11 settembre 2006

|°|°/ "La Moustache" \°|°|


La Moustache
è il film
"L'Amore Sospetto".
Titolo originale, e titolo destinato
agli italiani!
Film di Emmanuel Carrère,
del 2005, tratto dall'omonimo romanzo
scritto dal regista stesso, 20'anni fa, il cui epilogo, si differenzia:
tragico per il libro (non l'ho letto, ho sbirciato su commenti e recensioni qua e là), aperto... per il film.
Sì, si può dire che il film non ha esito, o meglio: non lo sceglie il regista, lo sceglie lo spettatore! Ti alzi dalla poltrona, mentre si accendono le luci, in silenzio, riflettendo, sconcertato/a, e continui a domandarti a quale versione dentro te stesso/a dare retta...
Ho visto questo film il 1° agosto (oophs! non lo faccio apposta a ricordarmi tutte le date! è un dono?), e sono subito andata a cercare il libro, talmente mi aveva sconcertata... (ma non l'ho trovato! era "in ordine"!)
Mi era rimasta addosso, interiormente, una sorta di malessere ed angoscia, un inspiegabile a cui sentivo di dover dare risposta.
L'indomani ho fatto una ricerca per leggere qualche commento lasciato da chi lo aveva visto, e un poco di angoscia si è dipanata nel confrontarmi con gli sconcerti altrui... E così mi sono anche accorta che la mia interpretazione era solo mia, e ciascuno ci aveva voluto vedere ciò che forse preferiva...
Il commento dello stesso regista così recita:
«Se mi si chiede di cosa parla L'amore sospetto nei fatti, non sono capace di dare una risposta. Il fatto singolare di questa vicenda è che il suo significato mi sfugge, come al lettore del mio romanzo da cui è tratto ("Baffi"). E' stato divertente durante le riprese, tutti erano convinti che io avessi la chiave della vicenda e che la stessi deliberatamente tenendo per me: è falso, ma mi sono comportato come se davvero sapessi quale direzione avrebbe preso la cosa».
La storia, venendo al dunque, è questa:
Marc, un realizzato architetto di Parigi decide un giorno di togliersi i baffi. Ad opera finita si contempla allo specchio e fiero del cambiamento si dirige dalla moglie per farsi mirare nella differenza. La moglie Agnès non dà segno di aver registrato alcuna novità visibile, ma non solo lei: i baffi mancanti dal viso di Marc sembrano lasciare nell'indifferenza del nulla anche gli amici, i colleghi di lavoro, e persino il gioviale barista di fiducia. Tutti sostengono che Marc non ha mai avuto i baffi. Eppure esistono delle foto che lo comprovano, foto che Marc incredulo mostra perfino ad una passante, l'unica che lo riconosce ammettendo l'esistenza dei baffi nei ritratti. Inizia una pirandelliana discesa agli inferi in cui tutto quello che si credeva vero è falso. Non sono solo i baffi a non esserci mai stati, ma tutta una serie di certezze, di fatti, di eventi, di viaggi creduti veri.
Carrère gioca con abilità tra i due mondi: vero e falso, lasciando intendere talvolta che un complotto stringa il protagonista alle sue ossessioni.
Segue il crollo: psicologico e psichico che scuote Marc a tal segno da indurlo a sua volta a credersi impazzito. Con la conseguenza di fuggire. Addirittura a Hong Kong, senza bagagli, senza preavviso... Passa del tempo (nel frattempo i baffi gli sono ricresciuti, anche con una barba incolta), un giorno rientrando in albergo ...- primo piano sulla maniglia della porta che lui sta per aprire - ...trova Agnès tranquilla in camera con tanti bagagli, perché lì son venuti in vacanza, e incline a chiedergli non solo di radersi, ma di provare a tagliarsi i baffi perché chissà come starebbe senza... Uno scherzo? La vittoria dell’amore comunque vadano le cose? Un intrigo solo immaginato o addirittura sognato?
La trama appena riportata non è farina del mio sacco, l'ho ripresa tagliando e cucendo, aggiustandola secondo mio criterio, diciamo che così corrisponde al "vissuto" della mia immaginazione...
Riporto ancora, ricopiato da altra descrizione, un altro brano... perchè è questo il bello di tale film! che ha lasciato spazio a ciascuno per vedere ciò che il proprio immaginario vuole catturare o immaginare...
Disperato, Marc, senza baffi teme di aver perduto la testa, sospetta che l'amata Agnès e il proprio migliore amico siano amanti e complici in un complotto per chiuderlo in un ospedale psichiatrico e liberarsi di lui. Scappa di casa, va all'aeroporto, compra un biglietto per Hong Kong. Lì prende traghetti, si fa trasportare inerte fissando le acque, si confonde con la folla anonima cinese dove tutti sono nessuno per lui, come lui è nessuno per gli altri. Intanto lo spettatore si sente assalito dalle domande: è irreale tutto quello che accade? E’ nell’immaginazione dell'uomo, oppure succede veramente? E’ matto lui, o sono perfidi gli altri? Si tratta di un uomo che perde se stesso, o di una coppia che riesce a superare una dura prova? Perché a Hong Kong?
Nella massa anonima della gente di Hong Kong sembra che il protagonista si adagi, trovi quasi conforto, in fuga dal dubbio della propria identità, nella ricerca di obliare l'angoscia del non riconoscersi e del non esser riconosciuto come lui ha sempre visto se stesso. (Questa è la MIA interpretazione!)
Il film non offre alcuna risposta, oppure presenta inganni, trabocchetti.
Molto interessante la seguente riflessione sull'immagine ricorrente dell'acqua nel film. L'acqua quando lui si taglia i baffi -inizio del film-; l'acqua del forte temporale mentre lui fugge -momento di snodo del film-; l'acqua su cui sorge Hong Kong e che lui attraversa ossessivamente per un'intera giornata ripetendo senza sosta l'andata e il ritorno del traghetto, fino alla chiusura notturna.
«L’elemento dell’acqua discioglie i ricordi, lava via la memoria e cancella le tracce reali di un passato che improvvisamente si fa incerto: il gorgo di una vasca da bagno svuotata inghiottisce i baffi tagliati, il diluvio non permette a Marc di ricordare nulla, a poco a poco ogni appiglio nella sua memoria si fa inesistente tanto da non ricordare neanche i numeri di telefono dei propri genitori. Acqua destinata a macerare il messaggio a una moglie lontana fisicamente e soprattutto mentalmente, mentre i dubbi continuano a crescere e a non essere erosi dalle gocce».
Il risultato, dopo la ricerca, la riflessione, l'essermi documentata e confrontata, è stato un sentirmi arricchita da questo film!
L'angoscia iniziale ha lasciato spazio ad una trasformazione interiore...
Forse sarà banale ciò che mi ha lasciato, visto che ho letto commenti anche molto intellettuali ed ermetici, quasi criptici, in cui scansano l'ovvia metafora sul problema dell'identità..., dicevo: forse sarà banale, ma la riflessione più profonda a cui sono giunta, riflessione che è stata anche liberatoria per me, è che nei legami affettivi è fin troppo facile perdere la propria identità affidando i propri occhi e la propria realtà interiore al modo di vederci di chi ci ama, e da cui prendiamo e ci nutriamo d'amore!
Marc sa di aver avuto i baffi, ma il non riconoscerlo della moglie, degli amici più vicini (non la passante sconosciuta), manda in tilt tutte le sue certezze, il riconoscimento della sua stessa vita, fino a mettere in dubbio di sapere dove vivono i propri genitori! (la sofferenza del sentirsi in bilico tra il credere d'essere veramente diventato folle, o di gettarsi nella fuga per fare i conti solo con se stesso)
Quando arriva ad Hong Kong la sera stessa scrive una cartolina per la moglie, dichiarando che lui sarebbe arrivato a Parigi prima di quella cartolina, perchè..."Io so vedere solo attraverso i tuoi occhi". L'indomani sta per ripartire ma all'ultimo fugge dal check-in ... E quando si ritrova la cartolina nella tasca, la lascia cadere nell'acqua dal traghetto su cui ripete ossessivamente l'andata e il ritorno.
Non c'è niente di più angosciante che avere, con persone con cui condividi affetti e vita, visioni diverse della realtà; non riuscire a riconoscere la realtà dell'altro, e non sentire riconosciuta la propria!
E' vero che quando si ama si tende a guardare le cose attraverso gli occhi dell'altro, ad avere bisogno dei suoi occhi per riconoscersi, e per godere appieno della bellezza delle cose, attraverso una condivisione che è appunto un modo di guardare insieme, e specchiarsi l'uno nella visione dell'altro... Gioco pericoloso, in cui si rischia la dipendenza, e la mancanza di autonomia nell'essere, nel poter affermare: "io sono!".
Ma a parte questo, ciò che più mi suscita interesse è l'idea che la realtà o verità, non è affatto unica! ...Ma ...se io non voglio impazzire è bene che dia credito e valore a ciò che sento nel mio cuore, senza lasciarmi sopraffare dalla visione altrui nell'insistere che la realtà non è come appare a me:
quella purtroppo è solo un'illusione,
LA VERA REALTA' è quella che "l'altro"/"l'amato" mi racconta!!!
(cliccando sul titolo: un link per un altro punto di vista su questo film...)

6 commenti:

Hari Seldon ha detto...

"Solo" qualcosa hai scritto su questo film? ;)
Belle riflessioni.
Grazie di avermi visitato. Se vuoi, scambiamo i link.

Anonimo ha detto...

Ciao dapit
sono "la quaglia" e accetto il tuo invito..sicuramente voglio vedere il film. e sarà "bufo" vederlo con i miei occhi ma anche attraverso i tuoi, nella novità della miscela delle relazioni che hanno sapore diverso dalla somma di noi due..cosa che talvolta, forse nell'amore...il cocktail..non viene proprio ben bilanciato o forse sono io che assaporo con papille altrui. vabbè, così, tutto qui... un'altra cosa aggiungerei. hai visto TIME, l'ultimo di kim ki duk? secondo me affronta un aspetto del karma, cosi come old boy, altro mitico film del cimena coreano, l'hai visto? ti abbraccio.
p.s. ileana e yaya mi sembrano sempre piu belle. abbracciale per me. c

Hari Seldon ha detto...

Comunicazione di servizio: il link è a posto.
Ciao a presto.

daniela ha detto...

Sicuramente sarà il prossimo che vado a vedere...non immagini che curiosità mi hai messo! E' uno di quei film che so già che mi piaceranno da morire.
Grazie per la lunghissima recensione!

daniela ha detto...

Dani ti ho linkato sul mio blog, linkami anche tu!

daniela ha detto...

Dani ti ho linkato sul mio blog, linkami anche tu!