se le sono dovute montare i cittadini del paese (ancora stravolti del sisma), con l'aiuto di una manciata di instancabili volontari, che manca un coordinamento tra i singoli gruppi presenti, che la segreteria del campo (che cerchiamo di far funzionare), è rimasta attiva fino a ieri con un Pc portatile di proprietà della sottoscritta acquistato "sia mai dovesse servire", e con quello di un volontario; che siamo stati dotati di stampante e telefono ma per la linea Adsl stiamo ancora aspettando, e quello che siamo riusciti a mettere in piedi è merito dell'intelligenza e capacità di qualche giovane del posto e dei suoi strumenti tecnici; che abbiamo dovuto chiamare chi disinfettasse e portasse via mucchi di vestiti perchè arrivati sporchi e non utilizzabili; che fino a dieci giorni dal sisma avevamo un rubinetto per trecento persone, nessuna doccia, circa 20 bagni chimici e nessun tipo di riscaldamento per le tende.
Vi ricordo che in Abruzzo, e a L'Aquila in particolare, la primavera fatica ad arrivare e che durante queste notti la temperatura continua ad essere prossima allo zero. Non ci si può quindi stupire che molte persone, la maggior parte delle quali anziane (e non tutte con la dentiera), cocciutamente ed in barba alle direttive che vietano di rientrare nelle case, continuino a fare la spola dalla tenda al bagno di casa.
Potreste obbiettare che tutto sommato e visti i risultati raggiunti nel seguire più di quarantamila sfollati questi problemi sono inevitabili e bisogna solo avere pazienza. Condivido il ragionamento.
Quello che mi lascia stupita, e che la gente non sa e che gli organi di informazione si guardano bene dal dire, è che tutta la macchina si basa all'atto pratico, sulla volontà e il cuore di persone che lasciano le loro case e le loro famiglie e che, non pagate, cercano di ridare un minimo di dignità e conforto a chi, a partire dalla propria intimità, ha perso tutto o quasi.
La protezione civile che molti immaginano (alla Bertolaso per intenderci) non esiste nei campi, almeno non nel nostro. I volontari si alternano, perchè obbligati ad andarsene dopo circa 7 giorni.
Cosa comporta tutto questo?
Che ogni settimana si vedono facce nuove con la necessità di ricominciare a conoscersi ed imparare a coordinarsi, che il Capo Campo cambia con gli altri e quindi può avere esperienza o meno, che spesso, ed è il nostro caso, la gestione di alcune attività è affidata ai terremotati perchè non viene inviato personale apposito, con inevitabili problemi quali invidie acrimonie e litigate tra...poveri.
Un esempio cristallino della disorganizzazione?
La nostra psicologa, giunta al campo per propria cocciuta volontà, è rimasta anche lei solo una settimana. Vi immaginate quale può essere l'aiuto e il sostegno che una persona addetta può dare e quale fiducia può riscuotere per permettere alle persone d'aprirsi se cambia con cadenza domenicale? A questo si aggiungano l'inesperienza di molte persone (spesso e per fortuna sconfitta dalla volontà di far bene) e le tristi e umilianti dimostrazioni di miseria umana che ci caratterizzano e che risultano ancora più indecenti e inaccettabili in casi di emergenza.
Qualcosa di buono però l'ho imparato.
Ho imparato che per la richiesta di materiale devo inviare un modulo apposito e che a firmare lo stesso non deve essere il capo campo, la cui responsabilità, fortuna sua, è solo quella di gestire trecento vite, trecento anime, più tutti coloro che ci aiutano dalla sera alla mattina, ma serve il visto del Sindaco, oppure del presidente di circoscrizione oppure di un loro delegato (pubblico ufficiale).
Noi, dopo aver speso due giorni per individuare chi dovesse firmare questi benedetti moduli, sappiamo che dobbiamo prendere la macchina e quando serve (ovviamente più volte al giorno), raggiungerlo al Comune.
In ultimo.
Due giorni fa la Protezione civile si è riunita con gli esperti, ed ha ritenuto che non vi siano motivi di preoccupazione relativamente alle dighe abruzzesi (la terra trema ogni giorno). Ricordandomi che analoga sicurezza era stata espressa all'alba di una scossa di quarto grado pochi giorni prima che l'inaspettato evento facesse trecento morti e azzerasse l'economia e la vita di migliaia di persone, ora ci sarebbe da compiere, forse non elegantemente, il noto gesto scaramantico.
Umanamente dei regali li ho ricevuti.
Sono le lacrime di molte delle persone che hanno lavorato alla tendopoli, trattenute a stento nel momento dei saluti; sono le parole e gli sguardi dei vecchi del paese, che mescolano dignità e paura, coraggio e rassegnazione, senza mai un lamento.
Prego chiunque di voi possa, di prendere il treno l'aereo o la macchina e di farsi un giro per L'Aquila e dintorni. Le tendopoli non sono tutte come quelle a Collemaggio. Scoprirete il livello di falsità che viene profuso a piene mani dagli organi di comunicazione oramai supini, e del livello di indecenza del nostro presidente del consiglio che prima con lacrime alla cipolla e poi con sorrisi di plastica distribuisce garanzie e futuro a chi, vivendo in tenda e saggiando sulla pelle la situazione sa, che sono tutte false menzogne, favole per gli ingenui.
I morti sono serviti subito per mostrarsi umano e vicino alle famiglie, ma ora è meglio dimenticarli in fretta. Via via...nessuna responsabilità, nessun dolo. I pm sono dei malvagi... ricostruiamo in fretta... forza, la vita è bella, vedrete, tra un mese sarete tutti a casa... Conoscete i nomi delle famiglie che doveva ospitare nelle sue ville?
Le virtù umane travalicano gli eventi, le sue miserie non hanno confini.
Prego fortemente di inviare questa mail a quanti vi sono amici. La stampa nazionale si è guardata bene dal pubblicarla.
Un saluto a tutti.
Laura
Oggi è il 26 maggio 2009 e nulla è cambiato rispetto a prima. Anzi, la situazione è peggiorata.
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