06 giugno 2009

L'umorismo popolare e l'umorismo grottesco


da "CORRIERE DELLA SERA.it", rubrica: "i Blog"
24/04/2009


Non farmi ridere! Così gli antichi c'insegnano a sfottere i potenti

Scritto da: Alessio Altichieri (dal Blog: Chelsea mia)

I potenti dovrebbero essere seri, non fare battute, perché sono gli umili, i sudditi, i sottomessi, che si possono permettere l'ironia, lo sberleffo, la presa in giro. L'imperatore Augusto, l'uomo più potente dell'antichità, un giorno nota un uomo venuto da fuori, dalla provincia, che gli somiglia moltissimo. Non sa trattenersi, e gli chiede se sua madre abbia mai lavorato nella reggia imperiale. “No”, gli risponde quello, “ma mio padre sì”. Augusto, pizzicato nella stupida vanità del potente che si permette di dire la prima cosa che gli viene in mente, fa buon viso a cattivo gioco - e passa oltre.

Silvio Berlusconi, l'uomo più potente d'Italia da quando abbiamo riguadagnato la democrazia, dice sovente la prima cosa che gli viene in mente: in genere non è spiritoso, ma molti ridono lo stesso alle sue battute. Per una donna che s'offende (“Le italiane sono troppo belle, per evitare gli stupri dovrebbero avere un poliziotto a testa”), c'è un maschilista che sghignazza. Naturalmente non ride alle battute che si fanno su di lui, e se diventasse davvero un dittatore, come molti temono, potrebbe fare come Caligola, che cercò di bandire il riso, se non a sua richiesta: una volta costrinse un vecchio ad assistere all'esecuzione di suo figlio al mattino e, alla sera, lo invitò a cena e lo costrinse a ridere e far scherzi. Ma perché il vecchio accettò quell'invito? Spiega Seneca: aveva un altro figlio.

Nell'antichità non si rideva come oggi, sostiene Stephen Halliwell in un libro sulla comicità “da Omero ai primi cristiani”. Se sorridiamo appena alle farse di Aristofane, che facevano sganasciare gli ateniesi, a fatica troviamo divertente Menandro, così moralista e pedante. E gli antichi erano tutt'altro che “politically correct”: ridevano dei ciechi, dei calvi, degli stranieri, mentre oggi non si raccontano più barzellette sui “terroni”, se non nelle osterie padane, e nessuno dovrebbe fare ironie sulla calvizie del presidente del Consiglio o sulla statura del ministro Renato Brunetta. Quando Massimo D'Alema gli dà dell'”energumeno tascabile”, è evidente che gioca sull'ossimoro, perché si fatica a immaginare un nano indemoniato. Ma è proprio il “tascabile” che suona offensivo, anche se Brunetta ha tenuto a precisare: ciò che non tollera è di sentirsi definire energumeno.

La maggior parte delle barzellette riunite nel “Philogelos”, una raccolta di spiritosaggini compilata in greco nel quarto secolo, riguarda i medici, i barbieri, gli eunuchi, gli astrologi, uomini con l'alito pesante, l'ernia, la testa pelata. Un abitante di Abdera (classico protagonista delle barzellette, come oggi gl'irlandesi o i polacchi, o in Italia i carabinieri) incontra un eunuco che parla con una donna: “E' tua moglie?”, gli chiede. Quello gli risponde che gli eunuchi non possono avere moglie. E l'altro: “Allora è tua figlia?”. Ciò che è intramontabile è la stupidità di chi dovrebbe essere saggio, allora come oggi: “Dottore, la mattina, appena mi alzo, per un po' mi gira la testa”. “Si alzi un po' più tardi, allora”.

Ciò che dopo tanti millenni avremmo dovuto imparare è che non si ride di chi sta in basso, perché farsi scudo della propria posizione è l'opposto del “sense of humour”. Il dittatore Silla, che instaurò su Roma il regno del terrore, non solo mise al bando gli avversari politici, ma, dopo averli fatti ammazzare, li prendeva pure in giro. E il despota Eliogabalo infliggeva ai suoi sudditi scherzi da cretinetti: faceva sedere gli invitati a cena sopra sedili gonfiabili, per poi divertirsi a vederli scomparire sotto il tavolo man mano che l'aria veniva fatta uscire. E' per questo che i regnanti e i governanti dovrebbero fare dello spirito solo su se stessi: è ciò che gl'inglesi, maestri del sarcasmo oltre che della democrazia, chiamano “self deprecation”. Un potente che non ride di sè è già troppo potente.

Ma non si ride neppure di chi sta in alto, per ovvie ragioni di prudenza. Pare che Cicerone, oltre che oratore sommo, fosse anche uomo di taglienti battute: forse troppo taglienti per il suo stesso bene, nota Mary Beard sul “Times Literary Supplement”, come se contro Antonio, che lo farà tacere per mano dei sicari, si fosse permesso, oltre alle Filippiche, anche sferzate fulminanti. Ma colui che irride chi sta al vertice, per esempio definendo “abbronzato” il capo della superpotenza, come se fosse un Otello qualsiasi, dovrebbe ricordare il caso di Postumio, l'ambasciatore romano mandato a trattare la pace con gli abitanti di Taranto, città greca sulla costa italiana. Anche i tarentini, provinciali del tempo, si credettero autorizzati a sfottere i romani, arrivati nelle sontuose toghe che indossavano al foro, e uno di loro, perfino, “si piegò e ci cagò sopra”. Al che Postumio, che pure voleva la pace, se ne andò pronunciando le parole famose: “Ridete, ridete finché potete. Perché piangerete a lungo, quando dovrete ripulire questa toga con il vostro sangue”.

Noi moderni, che siamo meno vendicativi, diciamo: “Ride bene chi ride ultimo”. Anche se di solito non c'è proprio niente da ridere.

(“Greek Laughter: A study of cultural psicology from Homer to early Christianity”, di Stephen Halliwell, è pubblicato da Cambridge University Press, 632 pagine, 70 sterline. Questo articolo è basato sulla recensione di Mary Beard, “Ha ha”, pubblicata sul “Times Literary Supplement” del 18 febbraio scorso)
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by danDapit:
L'articolo qui sopra "Così gli antichi ci insegnano a sfottere i potenti" è stato scritto e pubblicato il 24 aprile, ovvero pochi giorni prima che scoppiassero i vari ed interminabili "Gates" sul Premier che, come anelli d'una catena, sono andati pian piano emergendo a richiamo l'uno dell'altro, allargando l'Affair a macchia d'olio.

Neppure a farlo apposta (tra il mio postare l'articolo qui sopra e l'odierno accadimento), ecco che a proposito di libertà di ironia (dall'articolo qui sopra: "Naturalmente [il potente che fa dell'humor su chiunque] non ride alle battute che si fanno su di lui [...], [ma]potrebbe fare come Caligola, che cercò di bandire il riso, se non a sua richiesta..."), OGGI il Pdl critica la satira di Blob su Rai Tre:

Il presidente dei deputati del Popolo della libertà attacca Blob
"Programma con licenza di uccidere, non rispetta la par condicio"


Cicchitto critica la tramissione televisiva Blob che, a suo dire, ha "licenza di uccidere" e in questi giorni ha violato la par condicio.
"Mentre in periodi di par condicio c'è il massimo controllo anche sul minutaggio e sulla partecipazione di esponenti politici per trasmissione, un programma della Rai, invece, sfugge totalmente a queste regole: si tratta di Blob, che quasi ogni giorno scarica attacchi devastanti, pseudosatirici, provocatori materiali di tutti i tipi contro il centrodestra", afferma in una nota il presidente dei deputati del Pdl. "Ciò è avvenuto anche in questi ultimi giorni", continua Cicchitto, "non si venga a parlare a questo proposito di libertà di satira perché si tratta di unilaterali e volgari attacchi politici. E' incredibile che la Rai non eserciti la dovuta vigilanza su questa trasmissione che ha, evidentemente, piena licenza di uccidere, forse a testimonianza che esiste un regime, ma di segno opposto a quello del quale favoleggiano Franceschini e i suoi boys". Ora, conclude l'esponente del Popolo della libertà, "sarebbe bene che la Commissione di Vigilanza si occupasse di una trasmissione tutta politica il cui settarismo, durante tutto l'anno, è al di là di ogni decenza".

(6 giugno 2009)

BLOB di giovedì 4 giugno (2009)

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