NOTORIUS
Berlusconi ormai ricattabile media stranieri ancora all'attacco
Repubblica — 06 agosto 2009 sezione: POLITICA INTERNA
PARIGI - «Sesso, potere e menzogne»: il titolo del "Nouvel Observateur" in edicola oggi riassume alla perfezione la valanga di commenti della stampa estera sul nostro presidente del consiglio.
I giornali di tutto il mondo, di destra e di sinistra, moderati o progressisti, non sanno più come qualificare le gesta berlusconiane: si passa dalla «libidine geriatrica» (The Independent) a un capo del governo «graffiato dalla figlia» (Le Figaro), che «gli dà lezioni» (The Daily Telegraph), «gli fa la morale» (Elle) e che lo biasima con un «vergogna, papà!» (l' australiano News).
Il più agguerrito, tuttavia è il settimanale francese. Il "Nouvel Observateur" dedica infatti quattro pagine tutt' altro che tenere al premier, arrivando a una congettura devastante per la sua immagine e per quella del paese: «Con lo scorrere delle rivelazioni, l' ipotesi di un' infiltrazione della mafia russa al vertice dello Stato italiano prende consistenza», scrive Serge Raffy.
Il giornale fa riferimento, ovviamente, all' inchiesta di Bari, alla droga, alle escort arrivate dall' Est, al ruolo di Gianpaolo Tarantini, tra l' altro consulente della russa Fisiokom.
Nel ripercorrere tutta la storia, dalla festa a Casoria e la conseguente richiesta di divorzio da parte della moglie, il settimanale sembra letteralmente sgomento: «Povera Italia, terra di Dante e Michelangelo, diventata "Berluscolandia", abbandonata a un Don Giovanni patetico, che corre freneticamente dietro alla sua eterna giovinezza,a colpi di iniezioni pelviche, impianti capillari, operazioni di chirurgia estetica, sedute di trucco. Con quell' eterno sorriso "Ultrabrite", come una maschera di Scaramuccia.
Un Michael Jackson paracadutato in un teatro della commedia dell' arte. Silvio il donnaiolo, che pesca nei book delle ragazze del suo impero televisivo la carne fresca utile ai suoi baccanali».
Questo lungo passaggio da un' idea del tono dell' articolo, nel quale si ricorda il silenzio della stampa italiana: solo "Famiglia Cristiana" e "Avvenire" hanno rilanciato le inchieste e gli articoli di "Repubblica", presentata come «l' isoletta della stampa indipendente che resiste in Italia».
Il "Nouvel Observateur" racconta dunque la storia degli ultimi mesi, dalle registrazioni della D' Addario all' inchiesta di Bari, dalle foto di Villa Certosa alle critiche della Chiesa. E parla «di una registrazione che rischia di alimentare ancor più lo scandalo». Un ipotetico nastro, secondo il periodico francese, nel quale Mara Carfagna («amante quasi ufficiale») e Mariastella Gelmini (le due sono definite «bimbe», nel senso americano del termine), addirittura «s'interrogano reciprocamente per sapere come "soddisfare" al meglio il primo ministro. Evocano le iniezioni che deve farsi fare prima di ogni rapporto. Se questo "audio" uscisse sulla stampa, malgrado la censura, sarebbe devastante per l' immagine del Cavaliere». Tutto ciò con sullo sfondo l' ennesima inchiesta giudiziaria e una possibile resa dei conti, dice il settimanale, tra i magistrati e l' uomo «che sfida la giustizia da quasi quarant' anni».
Se i francesi sono esterrefatti, i britannici continuano a considerare il fenomeno Berlusconi con un misto di ironia e indignazione.
Il "Guardian" trasforma la figlia Barbara «in un' improbabile eroina della sinistra» evidenziando che la ragazza è il primo membro della famiglia - dopo Veronica - a parlare degli scandali.
Mentre "The Independent" dice che Berlusconi, da quando è apparso alla festa di Noemi, «ha contribuito a dare alla libidine geriatrica una cattiva fama».
- GIAMPIERO MARTINOTTI
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Il Cavaliere contro Repubblica: "Mi diffama".
Berlusconi fa causa alle 10 domande. Chiesto un milione di risarcimento
di LUCIANO NIGRO
ROMA - Nuovo attacco di Silvio Berlusconi a Repubblica. Il premier va dai giudici e chiede un risarcimento danni per un milione di euro al Gruppo L'Espresso. A suo giudizio le domande formulate il 26 giugno da Giuseppe D'Avanzo sono "diffamatorie". Per la prima volta nella storia dell'informazione italiana gli interrogativi di un giornale finiscono davanti a un tribunale civile.
La citazione in giudizio del presidente del Consiglio, firmata il 24 agosto, riguarda, oltre alle "dieci nuove domande" anche un articolo del 6 agosto dal titolo ""Berlusconi ormai ricattabile" media stranieri all'attacco: Nouvel Observateur teme infiltrazioni della mafia russa", un servizio che riportava i giudizi della stampa di tutto il mondo sul caso italiano. Invitati a comparire al Tribunale di Roma Giampiero Martinotti, autore del pezzo contestato, il direttore responsabile di Repubblica Ezio Mauro e il gruppo L'Espresso.
Al centro dell'iniziativa legale del presidente del Consiglio sono però le domande rivolte a Silvio Berlusconi, "ripetutamente pubblicate sul quotidiano La Repubblica" e "per più di sessanta giorni", come sottolineano i suoi avvocati. Si tratta, per il premier, di "domande retoriche" che "non mirano ad ottenere una risposta del destinatario, ma sono volte a insinuare nel lettore l'idea che la persona "interrogata" si rifiuti di rispondere". Domande alle quali il capo del governo non ha mai risposto, come noto. Per Berlusconi sono "palesemente diffamatorie" perché "il lettore è indotto a pensare che la proposizione formulata non sia interrogativa, bensì affermativa ed è spinto a recepire come circostanze vere, realtà di fatto inesistenti".
L'esposizione del "Dr. Silvio Berlusconi, nato a Milano il 29 settembre 1936", inizia dall'articolo di Martinotti che da Parigi riporta i servizi della stampa estera dedicati al caso Berlusconi. Servizi quel giorno numerosi e scandalizzati, come sottolinea l'attacco del pezzo: ""Sesso, potere e menzogne": il titolo del Nouvel Observateur, in edicola oggi riassume alla perfezione la valanga di commenti della stampa estera sul nostro presidente del Consiglio. I giornali di tutto il mondo, di destra e di sinistra, moderati o progressisti, non sanno più come qualificare le gesta berlusconiane: si passa dalla "libidine geriatrica" (The Independent) a un capo del governo "graffiato dalla figlia" (Le Figaro), che "gli dà lezioni" (The Daily Telegraph), "gli fa la morale" (Elle) e che lo biasima con un "vergogna, papà!" (l'australiano News)".
Di quella cronaca, basata solo su citazioni testuali, è in particolare un articolo del settimanale francese Nouvel Observateur quello che ha fatto scattare la reazione di Berlusconi. L'autore Serge Raffy scrive sull'Observateur che "con lo scorrere delle rivelazioni, l'ipotesi di un'infiltrazione della mafia russa al vertice dello Stato italiano prende consistenza". E parla poi "di una registrazione che rischia di alimentare ancor più lo scandalo" che coinvolgerebbe Mara Carfagna e Mariastella Gelmini.
Secondo Berlusconi, Repubblica, "con l'espediente di riportare il contenuto del settimanale francese ha pubblicato ancora una volta - nel quadro della ben nota polemica di questi ultimi mesi - notizie non veritiere, riportando circostanze che in alcun modo corrispondono alla situazione di fatto e di diritto realmente esistente". Conclusione: "Il danno arrecato al Dr. Berlusconi è pertanto enorme" sia per il "ruolo del protagonista", sia perché la notizia è stata diffusa da "un quotidiano con ampia tiratura e diffusione e destinato ad un elevato numero di lettori". Da qui la richiesta di danni per un milione di euro oltre a una somma, da stabilire, "a titolo di riparazione".
(28 agosto 2009)
commento di danDapit:
ma per il nostro premier La Repubblica non era un giornalino senza significato?
ciarpame!
Un quotidiano che nessuno leggeva, e lui meno che mai?
Come cambiano le cose: ora è così importante?
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EDITORIALE
Insabbiare
di EZIO MAURO
Non potendo rispondere, se non con la menzogna, Silvio Berlusconi ha deciso di portare in tribunale le dieci domande di Repubblica, per chiedere ai giudici di fermarle, in modo che non sia più possibile chiedergli conto di vicende che non ha mai saputo chiarire: insabbiando così - almeno in Italia - la pubblica vergogna di comportamenti privati che sono al centro di uno scandalo internazionale e lo perseguitano politicamente.
E' la prima volta, nella memoria di un Paese libero, che un uomo politico fa causa alle domande che gli vengono rivolte. Ed è la misura delle difficoltà e delle paure che popolano l'estate dell'uomo più potente d'Italia. La questione è semplice: poiché è incapace di dire la verità sul "ciarpame politico" che ha creato con le sue stesse mani e che da mesi lo circonda, il Capo del governo chiede alla magistratura di bloccare l'accertamento della verità, impedendo la libera attività giornalistica d'inchiesta, che ha prodotto quelle domande senza risposta.
In questa svolta c'è l'insofferenza per ogni controllo, per qualsiasi critica, per qualunque spazio giornalistico d'indagine che sfugga al dominio proprietario o all'intimidazione di un potere che si concepisce come assoluto, e inattaccabile. Berlusconi, nel suo atto giudiziario contro Repubblica vuole infatti colpire e impedire anche la citazione in Italia delle inchieste dei giornali stranieri, in modo che il Paese resti all'oscuro e sotto controllo. Ognuno vede quanto sia debole un potere che ha paura delle domande, e pensa che basti tenere al buio i concittadini per farla franca.
Tutto questo - la richiesta agli imprenditori di non fare pubblicità sul nostro giornale, l'accusa di eversione, l'attacco ai "delinquenti", la causa alle domande - da parte di un premier che è anche editore, e che usa ogni mezzo contro la libertà di stampa, nel silenzio generale. Altro che calunnie: ormai, dovrebbe essere l'Italia a sentirsi vilipesa dai comportamenti di quest'uomo.
(28 agosto 2009)
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L'ANALISI
La menzogna come potere
di GIUSEPPE D'AVANZO
Avanzare delle domande a un uomo politico nell'Italia meravigliosa di Silvio Berlusconi è già un'offesa che esige un castigo?
L'Egoarca ritiene che sollecitare delle risposte dinanzi alle incoerenze delle dichiarazioni pubbliche del capo del governo sia diffamatorio e vada punito e che quelle domande debbano essere cancellate d'imperio per mano di un giudice e debba essere interdetto al giornale di riproporle all'opinione pubblica. E' interessante leggere, nell'atto di citazione firmato da Silvio Berlusconi, perché le dieci domande che Repubblica propone al presidente del Consiglio sono "retoriche, insinuanti, diffamatorie".
Sono retoriche, sostiene Berlusconi, perché "non mirano a ottenere una risposta dal destinatario, ma sono volte a insinuare l'idea che la persona "interrogata" si rifiuti di rispondere". Sono diffamatorie perché attribuiscono "comportamenti incresciosi, mai tenuti" e inducono il lettore "a recepire come circostanze vere, realtà di fatto inesistenti". Peraltro, "è sufficiente porre mente alle dichiarazioni già rese in pubblico dalle persone interessate, per riconoscerne la falsità, l'offensività e il carattere diffamatorio di quelle domande che proprio "domande" non sono".
Come fin dal primo giorno di questo caso squisitamente politico, una volta di più, Berlusconi ci dimostra quanto, nel dispositivo del suo sistema politico, la menzogna abbia un primato assoluto e come già abbiamo avuto modo di dire, una sua funzione specifica. Distruttiva, punitiva e creatrice allo stesso tempo. Distruttiva della trama stessa della realtà; punitiva della reputazione di chi non occulta i "duri fatti"; creatrice di una narrazione fantastica che nega eventi, parole e luoghi per sostituirli con una scena di cartapesta popolata di nemici e immaginari complotti politici.
Non c'è, infatti, nessuna delle dieci domande che non nasca dentro un fatto e non c'è nessun fatto che nasca al di fuori di testimonianze dirette, di circostanze accertate e mai smentite, dei racconti contraddittori di Berlusconi.
E' utile ora mettersi sotto gli occhi queste benedette domande. Le prime due affiorano dai festeggiamenti di una ragazza di Napoli, Noemi, che diventa maggiorenne. E' Veronica Lario ad accusare Berlusconi di "frequentare minorenni". E' Berlusconi che decide di andare in tv a smentire di frequentare minorenni. Nel farlo, in pubblico, l'Egoarca giura di aver incontrato la minorenne "soltanto tre o quattro volte alla presenza dei genitori". Questi sono fatti. Come è un fatto che le parole di Berlusconi sono demolite da circostanze, svelate da Repubblica, che il capo del governo o non può smentire o deve ammettere: non conosceva i genitori della minorenne (le ha telefonato per la prima volta nell'autunno del 2008 guardandone un portfolio); l'ha incontrata da sola per lo meno in due occasioni (una cena offerta dal governo e nelle vacanze del Capodanno 2009).
La terza domanda chiede conto al presidente del Consiglio delle promesse di candidature offerte a ragazze che lo chiamano "papi". La circostanza è indiscutibile, riferita da più testimoni e direttamente dalla stessa minorenne di Napoli. La quarta, la quinta, la sesta e settima domanda ruotano intorno agli incontri del capo del governo con prostitute che potrebbero averlo reso vulnerabile fino a compromettere gli affari di Stato. La vita disordinata di Berlusconi è diventata ormai "storia nota", ammessa a collo torto dallo stesso capo del governo e in palese contraddizione con le sue politiche pubbliche (marcia nel Family day, vuole punire con il carcere i clienti delle prostitute). La sua ricattabilità - un fatto - è dimostrata dai documenti sonori e visivi che le ospiti retribuite di Palazzo Grazioli hanno raccolto finanche nella camera da letto del Presidente del Consiglio.
L'ottava domanda è politica: può un uomo con queste abitudini volere la presidenza della Repubblica? Chi non glielo chiederebbe? La nona nasce, ancora una volta, dalle parole di Berlusconi. E' Berlusconi che annuncia in pubblico "un progetto eversivo" di questo giornale. E' un fatto. E' lecito che il giornale chieda al presidente del Consiglio se intenda muovere le burocrazie della sicurezza, spioni e tutte quelle pratiche che seguono (intercettazioni su tutto). Non è minacciato l'interesse nazionale, non si vuole scalzarlo dal governo e manipolare la "sovranità popolare"? In questo lucidissimo delirio paranoico, Berlusconi potrebbe aver deciso, forse ha deciso, di usare la mano forte contro giornalisti, magistrati e testimoni. Che ne dia conto. Grazie.
La decima domanda infine (e ancora una volta) non ha nulla di retorico né di insinuante. E' Veronica Lario che svela di essersi rivolta agli amici più cari del marito per invocare un aiuto per chi, come Berlusconi, "non sta bene". E' un fatto. Come è un fatto che, oggi, nel cerchio stretto del capo del governo, sono disposti ad ammettere che è la satiriasi, la sexual addiction a rendere instabile Berlusconi.
Questa la realtà dei fatti, questi i comportamenti tenuti, queste le domande che chiedono ancora oggi - anzi, oggi con maggiore urgenza di ieri - una risposta. Dieci risposte chiare, per favore. E' un diritto chiederle per un giornale, è un dovere per un uomo di governo offrirle perché l'interesse pubblico dell'affare è evidente.
Si discute della qualità dello spazio democratico e la citazione di Berlusconi ne è una conferma. E dunque, anche a costo di ripetersi, tutta la faccenda gira intorno a un solo problema: fino a che punto il premier può ingannare l'opinione pubblica mentendo, in questo caso, sulle candidature delle "veline", sulla sua amicizia con una minorenne e tacendo lo stato delle sue condizioni psicofisiche? Non è sempre una minaccia per la res publica la menzogna? La menzogna di chi governa non va bandita incondizionatamente dal discorso pubblico se si vuole salvaguardare il vincolo tra governati e governanti? Con la sua richiesta all'ordine giudiziario di impedire la pubblicazione di domande alle quali non può rispondere, abbiamo una rumorosa conferma di un'opinione che già s'era affacciata in questi mesi: Berlusconi vuole insegnarci che, al di fuori della sua verità, non ce ne può essere un'altra. Vuole ricordarci che la memoria individuale e collettiva è a suo appannaggio, una sua proprietà, manipolabile a piacere. La sua ultima mossa conferma un uso della menzogna come la funzione distruttiva di un potere che elimina l'irruzione del reale e nasconde i fatti, questa volta anche per decisione giudiziaria. La mordacchia (come chiamarla?) che Berlusconi chiede al magistrato di imporre mostra il nuovo volto, finora occultato dal sorriso, di un potere spietato. E' il paradigma di una macchina politica che intimorisce. E' la tecnica di una politica che rende flessibili le qualifiche "vero", "falso" nel virtuale politico e televisivo che Berlusconi domina. E' una strategia che vuole ridurre i fatti a trascurabili opinioni lasciando campo libero a una menzogna deliberata che soffoca la realtà e quando c'è chi non è disposto ad accettare né ad abituarsi a quella menzogna invoca il potere punitivo dello Stato per impedire anche il dubbio, anche una domanda. Come è chiaro ormai da mesi, quest'affare ci interroga tutti. Siamo disposti a ridurre la complessità del reale a dato manipolabile, e quindi superfluo. Possiamo o è già vietato, chiederci quale funzione specifica e drammatica abbia la menzogna nell'epoca dell'immagine, della Finktionpolitik? Sono i "falsi indiscutibili" di Berlusconi a rendere rassegnata l'opinione pubblica italiana o il "carnevale permanente" l'ha già uccisa? Di questo discutiamo, di questo ancora discuteremo, quale che sia la decisione di un giudice, quale che sia il silenzio di un'informazione conformista. La questione è in fondo questa: l'opinione pubblica può fare delle domande al potere?
(28 agosto 2009)
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L'ANALISI
La perdonanza mediatica
di VITO MANCUSO
Nella Chiesa antica la penitenza era una cosa seria. Riguardava peccati come l'omicidio, l'apostasia, l'adulterio e veniva amministrata in forma pubblica.
[...] [...]
Ma se era seria la penitenza antica ed era seria la Perdonanza di papa Celestino, ancor più serio, terribilmente drammatico, è lo sfondo su cui tutto questo oggi si ripresenta, cioè il terremoto del 6 aprile coi suoi 308 morti, 1500 feriti e le decine di migliaia di sfollati.
Nella celebrazione della perdonanza celestiniana di quest'anno all'Aquila si intrecciano quindi tre realtà che meritano rispetto incondizionato da parte di ogni coscienza adeguatamente formata, tanto più se cattolica visto il patrimonio spirituale che è in gioco. Sarebbe stato quindi auspicabile che la gerarchia ecclesiastica non avesse consentito di sfruttare un evento del genere per speculazioni politiche, concedendo visibilità e "perdonanza mediatica" a chi, accusato di aver avuto a che fare con un buon numero di Erodiadi, non ha mai accettato di rispondere pubblicamente e analiticamente alle precise domande in merito, come invece il suo ruolo istituzionale gli impone. E' chiaro a tutti infatti che all'homo politicus, a ogni homo politicus, non interessano le indulgenze ecclesiastiche, neppure quelle plenarie (le quali peraltro si possono ottenere in ognuna della nostre chiese con relativa facilità, rivolgersi al proprio parroco per sapere come).
All'homo politicus interessa solo la sua riserva di caccia, l'elettorato, e sa bene che la vera indulgenza al riguardo non la si ottiene confessandosi e comunicandosi e facendo tutte le altre pratiche devote prescritte da papa Celestino otto secoli fa, ma semplicemente apparendo in tv accanto al potente porporato sorridente e benevolente. E' questa l'indulgenza che il capo del governo, abilissimo homo politicus, cerca, ed è questa l'indulgenza che il segretario di Stato Vaticano gli concederà, con buona pace della testa di san Giovanni Battista, di Celestino V e della sua Perdonanza.
Non posso concludere però senza chiedermi se questo spensierato teatro di potenti che si legittimano a vicenda non abbia qualcosa a che fare con quel nichilismo a proposito del quale Benedetto XVI ha avuto di recente parole di pesantissima condanna. Il fatto che la gerarchia della Chiesa cattolica teoreticamente condanni il nichilismo e poi praticamente lo alimenti, si può spiegare solo con una sete infinita di potere, la quale non giace nelle coscienze dei singoli prelati ma è intrinsecamente connaturata alla struttura di cui essi sono al servizio. La cosa è tanto più drammatica perché forse mai come ora gli uomini sentono il bisogno di apprendere l'arte del perdono e della riconciliazione.
(28 agosto 2009)
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commenti di Alastair Campbell, Laurent Joffrin, Alan Rusbridger
I giornali esistono per fare domande
E domani le pubblichiamo anche noi
JOFFRIN: "DOMANI PUBBLICHIAMO LE 10 DOMANDE"
E' un inammissibile attacco alla libertà di espressione e di critica. Non mi stupisce che venga da un personaggio come Berlusconi, ma è un segnale inquietante per tutta l'Europa. Tra l'altro, non escludo che si possa fare ricorso alla Corte europea per contrastare questa palese minaccia al diritto dell'informazione. I metodi del primo ministro italiano mostrano un disprezzo assoluto delle regole democratiche. Rispondere alle domande dei giornalisti è infatti il minimo che gli elettori possono pretendere da ogni governante. Berlusconi invece è infastidito da ogni manifestazione di opposizione. Fa finta di dire che sono attacchi alla sua vita privata e cerca di nascondere alle troppe menzogne che ha detto in questi mesi. I suoi metodi mi ricordano quelli di Putin: manca soltanto che faccia uccidere i giornalisti più scomodi. In Francia non sarebbe pensabile una denuncia come quella che ha fatto Berlusconi a Repubblica. Sarebbe uno scandalo. Esiste una tacita regola repubblicana che impedisce al Presidente di portare in giustizia giornalisti e oppositori. Libération ha deciso che pubblicherà domani le 10 domande di Repubblica a Silvio Berlusconi.
Laurent Joffrin (direttore di Liberation)
RUSBRIDGER: "ESISTIAMO PER FARE DOMANDE"
Gli organi di informazione indipendenti esistono per chiedere domande scomode ai politici. In Gran Bretagna, come nella maggior parte delle democrazie, sarebbe impensabile per un primo ministro fare causa a un giornale perché fa delle domande. Sarebbe anche impensabile usare le leggi sulla diffamazione per impedire ai cittadini di sapere quello che autorevoli giornali stranieri stanno dicendo sul loro paese. Le azioni contro la Repubblica somigliano molto a un tentativo di ridurre al silenzio o intimidire gli organi di informazione che rimangono direttamente o indirettamente indipendenti dal primo ministro italiano. Spero che i giornali di tutto il mondo seguano con grande attenzione questa storia.
Alan Rusbridger (direttore del quotidiano The Guardian di Londra)
CAMPBELL: "INIMMAGINABILE"
Chiunque abbia esperienza del modo in cui funzionano i media in Gran Bretagna, troverà piuttosto straordinario il fatto che un primo ministro faccia causa a un giornale per una serie di domande, e per avere riportato quello che scrivono giornali stranieri.
Il tutto è ancora più straordinario perché il primo ministro in questione è a sua volta un potentissimo editore. Un fatto, anche questo, che sarebbe inimmaginabile nella cultura politica del nostro paese.
Alastair Campbell (ex portavoce di Tony Blair)
DI LORENZO: "E' IN GIOCO LA DEMOCRAZIA"
Per il direttore di Die Zeit, "la questione non riguarda certo solo Repubblica, è in gioco il ruolo dei media in una democrazia. E non credo che Repubblica si lascerà intimidire, per cui non capisco il passo di Berlusconi nemmeno da un punto di vista tattico.
Giovanni Di Lorenzo (direttore di Die Zeit)
WERGIN: "IN ITALIA POCA PLURALITA"
Secondo Clemens Wergin, editorialista di politica estera ed esperto di affari italiani della Welt, a proposito della querela di Berlusconi legata alle dieci domande poste da Repubblica, "il fatto è strano, visto che la pluralità del panorama mediatico in Italia mi sembra già abbastanza ristretto. La situazione appare a tinte forti in generale, uno scandalo in cui sembra essere coinvolto il capo del governo italiano, feste forse con prostitute seminude, sembra molto strana, vista dalla Berlino protestante, dove governa una Cancelliera tutt'altro che a forti tinte. Berlusconi ha commesso un grave errore, sembra che non capisca il ruolo di una stampa libera. Il semplice fatto che Repubblica abbia posto domande è parte del giusto ruolo dei media. Uno stile inquietante."
Clemens Wergin (editorialista del Die Welt)
GIESBERT: "LA DEMOCRAZIA E' MALATA"
Il conflitto tra il potere politico e la stampa è sempre latente ma quando esplode in questo modo significa che la democrazia è malata. Finora in Francia c'è stata una regola d'oro secondo la quale i Presidenti non si rivolgono a un giudice per difendersi dagli attacchi dei giornali. Per i francesi la funzione presidenziale è sacra. Il capo dello Stato sa che se si abbassasse a questi metodi contro la stampa perderebbe inevitabilmente prestigio. Il fatto che Berlusconi abbia attaccato legalmente Repubblica è un'ammissione di debolezza. Il vostro capo del governo si comporta come un qualsiasi cittadino, dimenticando il suo ruolo istituzionale. Ma per il vostro giornale è paradossalmente anche un attestato di libertà e di indipendenza.
Franz-Olivier Giesbert (direttore di Le Point)
THUREAU-DAUGIN: UN PRECEDENTE PERICOLOSO PER L'EUROPA
Courrier International aveva già pubblicato le prime 10 domande a Berlusconi. Dopo questo attacco legale degli avvocati del premier, abbiamo deciso che mostreremo ai nostri lettori anche le 10 nuove domande. Ci sembra un atto doveroso nei confronti di Repubblica, che ha condotto una campagna insistente e coraggiosa. Sarebbe molto preoccupante se i magistrati italiani stabilissero il carattere diffamatorio di questi dieci, semplici interrogativi. Potrebbe essere un precedente pericoloso per tutta l'Europa.
Philippe Thureau-Daugin (direttore di Courrier International)
(28 agosto 2009)
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