06 marzo 2007

RiSPosTa ai CoMMenTi su °° LA RUOTA E IL FRENO "COINCIDONO" °°


Mi ero accinta a rispondere ai commenti sul post de "La ruota e il freno coincidono" sull'apposita pagina (comment page), quando mi sono resa conto che la scrittura diventava corposa, articolata e lunga... Da qui la decisione di trasformare la risposta in un Post, per prendere agevolmente più spazio, e sviluppare la tematica che ne è scaturita.
Le interpretazione sono varie e in ciascuna sento di rispecchiarmi, e da ciascuna ho preso per me qualcosa! Così, per rispondere alle varie interpretazioni, farò un collage dei vostri commenti agganciandomi a ciascuno, e creando nell'insieme un tessuto patchwork che, intrecciando Ruota e Maschera, crea nel suo complesso un nuova strada, altrettanto affascinante!

Da CasaRussia prendo:
”Ognuno di noi è qualcosa di unico e irripetibile e di conseguenza di incomprensibile a qualsiasi essere esistente in quella che è la nostra totalità. La nostra trasparenza a volte non è tale neanche a noi stessi figuriamoci al prossimo. Il prossimo avrà sempre una vaga idea di quello che abbiamo dentro ma questa non sarà mai completa, resterà sempre leggermente torbida. E non per un difetto di qualcuno ma semplicemente perchè va al di là della comprensione umana."


Sono molto d’accordo! E devo dire che, dopo aver pubblicato il post, ho avuto un’illuminazione sul significato di questa frase, che si avvicina a tratti, e a volte coincide, alle riflessioni raccolte dai commenti.
Come dice Grig: La nostra trasparenza a volte non è tale neanche a noi stessi figuriamoci al prossimo. Il prossimo avrà sempre una vaga idea di quello che abbiamo dentro ma questa non sarà mai completa”,
sì, e non può esserlo! Siamo persone in eterno mutamento…come una ruota che lentamente gira, come la vita che va sempre avanti… E' difficile afferrarci da dentro, e chi è fuori può cogliere un piccolo aspetto di noi, ma mai nella profondità completa.

E mi riallaccio all’ANONIMO che ha detto:
a me piace la foto in cui sei semi nascosta dalla foglia secca...sembra che quella foglia stia li' apposta per celare, o meglio, per difendere ...

Questo è vero di me. Non penso però sia solo una MIA verità!
C’è una verità nel fatto che ciò che ci poniamo “davanti” serva a difendere… Velo, filtro, foglia o maschera?, per difendere una parte di noi che, percepita fragile, se viene esposta, vediamo in pericolo…
Ma volte non è neppure per “fragilità” che difendiamo; piuttosto -invece- perché sentiamo che è giusto non svelare tutto di noi! Ciò non equivale -però- all'adottare maschere!

E da Pier prendo:
“Decisamente direi che non dai interpretazioni superficiali, in quello che scrivi e pensi, e quindi in sostanza in come vivi. Mi sembra che osservi attentamente le cose che ti circondano e come dici tu stessa hai la vocazione ad allargare le tue conoscenze e i tuoi confini.
…La frase in questione credo spieghi il destino di uno spirito profondo, in continuo conflitto con sè stesso e alla ricerca di cose che spiriti superficiali non immaginano... e quindi sembra diverso, sembra indossare una maschera dai lineamenti indefinibili, che possono spaventare. Per questo, paradossalmente, lo spirito superficiale e sensibile è costretto a portare una maschera per potersi far riconoscere...”

Sì, a volte finisce che una spirito troppo sensibile si ponga una maschera davanti, un filtro, un velo, una foglia? Però, andando a scavare, non è una maschera che utilizza unicamente per gli altri, probabilmente è una maschera che, nella fragilità, lascia emergere anche per se stesso… Per poi, riflettendosi sugli altri, comprenderlo e quindi passare nuovamente allo smascheramento.
Uguale al processo della ruota che gira e poi si arresta; uguale alla vita che va tra espansione e contrazione, tra dinamica e blocco, tra maschera e smascheramento.

E tutto ciò, giungendo ad un traguardo di percorso, mi ha donato una visione aggiunta, capendo che molte volte mi sono ritrovata addosso maschere affibbiate dagli altri.
E questo penso accada a tutti!
Maschere adattate al nostro viso, ovvero “proiezioni” da parte di chi ci è di fronte: a seconda di come ci vive in base alla propria indole, o limiti, o paure. C’è chi mi ha odiato per questo. C'è chi è convinto che sia una "falsa".
Buffo per una che desidera essere una "pura"! O forse è giusto così!

Perciò mi rendo conto che essere integralmente me stessa non significa non avere maschere per gli altri!

E quindi arrivo a Lucia:
“Come ruota non indosso maschere. A volte lucido i raggi o cambio il copertone che avvolge la camera d'aria, ma non potrei nascondere la mia forma a disco.
"Ogni uomo mente - diceva Oscar Wilde - ma dategli una maschera e sarà se stesso".
E allora penso che per continuare a essere ruota, forse farei meglio a mascherarmi da freno.”

Rispondendo ad Oscar Wilde: No, non voglio una maschera per essere me stessa.
Però, tornando alla riflessione di Grig, non sarò mai vista come realmente sono, e io stessa continuerò a stupirmi nello scoprire cose di me in netto contrasto con ciò che tempo addietro opinavo, quasi a smentirmi, o a dover pensare di me di essere stata bugiarda e ambigua nel mio intimo! Sì, d'aver indossato una maschera nella mia anima!


E ancora, da Daniela:

Ultimamente mi viene da pensare che se è vero che tutti portiamo delle maschere, è anche vero che ce le scegliamo con un certo criterio... così che spesso dalla maschera si può evincere quel che sta sotto.”

Una maschera che si adatta al viso, che ne prende le forme, che corrisponde all’anima, che lascia trasparire, per poi annebbiare…
Da tutto questo comprendo che dentro, nel profondo, siamo poliedrici, e nel cercare una coerenza con noi stessi, una sincerità e verità, nel ricercare di essere se stessi, la maschera non è qualcosa di vile, bensì una metamorfosi naturale che a volte ci copre come il momento in cui il bruco deve divenire farfalla…
L’importante è non cercare la maschera, ma passarci attraverso…!

Rispondendo a K:


A dire il vero Giuliana aveva avuto un’iniziativa carina per quel Natale, e sulla tavola aveva posto una ciotola con dei biglietti da pescare a sorte. Ogni biglietto conteneva una citazione di vari autori. A me capitò quella di Nietzsche. Non erano segnaposti già preparati in stile commerciale… E l’idea creava un diversivo per alleggerire l’atmosfera di un pranzo natalizio tradizionale, che a volte ha anche sapore amaro e forzato…
E' pur vero che Nietzsche non sia interamente apprezzabile, come è vero che fosse un narcisista che ha lavorato per creare una maschera intorno a sè, però nel caso del Natale a casa di Giuliana, non c'era la ricerca d'un mito tra i biglietti e i segnaposti!
E caro il mio "Che", finito sulle magliette! Non penso fosse un suo obbiettivo! Ma quando viene creato un mito… Le immagini vanno a ruba!
(Quella nella foto sono io, al di sotto di un'immagine del "Che" in una casa dell'entroterra sardo, prestata da amici sardi)

Seguendo le parole di Assu:
Neppure a me piace l’idea di adottare una maschera! A tal motivo ho lasciato il post con una domanda aperta…

Vivo cercando di essere me stessa, e cercando la sincerità dentro e fuori.
Eppure attraverso lo scambio qui avvenuto ho compreso che “una sorta di maschera” esiste sempre! Non perché la cerchiamo, ma perché è sufficiente omettere solamente un piccolo particolare nel parlare di noi, che già può apparire che abbiamo voluto nascondere.
Non basta forse, affermando un giorno una cosa e il giorno dopo inseguendo un pensiero trovarsi ad affermare il contrario, per sembrare già falsi e contraddittori?
Eppure siamo sinceri! Anzi, senza badare a cosa pensino "gli altri" siamo proprio noi stessi!
Ed è questo che ci fa apparire allora falsi, contraddittori, maschere opportuniste!
Assu tu hai affermato:
”Sono profondamente persuasa della necessità di liberarci delle tante maschere e conoscere e far conoscere la nostra unica faccia."
E a questo, riflettendo, rispondo: Non so se possiamo dire di avere un'unica faccia… Ecco, forse più siamo complessi nella nostra interiorità, e meno unica è la nostra faccia…!

Riprendo la frase di Sonia:
"Siamo solo noi gli artefici della nostra vita, e lo diventiamo soprattutto se impariamo a non mettere i freni nella nostra vita. "
Sì, sono d'accordo, molto d'accordo! Siamo gli artefici quando non abbiamo paura a vivere, quando non mettiamo limiti, quando, anche se abbiamo paura, sappiamo tirare fuori il coraggio di andare senza usare il freno.

Per mia esperienza: i freni spuntano come funghi, se li mettiamo anche da noi,
quando andiamo avanti? Quando progrediamo?

Ritorno alla voce di Lucia:
"Spesso sono ruota, raramente freno. Conosco il dolore di cui parla Nietzsche ma la voglia di "divorare la vita", a volte, me lo fa ignorare. [...] Come ruota non indosso maschere"...
Mi chiedo: "Può una Ruota indossare Maschere?"
Chi è impegnato a girare, a divorare la vita e la strada, ha tempo per indossare maschere?

Come in un canestro intreccio giunghi. La Ruota si fa Maschera senza volerlo, forse solo per girare e poter essere se stessa, per vivere senza fermarsi, per celare il dolore dato dal freno, per trasformarsi da crisalide in farfalla...

...Come infatti conclude Lucia:
"E allora penso che per continuare a essere ruota, forse farei meglio a mascherarmi da freno."

Chiuderò il post prendendo in prestito nuovamente le parole di Lucia:
"La ruota abile e ben allenata conosce il pericolo della strada e può viaggiare anche senza freno. Mentre il freno, senza il girare della ruota, sarebbe solo e annoiato."

...Rido!
Scherzando o sul serio: il destino dei Freni, non è quello di cercare le Ruote? ...Per poi dover indossare delle Maschere!!

Grazie a tutti e ...Buone pedalate!


05 marzo 2007

ATTENZIONE!!


Richiamo l'attenzione su un'iniziativa di Morgan- "Acme del Pensiero" in favore di Benito, persona che necessita di aiuti.

Morgan si occupa della cruda realtà di chi vive senza tetto, e attraverso il suo blog -
"Acme del Pensiero"- promuove iniziative indirizzate a sostenere persone che necessitano di aiuti concreti, cercando anche di sensibilizzare chi si trovi a leggere su tali realtà spesso ignorate.

In questi giorni sta avvenendo una piccola/grande mobilitazione per aiutare Benito n

8Mobilitazione promossa da Morgan, che invita a partecipare sia nella diffusione dell'iniziativa, sia con aiuti concreti.

Il presente post è dedicato a tale avviso, invitando tutti a leggere direttamente le parole di Morgan e la storia di Benito, e anche i primi risultati tangibili e belli sviluppatisi da tale iniziativa.


Grazie!

28 febbraio 2007

LA RUOTA e IL FRENO "COINCIDONO"

Ogni cosa sembra ritornare in modo ancora più fantastico della stessa immaginazione.
Facendo riferimento ad un
post che scrissi a metà dicembre, e ripartendo da lì, oggi proseguo.

Scrissi:

"Pranzo di Natale 2003.
Sulla tavola, insieme al mio segnaposto, trovo una citazione di Nietzsche.
Purtroppo non l'ho conservata, ho provato a cercarla, ma non l'ho trovata.
Perciò ora la riporto come la ricordo. Parlava della ruota e del freno. Più precisamente si addentrava nel rapporto tra la ruota ed il freno!
La ruota nel suo movimento gira, il freno la blocca.
Immediatamente mi identificai con la ruota: nel mio immaginario subito andai alla sofferenza della ruota nell'essere frenata. La citazione di Nietzsche però puntava oltre, soffermando l'attenzione sul fatto che anche il freno, nel bloccare la ruota, si fa male.
Fui molto colpita di trovarmi come segnaposto sulla tavola, la citazione che riguardava il rapporto tra la ruota e il freno. Non credo alle causalità, infatti penso che niente di ciò che nella vita ci si pone di fronte sia un caso! Così restai di marmo davanti alla citazione che, aspettandomi accanto al piatto del pranzo natalizio, mi puntualizzava una determinata relazione tra la ruota ed il freno!
Bilancio. Io sono "la ruota", colei che gira veloce, in movimento, sempre avanti, sempre a correre, senza rendermi conto che forse "gli altri" non hanno i miei tempi! Io divoro la vita, ma c'è chi ha meno fretta di crescere, di capire, d'affrontare, comunicare, confrontarsi... meno fretta di imparare, meno fretta di essere.
Meno fretta d'amare, poca voglia di lasciarsi amare.
Spesso nella mia corsa mi sono sentita bloccare.
Io desideravo fare un passo, l'altro no.
Io volevo decidere qualcosa, l'altro no.
Io volevo intraprendere o provare, o avventurarmi, l'altro no.
Bloccata, frenata. Aut aut: o andavo da sola, o non andavo.
Non mi era capitato di riflettere sul fatto che anche il freno si fa male nel bloccare chi corre veloce!
Per frenare deve restare appoggiato, consumandosi nell'attrito, sul movimento della ruota lanciata nella sua dinamica in corsa, finché essa non s'arresti.
Bel lavoro! Doloroso per la ruota, doloroso per il freno."
*********************************************************************

Proseguo.

La citazione l'avevo cercata a lungo prima di decidermi a scrivere il post senza averla fra le mani precisa e tangibile.
(Avevo anche fatto una ricerca su internet, ma di tante citazioni di Nietszche, questa non appariva menzionata da nessun parte)


Successivamente, a post ormai pubblicato, mi trovai a chiedere a Giuliana, colei che l'aveva posta sulla tavola a Natale 2003, se l'avesse conservata.
Mi rispose che era una citazione che aveva dai tempi del liceo, che la teneva custodita in un'agenda, e che me l'avrebbe fatta avere presto.
Durante il mese di gennaio, incontrandoci, Giuliana mi diede notizia di non riuscire ancora a trovare la famosa citazione. Se ne era ricordata, l'aveva cercata, ma continuava a non riemergere dalle sue carte e appunti.
Pensai che, nonostante avessimo tanta determinazione, evidentemente vinceva l'irreperibilità!
E sorrisi.

I primi di febbraio, controllando la posta all'indirizzo riservato ai contatti-bloggers, vidi spuntare una mail di Giuliana, la quale, come tutti i miei parenti, non sapeva che avessi aperto un blog!
Attimi di stupore e smarrimento: che ci faceva la sua mail fra i contatti-bloggers?
Allora era capitata nel mio blog!
Ma come?
Mille domande attraversavano la mente mentre cliccavo sulla mail per aprirla, leggerla, e mentre con avidità cercavo le infinite risposte ai veloci pensieri che sfrecciavano dentro.

Aprii, e lessi:
@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@

"La ruota e il freno
hanno doveri diversi,
ma ne hanno anche uno uguale:
Quello di farsi male a vicenda!"
(F. Nietzsche)


"Sai...non riuscivo a trovare l'agenda dove avevo annotato la frase che mi avevi chiesto ...così ho pensato: ora provo a cercare su internet, e digito:

"La ruota e il freno Nietzsche..."

Entro nel primo sito che mi dà come risultato e leggo:

"Pranzo di Natale 2003...."
proseguo nella lettura...e, ma tu guarda...
C'è qualcosa di familiare in queste descrizioni..
...No, non può essere ....e' una coincidenza... toh...ma quel cancello nella foto lo riconosco .... ma sì!.... Sono entrata nel tuo blog... involontariamente...beh!
Una strana coincidenza, se pensi che in internet stavo cercando una cosa per te...
che del resto non sono riuscita a trovare su internet.

Poi, appena giunta a casa, sono andata a ricercarla, di nuovo, fra le vecchie agende... e...
...Appena aperta la prima agenda fra le mani, è saltata fuori... come per magia!
(Devi sapere che era una agenda che già avevo consultato alla ricerca della frase per ben due volte senza riuscire a trovarla ...)

Beh ...se questa non è una casualità...
Se non credi alla casualità...
Quale il senso di queste coincidenze?
Però ... mi è sembrato di violare il diario senza il permesso...
Scusa, ho pensato faccio finta di niente ... non le dico niente...del resto è stata una cosa involontaria...o predestinata...
...il fatto che per quanto cercassi a casa non riuscissi a trovare quella frase... il fatto che era lì nell'agenda sotto il naso, sfogliata e risfogliata...
E che infine provassi a cercarla in altro modo...cioè: su internet!
mah!
Bando alle ciance, l'HO TROVATA!

Insieme a quella, nella stessa pagina avevo trascritto un'altra frase di Nietzsche:

"ogni spirito profondo
ha bisogno di una maschera;
e più ancora intorno ad ogni spirito profondo
cresce continuamente una maschera
grazie alla costantemente falsa,
cioè superficiale interpretazione
di ogni parola, di ogni passo, di ogni segno di vita che egli dà"

Ora ti saluto ... ciao da Giuliana!
Forse un pò streghe lo siamo veramente!"
***********************************************

Ecco allora la famosa citazione di Nietszche!
La ruota e il freno "coincidono"!

Nietszche parla di "Un Dovere" in comune.
La parola "dovere", però, a me non piace.
Preferisco interpretare il filosofo nel significato di complementarietà di ruota e freno, al pari di una comune missione:
la ruota quella di andare, il freno quella di frenare, ma l'una collegata strettamente all'altra; in tal senso la loro "missione" comprende il farsi male a vicenda.

E' il movimento del mondo, il movimento di ogni cosa: espansione, contrazione.
La stessa nascita avviene attraverso delle contrazioni che servono per dilatare il passaggio verso la luce.
E' doloroso, ma necessario, e poi, infine: bellissimo!

Senza questo movimento, necessario, di giro di ruota e di freno, di corsa ed arresto, di espansione e contrazione, si resterebbe nell'omeostasi, fermi, senza respiro (inspirazione-espirazione/allargamento-svuotamento).
E qui la ruota, che mai s'arresta se non con colpi bruschi d'un freno, ha dato un suo nuovo contributo, un passo avanti ancora, grazie a Giuliana, che con Nietszche, ha aggiunto:

"ogni spirito profondo
ha bisogno di una maschera;
e più ancora intorno ad ogni spirito profondo
cresce continuamente una maschera
grazie alla costantemente falsa,
cioè superficiale interpretazione
di ogni parola, di ogni passo, di ogni segno di vita che egli dà"

Giuliana l'ha trovata accanto alla citazione sulla Ruota e il Freno dopo aver scoperto -per caso- che io avevo un blog;
inaspettato per lei, ha visto in me una maschera dietro cui celavo qualcosa della mia vita.

E qui io cammino,
passo su passo,
parola su parola,
riflettendo sul fatto se abbia o meno una maschera che mi cresce sopra,
...grazie alla costantemente falsa,
cioè superficiale interpretazione di ogni parola,
di ogni passo, di ogni segno di vita che ... io do?

Io do superficiale interpretazione?
O sono soggetta a superficiali interpretazioni delle mie parole, passi, segni di vita...

Come si interpreta questo passo di Nietzsche circa la profondità di una persona che diviene maschera per gli altri?

22 febbraio 2007

le CoiNCiDenZe SoNo Le CicATriCi dEl DEsTinO _ vol II°

L'ispirazione a sviluppare tale tematica è nata, come già accennato, da un post di Pier: "Giri di Vite"; partendo da una sua poesia, sono emerse riflessioni che si sono via via dipanate nei commenti...

Nel "vol. I°" ho fatto solo una breve premessa, e sono andata direttamente ad un racconto.
Ora faccio un passo indietro, e parto dalle origini.
La bella poesia di Pier, e un riepilogo sullo scambio nei commenti.

Giri di vite

Un addio è una lettera
Strappata senza esser letta
È un bacio senza labbra
È il destino che non aspetta
Terra senz’acqua
Trapassata dal vento
Incapace di crescere
O di cogliere il momento
Sole senza luce
Velato dalla stessa foschia
Un abbraccio al suo silenzio
Che tutto mette via


I Commenti

danDapit: "E' bella! una negazione in poesia, una negazione dipinta, una negazione che riesce a suonare...va letta, e poi riletta...e assaporata......non fa male, è una verità dipinta, uno spegnersi raccontato con delicatezza..."
Pier: "E' solo un pò di sangue che esce da una ferita e la sutura.
Mi piace molto quando usi il termine negazione associandolo a qualcosa di vivo (una poesia, un dipinto, un suono... una verità)."
danDapit: "Un addio è una Negazione. Fra le tue righe la Negazione è viva...e tu hai saputo dipingerla...Di solito il dolore annichilisce, qui ha donato immagini! ...Con pochi tocchi leggeri dai la globalità di una realtà!"
Lucia: "Parole come pennellate a tinte forti e tu, come un espressionista tedesco, hai tracciato le linee di una fine con la giusta tonalità. In quesi giorni penso spesso all'addio. Che coincidenza!"
Pier: "dandapit, hai ragione, una negazione è comunque una cosa viva, non è indifferenza e quindi ha i suoi colori, seppure a tinte dolorosamente forti. Chi se ne va che male fa, cantava (credo) la Vanoni...
Lucia, ho letto che un espressionista tende a privilegiare il lato emotivo della realtà piuttosto che quello oggettivo, e in questo senso il tuo commento mi fa molto piacere, perchè di fatto quella era la mia intenzione quando ho scritto, di getto, queste righe. L'addio è evidente solo nella prima riga, poi si confonde con altre immagini e alla fine sembra sparire pure lui. Ma voglio ancora sperare che un addio a qualcosa coincida con un benvenuto a qualcos'altro...

...Le coincidenze invece sono le cicatrici del destino, no?
Sai bene anche tu che niente accade per caso...Aspetto comunque i prossimi giorni per conoscere la tua idea sulla frase che ho riportato (tratta da "l'ombra del vento")... "
danDapit: "Pier...Non riesco a tacere circa ciò che vi state chiedendo te e Lucia, ho voglia di dire ciò che sento riguardo a quella frase:
4le coincidenze sono le cicatrici del destino3.
Per me sì, è così!
Ovvero: ANCHE così! "Cicatrici" in quanto desideri che non si sono realizzati? Delusioni? Dolcezze in amarezze?
I desideri sono "semi" dentro la nostra vita...Le "coincidenze" sono quei semi che "prima o poi" germogliano!"
Pier: "Penso che la coincidenza sia proprio il passaggio del destino in un punto (la cicatrice) dove aveva lasciato il suo segno precedentemente. Ma non è detto che si tratti per forza di una delusione o di un evento spiacevole; in fondo, per quanto possa tornare, il destino non lo fa mai allo stesso modo...Mi piace molto (e concordo) col fatto che le coincidenze siano semi che possono germogliare!"
danDapit: "Pier...non mi ritrovo molto...aspetta, dunque...
Non vedo il destino come un passaggio che determina la coincidenza, vedo che la "coincidenza" è dentro il destino, ne fa parte! perchè è un seme interno, e quindi è ciò che forma anche il "destino"...che non è qualcosa, per me, di fermo e scritto!
Ho parlato di eventi spiacevoli in quanto "cicatrici": la cicatrice nasce dove prima c'era una ferita!
Quindi la coincidenza è una cicatrice (seme) del destino, perchè "coincide" con un desiderio (seme) lasciato cadere nella nostra vita, e come seme, o cicatrice, determina "la coincidenza", ovvero: l'evento.
Questo è quello che sento, volevo spiegare meglio il mio punto di vista...sorry!"

Pier: "Il tuo punto di vista è molto suggestivo, ed anche condivisibile; il trasporto con cui ne parli sembra che questo argomento tu l'abbia vissuto in prima persona.
In effetti hai perfettamente ragione quando dici che una cicatrice nasce dove prima c'era una ferita, avrei dovuto essere più preciso nel dire che a volte una cicatrice compare anche quando si asporta qualcosa di negativo (anche solo un neo) dalla nostra pelle.
Io quella frase l'avevo percepita in modo diverso ma sono contento di conoscere la tua idea e di confrontarmi con te. Mi piace l'immagine (se ho capito giusto) che hai di un seme del destino che provoca una ferita per far germogliare qualcosa: questo dà senso anche al dolore che spesso si prova ma che può diventare l'embrione di una nuova felicità.
Grazie per le tue osservazioni e "contesta" quanto e quando vuoi!
danDapit: "Grazie Pier... Sono molto contenta dell'epilogo della tua riflessione...In effetti non pensavo esattamente ciò che hai espresso tu, eppure il tuo epilogo diventa la sintesi che "conosco" anch'io...
Mi sa che da questo "seme" nascerà un mio post futuro..."

Qui la nascita.
Il tema mi ha catturato perchè molte eco sono risuonate dentro di me.
Daniela (Odelance) tempo fa aveva parlato della Sincronicità sul suo blog, io commentando, avevo accennato che avrei avuto qualcosa da raccontare a quel proposito.
Pier in aggiunta, ha richiamato in modo profondo "principi" contenuti nella filosofia buddista, e per me era impossibile lasciare cadere tutto ciò senza nota.
Pier non è buddista.
E' stato un caso!
Lui ha espresso ciò che sentiva.
La vita è un bene prezioso, e questa è una verità assoluta: partendo da un punto comune a tutti, proverò ad accennare un modo di guardare alla vita da cui sono partite le mie riflessioni lasciate a Pier, e a cui si ricollega il racconto del "vol.I°" su Bert e Jenny.

Nel buddismo "il destino" si può chiamare "karma".
"Karma" significa "azione compiuta".
Ovvero il destino sono le "azioni compiute" nelle vite precedenti, e anche nella presente;
ancora più profondamente il "karma" o "destino" si forma attraverso: "Pensieri, parole ed azioni".
Ogni pensiero, ogni parola, ogni azione, è un seme.
E' una scelta.
Noi possiamo scegliere se pensare bene o male, se dare parole cattive o buone, se agire in pace o con rabbia.
Possiamo scegliere!
A volte, nella foga emotiva, ci sembra di non aver scelta.
In realtà niente e nessuno ci costringe ad usare un pensiero, una parola, o un'azione al posto di un'altra.
Spesso si tratta di abitudini, di indole,
e di emotività più o meno trasportante.
Se i pensieri sono "semi", ovviamente i desideri anche!
Il desiderio è un pensiero: è un pensiero ricorrente, un pensiero che anima passione, un pensiero che induce a fantasticare, o che porta sofferenza.
Più frequentemente lo stesso pensiero (alias: desiderio) occupa la nostra vita, più semi poniamo in quella direzione nella nostra vita.
A volte ci crediamo dentro di noi.
A volte invece ci affidiamo agli accadimenti esterni per fortificare e riuscire a credere in quel desiderio/pensiero, oppure, per indurci a sopprimerlo perchè ci sembra un'irraggiungibile chimera.
Eppure, qualsiasi sia il desiderio, esso è un seme che cade nella nostra vita.
E i semi prima o poi germogliano.
Forse non nei tempi che desideriamo noi, ma prima o poi, accade.
E questo nella mia vita è accaduto!
Sorprendentemente è accaduto più volte, e da quando ho conosciuto la filosofia buddista ho iniziato a notarlo con attenzione, ho imparato a leggere gli eventi, che prima mi scorrevano sotto al naso lasciandomi indifferente e pessimista.
Il destino quindi è un contenitore di "semi".
"Semi" o "Cause".
Ad ogni seme corrisponde la nascita di un frutto.
Ad ogni Causa corrisponde l'emergere di un Effetto.
Le coincidenze, a questo punto, ci lasciano sorpresi, basiti, a volte a bocca aperta come dei bimbi davanti ad un'inaspettata realizzazione fantastica!
Ci appaiono come "coincidenze", eppure hanno forti richiami, echi.
Sappiamo di aver desiderato qualcosa che riguardava quella "coincidenza", e ci troviamo lì davanti un fatto concreto: una persona che sta parlando di ciò a cui era rivolta la nostra attenzione, oppure una persona a cui pensavamo che ci si palesa improvvisamente davanti...Una persona amata 10 anni prima, che improvvisamente spunta di nuovo nella nostra vita, per vivere ciò che 10 anni prima non era accaduto!

Il racconto di Bert e Jenny mi è servito per poter parlare di questo.
Non era un racconto di scrittura creativa. E non potevo poeticizzarlo.
L'ho lasciato nella sua struttura più povera e scarna, con tratti semplici e basilari, uno schema lineare, da "diario di bordo".
























I personaggi:
la prima Mary, potevo definirla "A"-
la seconda Mary, potevo definirla "B"-
Nick, poteva essere "C"-
Sara, poteva essere "D"-
Bert era una pancia all'8° mese.
Jenny una pancia al 7° mese.

Così abbiamo un personaggio "A" collegato ad un personaggio "C" entrambi collegati ad un personaggio "B": questo nei fatti della realtà visibile.

In ciò che si muove nell'invisibile struttura del vivere, mosso da pensieri, desideri, da vite passate che nella vita presente mantengono il loro legame dall'eterno passato (scusate il linguaggio mistico, ma non posso farne a meno!), abbiamo un personaggio "D", apparentemente scollegato, che ha i suoi desideri nel cassetto, e che per puro caso si trova a parlarne con "B", e solo per questo si unisce a "C" in un desiderio comune; per scoprire poi nel tempo, che la sua vita -in qualche misterioso modo- è sicuramente legata ad "A", e lo confermano segni straordinari.

La storia di Mary, Nick, e Sara, che ha dato la vita a Bert e Jenny, è realmente accaduta, non è invenzione.

E le due Mary hanno veramente lo stesso nome!

C'è solo una cosa che non ho aggiunto al racconto, un particolare che è parte della realtà ma che ho omesso per semplificare la struttura e per non renderla un "condotto religioso".
Desidero inserirlo in questo passaggio, in cui, parlando di coincidenze, ho introddotto alcuni principi della filosofia buddista.

La particolarità è che "A" (Mary) incontrò la pratica buddista nel periodo in cui si stava lasciando con "C" (Nick).

Quando fra "C" (Nick) e "D" (Sara) iniziò la crisi nella loro relazione, anche "D" per caso incontrò la pratica buddista, di cui aveva sentito parlare da anni, ma che aveva sempre rifiutato.

"D" iniziò a conoscere il buddismo, a frequentare delle riunioni; esse però erano lontane dalla propria abitazione, quindi si informò per un luogo di riunione più vicino; vi fu accompagnata da una sconosciuta, e solo mentre era seduta in mezzo a tante altre persone, si accorse che accanto a lei c'era "A", anzi, che si trovava proprio a casa sua!

Nella vita non solo i pensieri sono realmente "semi" che restano "in latenza" finché non divengono "Effetti", ma un'altra legge indiscutibile è quella dell'impermanenza.
La vita è in continuo fluire, la dinamica del tempo è velocissima: il presente dura la frazione di un millesimo di secondo e diventa già passato. Il futuro, ignoto e sconosciuto, è davanti a noi molto prima di ciò che immaginiamo.

La vita e la morte sono le due facce della stessa medaglia.

L'impermanenza, il continuo e incessante fluire in avanti, ci dà una meravigliosa possibilità: quella di trasformare!

Dal momento che tutto è impermanente, è proprio attraverso i nostri pensieri e desideri che abbiamo la possibilità e capacità di trasformare.
La sofferenza non è condannata a restare tale, e la gioia va coltivata, valorizzata, affinché non svanisca in un attimo, e non diventi già passato.

Per me, la ormai celebre frase citata da Pier, "Le coincidenze sono le cicatrici del destino" significa che ciò che non si è realizzato, e che ha lasciato il suo segno, ha la possibilità di realizzarsi: non è una caso, una banale coincidenza,
E' la coincidenza: il coincidere del nostro seme con l'effetto nel reale.

Tutto è collegato, ed esiste una metafora che lo spiega bene: il posarsi di una farfalla su di un fiore qui, può scatenare un terremoto dall'altra parte della terra....

16 febbraio 2007

Le CoinCiDenze SonO Le CICAtRiCi dEl DeStiNo _vol. I°_

Questo post è dedicato a Pier.
E, visto che il piano dell'opera prevede vari volumi, anche ciò che seguirà a lui sarà dedicato !

Ho sommato degli stimoli interiori, a stimoli ricevuti da Pier nei suoi due ultimi post (
1°/giri di vite e 2°/Lettera al padre), e ricevuti da Daniela (Odelance) nel suo post sulla Sincronicità.
Ne sono scaturite varie ispirazioni, che cercherò di salvare dal caos interiore trasformandole -qua- in un racconto.

Seguiranno parole per sciogliere l'argomentazione che vi sottende.
Per adesso però sarà solo il racconto a parlare.

Protagonisti di questa storia sono Bert e Jenny.

Eccoli qui.

Ma i bimbi non nascono sotto le foglie di cavolo!
E per giungere a loro c'è un percorso.
C'è un seme che deve trovare la sua terra perchè la vita prenda a far battere la miniatura d'un nuovo cuore...

Il racconto ha inizio da una ragazza che si chiama Mary.
Mary ha vent'anni: si innamora, va a vivere insieme al suo ragazzo per la durata che sarà la loro storia d'amore.
Il legame si incrina, l'affetto segue a valanga un precipizio.
Mary e Nick si lasciano.
In seguito si ricercano.
Infine si rilasciano...
Le storie d'amore hanno a volte agonie lunghe!

Passa del tempo, Mary non cerca ormai più Nick.
Ha conosciuto un altro uomo, si è innamorata di nuovo.
Nick, scottato dalla sua esperienza con Mary, amareggiato per averla persa, non ha avuto ancora occasioni d'innamorarsi nuovamente.

Per caso un giorno Mary e Nick si incontrano per la strada, si salutano scambiandosi sommarie novità sulla loro vita.
Mary felice e radiosa dà a Nick notizia del suo imminente matrimonio.
Nick sorride, le fa gli auguri.
A Mary non sfugge però un turbamento sul viso di Nick, un'ombra che sa d'amarezza tradisce un celato dispiacere.
Dentro di sè desidera che anche lui sia felice nella sua vita...

Nello stesso istante... a pochissimi chilometri di distanza, misurabili in poche migliaia di metri... O forse in quei giorni, -ma l'esatto attimo di un tempo coincidente non possiamo conoscerlo- un'altra ragazza, Sara, sta iniziando a parlare con una collega dell'ufficio, con la quale fino ad allora si erano scambiate semplici saluti e sorrisi lungo i corridoi.
Si trovano insieme in una sala dell'Istituto in cui lavorano, scelte come Segretarie per presiedere a delle elezioni interne.
La collega di Sara si chiama anche lei Mary, hanno entrambe la stessa età. Sono annoiate e ridono per quella situazione che le accomuna.
Decidono di uscire a prendere un caffè, e nell'affabilità del momento scivolano, come leggeri voli di farfalle, in facile confidenza.
Sara, infilando parole e pensieri, finisce col raccontare a Mary uno dei suoi sogni nel cassetto: andare a vivere in un casale,
in campagna, avviando un agriturismo.

Solitamente Sara era riservata su questa sua fantasia, temeva l'opinione troppo raziociniante

dell'ascoltatore, ma la loquacità di Mary, la spontaneità del loro ritrovarsi a discorrere, fanno sì che lei dischiuda il cassetto per lasciar uscire il suo sogno ben riposto e celato.
Mary sorride e si unisce a questa fantasia aggiungendo che anche un suo caro amico ha lo stesso sogno, seppure non gli è facile trovare altri compagni d'avventura.
Sara sente d'aver appoggiato la sua orma laddove la sabbia, cedevole, svela il nascondiglio d'un tesoro sepolto...

Con passi cauti, pause, riflessioni, discorsi che cambiano, per poi tornare incalzanti, chiede dell'amico, di quale sia la sua intenzione...
Le chiede di fargli sapere del proprio sogno nel cassetto, domanda se sia possibile organizzare un incontro...
Mary sorride tranquilla, sa che è possibile.

Seguono altri argomenti. Silenzi. Pensieri.
Sara sorridendo torna a chiedere con sguardo curioso anche di quale segno zodiacale sia lui, quanti anni abbia...
Mary risponde mentre la scruta divertita.
Audacemente Sara infila un'ultima domanda, e indaga se sia libero sentimentalmente!
Ogni risposta che riceve corrisponde al suo desiderio... Perfino quella finale!

Sara desiderava incontrare esattamente una persona così!
Una persona con cui costruire il sogno nel cassetto, e di cui potersi innamorare.

L'incontro avviene una sera, dopo quasi un mese.
Escono Sara, Mary e Nick.
E' la fine di giugno, bevono delle birre seduti sotto agli alberi del Gianicolo.
Nick, dopo aver ricevuto la telefonata della sua amica Mary, era andato all'appuntamento sperando segretamente che la Sara da incontrare lo affascinasse.
Sara era andata all'appuntamento col cuore in gola, sperando di trovarsi davanti un ragazzo che le piacesse.
Mary sembrava l'arbitro d'un match segreto, vestita sportiva, secondo il suo stile abituale: jeans e T-shirt, come un maschiaccio impenitente.

Arrivava oltre l'orario dell'appuntamento Sara, correndo, una camicetta annodata che lasciava la vita scoperta, una minigonna a balze, scarpe chanel con tacchi alti. Salutò Nick quasi di fretta, scusandosi del ritardo con entrambi.
Lui, sorriso divertito sotto un paio di baffi neri, era un bel ragazzo dai capelli scuri e ricci, carnagione cotta dal sole, occhi nocciola grandi e profondi, e, alto, si stagliava nel buio di quella notte di giugno, con la sua camicia terribilmente arancione, mentre il resto si perdeva nell'oscurità e nell'emozione.

Si incontrarono un'altra volta ancora, quando Sara andò con Mary a trovarlo in campagna,
nel terreno che lui coltivava -bizzarro gioco della sorte- nello stesso paese dove erano nati e cresciuti i nonni di Sara!

La terza volta uscirono da soli, a cena, per parlare della loro idea chiusa nel cassetto.
Il cameriere avvicinandosi al tavolo per prendere le ordinazioni, finì quasi a scusarsi per importunarli.

Quella sera il destino iniziò con l'indice a seguire, rigo per rigo, ciò che era scritto sulle sue pagine.
Bianche? già scritte? Si stavano scrivendo?
I semi venivano da lontano, forse da altre vite, e lì si riunivano: nel desiderio della prima Mary che voleva la felicità di Nick; nell'invisibile legame alla seconda Mary, amica di Nick e della prima Mary; nel desiderio che Sara aveva sfoderato dal cassetto nel momento giusto, quello in cui il destino risuonava per un segnale preciso.


Sara e Nick in pochi giorni decisero di andare a vivere insieme. Nella casa dove Nick aveva vissuto precedentemente con Mary.
Sara sapeva di Mary, dagli svariati racconti di Nick.

Un paio di anni dopo, mentre Nick e Sara erano insieme al mercato, una voce che salutava Nick risuonò alle loro spalle.
Sara conobbe così Mary.
Eccola, in quell'occasione le veniva presentata .
Si salutarono, si sorrisero, si osservarono: entrambe aspettavano un bambino.
Mary all'8° mese, Sara al 7°.

Anche la storia fra Nick e Sara ebbe un epilogo fallimentare, e proprio nel momento della sua crisi più profonda, una sera, per puro caso e senza immaginarlo, Sara si trovò a casa di Mary.
Si riconobbero.

Diventeranno amiche.
I loro bambini giocheranno insieme, cresceranno insieme.
Parlando scopriranno cosa era successo nell'etere a loro insaputa. Attraverso dei desideri, che sono semi. Semi di frutti che poi nasceranno.
Parlando scopriranno altre cose che le uniscono, legami che la vita tramanda da una vita all'altra, nell'eternità di un'esistenza infinita.
Un otto, che non ha punto di inizio, nè punto di fine.


Scopriranno che la loro nascita, non solo il passaggio di un destino con lo stesso compagno, è unita.
La nascita richiama la loro unione attraverso dei numeri che si ripetono.
Scopriranno di essere nate nello stesso anno: Mary diciannove giorni prima di Sara.
I loro figli: Bert, figlio di Mary, e Jenny, figlia di Sara, hanno la stessa differenza di età, nello stesso ordine delle madri.
Bert ha diciannove giorni più di Jenny.
L'anno di nascita di Mary e Sara, capovolgendo le cifre, è l'anno di nascita dei loro figli.

Le coincidenze sono i semi del destino.
I semi, possono essere anche delle cicatrici. Cicatrici viste come un desiderio irrealizzato che ha lasciato una ferita;
rimarginata, essa lascia un segno, è un seme nella vita, che prima o poi, prima o poi: nasce.

09 febbraio 2007

Dopo la Pausa... anche un caffè?

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Dalla PAUSA con Baryshnikov... al rientro without words.
Stavolta non scriverò molto, appena due righe, lascio parlare le immagini che seguiranno.

Cos'è un Blog?

Un diario?
Un diario per appuntare e comunicare, per scambiare i propri pensieri con tutti gli altri "diaristi"?

Sul blog c'è chi scrive di politica, c'è chi avvia argomenti di interesse sociale per sensibilizzare su accadimenti di cronaca italiana o mondiale, c'è chi pubblica proprie recensioni di film visti, chi scrive solo brevi frasi, chi scrive o riporta poesie, chi dona racconti, o anche chi fa un po' di tutto ciò, e altro ancora...
A volte è come alzare la cornetta del telefono
(quando esisteva la cornetta del telefono, ora: si fa per dire!)
per scambiarsi due chiacchiere, con la differenza che non componi un numero specifico, ma chi passa ti parla, lascia il suo segno, un pensiero, un saluto, un sorriso... o anche qualche insulto!

Dopo la pausa, ancora una pausa.
Un ritorno attraverso delle foto.

Potrei intitolarlo:
"C'era una volta danDapit"
In verità è accaduto che finalmente sono ruscita a far funzionare lo scanner, e quindi finalmente posso postare delle foto!
La fotografia mi ha affascinata fin dall'adolescenza, sono ricolma di fotografie! Di foto scattate a visi, bambini, situazioni, colori... Ce n'è però qualcuna che mi sono anche fatta scattare, nonostante al primo impatto abbia sempre cercato di sfuggire all'obbiettivo! ....Questo sta avvenendo specialmente con l'affatto indulgente trascorrere del tempo!

Negli ultimi anni la mia "click-mania" è andata affievolendosi, di conseguenza anche la relativa produzione e somma di fotografie. Fra le altre cose ora c'è l'avvento del digitale, che non occupa album e spazi, anche se personalmete continuo a preferire le belle reflex, da usare addirittura in manuale e non in automatico!

In conclusione sono qui con il mio "portfolio",
album storico da piccina fino ad oggi,
presentando così Valentina-Dandapit!

Aggiungo un grazie a tutti!!!

Per essere stati sempre presenti nonostante la mia latitanza!


Ed ora...beh,
Buon divertimento!

quando facevo l'asilo

quando facevo la montanara con mio fratello

quando facevo l'adolescente

quando facevo Valentina

quando facevo la Vip anni '60
in compagnia d'un Visitors

quando facevo il finto Centauro
(la compagna del Centauro)

quando facevo la bagnante ad Ostia
in pieno gennaio

quando facevo la parisienne

quando facevo la Donna Cannone

quando facevo un pic-nic a Villa Pamphili

(accanto a me non c'è mia sorella, ma una mia amica!
-la stessa che anni prima "era un Visitors"-
dietro di me: mia madre)

03 febbraio 2007