14 giugno 2009

L'uso della parola

IL COMMENTO

Parole fuori luogo: la politica e l’usanza di accusare i giornali
Berlusconi dovrebbe indicare anche qual è l’Italia che, a suo giudizio, la stampa dovrebbe raccontare

Dice il presidente del Consiglio che la stampa «dipinge un’Italia che non è quella reale». L’affermazione è, come sem­pre, un po’ perentoria, ma contiene un elemento di verità: se mai un giorno venissero convocati, gli stati generali dell’infor­mazione italiana farebbero bene a rifletterci su. Non sarebbe male, però, se nel frattempo Silvio Berlusconi ci dicesse pure, anche per capire meglio di che cosa stiamo parlando, qual è l’Italia vera che i giornali dovrebbero, a suo giudizio, racconta­re. Perché quella che ha raccontato lui ai giovani industriali troppo vera non sembra. Almeno a prima vista. Nessuno si era accorto, per esempio, che, mentre il governo (secondo Berlu­sconi, uno straordinario consiglio di amministrazione del­l’azienda Italia) faceva miracoli, tra veline, Noemi, voli di Stato e caso Mills stesse prendendo corpo sui giornali, o su alcuni giornali, un complotto. Anzi, un «progetto eversivo» contro il premier, al fine di sostituirlo con qualcuno che, a differenza di lui, non è stato eletto dal popolo. Una specie di golpe bianco, fortunatamente sventato dal voto popolare. Come suol dirsi: urgono chiarimenti.

In ogni caso: nell’Italia che vorremmo, e dovremmo, raccon­tare ci piacerebbe non dover registrare appelli più o meno obli­qui agli imprenditori di un capo del governo, fa nulla se di de­stra di centro o di sinistra, perché neghino la pubblicità alla stampa «catastrofista», complice o magari mosca cocchiera(in altre occasioni Berlusconi aveva preferito definirla scendilet­to) di un’opposizione anch’essa malata di inguaribile disfatti­smo. È vero che poi Palazzo Chigi ha corretto il tiro, spiegando che lo strale polemico era rivolto a Franceschini e non ai gior­nali. Ma, anche a voler prende­re per buona la precisazione (peraltro smentita poche ore dopo), non ci siamo: il presi­dente del Consiglio intendeva forse dire che i giornali do­vrebbero concedere meno spazio o non concederne pro­prio, al leader del più grande partito di opposizione?

Non è solo questione di gaf­fe e, a guardar bene, non è nemmeno solo questione di Berlusconi. La politica (la politica di governo in primo luogo, ma anche quella di opposizione) non riesce a dimettere una volta per tutte l’usanza, antica e consolidata, di scrutare i gior­nali per scoprirvi più o meno ogni giorno ambigue trame, tor­bidi intrighi, oscuri complotti in suo danno; e di dividere i gior­nalisti in corifei da premiare e in nemici da stroncare. E fatica, oggi più di ieri, a tenere nel dovuto conto quelle libertà fonda­mentali di una democrazia moderna che sono la libertà di opi­nione e la libertà di informazione. Anche quando ha buoni mo­tivi per ritenere che vengano coscientemente esercitate in suo danno. Anche quando la tentazione di passare ai modi bruschi rischia di farsi irresistibile. Eppure da noi i giornali non fanno cadere i governi e, a quanto pare, non spostano nemmeno vo­ti: per quanto possano essere vicini all’opposizione, se questa è politicamente latitante non bastano a surrogarla.

Non è il caso di gridare al fascismo alle porte e alla stampa imbavagliata. Ma è il caso di ricordare che il clima è dei peggio­ri, e che il varo alla Camera del disegno di legge sulle intercetta­zioni, che la libertà di informazione senza dubbio la riduce, non lo migliora davvero. Proprio nelle stesse ore in cui Berlu­sconi parlava a Santa Margherita, ai valori fondamentali di cui abbiamo detto faceva aperto riferimento, a Napoli, intervenen­do al vertice Uniti per l’Europa, il capo dello Stato. Per esprime­re piena fiducia «nell’attaccamento delle opinioni pubbliche ai principi liberali, particolarmente a quelli della libertà e del plu­ralismo dell’informazione». Non sappiamo che cosa farà il ca­po dello Stato quando la legge sarà approvata definitivamente. Ma quella fiducia abbiamo il dovere di condividerla fino in fon­do.

Paolo Franchi (da: Corriere della Sera.it)
14 giugno 2009
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LA BATTUTA

A passeggio con il nipotino: anche lui ama le minorenni
Cena a Portofino con la figlia e Tronchetti Provera

PORTOFINO — La battuta che gli piace di più, quella che serve a sdrammatizzare il caso Noemi, Silvio Berlusconi se la riserva per la serata. È quando arriva in piazzetta a Portofino, dove lo aspetta per una lauta cena il suo ristoratore preferito, Puny, e si concede al bagno di folla per mano al nipotino Alessandro — 18 mesi —, e seguito dalla mamma Barbara (incinta del secondo figlio) e dal compagno Giorgio Valaguzza. Il piccolo, una delizia di riccioli biondi e occhioni azzurri che il nonno fa contare fino a dieci, dire il suo nome e perfino recitare in inglese l’augurio « have a nice day », buona giornata, si ferma ad accarezzare un cagnolino, poi — tra i flashes dei fotografi — passa a «corteggiare» delle bimbe lì accanto.

Berlusconi non si fa scappare l’occasione: «Ecco, è come il nonno: gli piacciono le minorenni...». La gente ride, come fa subito dopo quando un turista gli si avvicina e gli regala un libretto in cui, dice, c’è il segreto per far scomparire definitivamente i comunisti, e lui: «Perché, ci sono ancora? Pensavo di averli fatti fuori tutti...». E poi scherza con i fotografi: «Mi hanno detto di tutto, ci manca solo che mi dicano che sono gay...».

Alla fine, il premier si siede al suo tavolo tra amici, famigliari e, come ospiti d’onore, Marco Tronchetti Provera e sua moglie Afef. La cena può iniziare, non prima del saluto agli astanti, ancora con il nipotino in braccio: «Ecco, oggi avete avuto un’idea dell’attività del presidente...».

P. D. C. (da "Corriere della Sera.it")
14 giugno 2009
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by danDapit:

Chi conosce quel proverbio molto saggio:
"Pulcinella scherzando scherzando, dice la verità" ?

Attenzione, che quest'uomo scherza sempre sulle verità che riguardano la sua vita, con l'intento da una parte di creare un senso di paradossale (spera!) ridicolo e gettarle in pasto alla confusione e al gossip da lui ricercatissimo (paravento dietro cui occultare il ciarlatano Mago di Oz), dall'altra -attraverso la banalità profusa- d'annichilire il loro valore di scomode verità: ricattabili (prima) e ormai scandalose per la sua posizione di personaggio pubblico e politico.

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-arriva una risposta-

Gli omosessuali: «Berlusconi, siamo contenti che lei non sia gay»
«Complimenti Presidente, sempre attento a non offendere nessuno e a fare paragoni delicati e rispettosi»

MILANO - «Complimenti Presidente, sempre attento a non offendere nessuno e a fare paragoni delicati e rispettosi!».
Cosi l'Arcigay replica al presidente del Consiglio che stanotte scherzando con i fan a Portofino, all'uscita da un ristorante, aveva ironizzato: «mi hanno detto di tutto, ci manca solo che mi dicano che sono gay...». «Siamo certi che lei non sia gay -aggiunge Aurelio Mancuso, presidente nazionale dell'associazione- non tanto per le performance di cui danno conto i giornali di tutto il mondo, ma perchè il suo linguaggio è solitamente intriso da un tronfio machismo, comune a tanti eterosessuali che ci tengono a mostrare in pubblico la loro ridicola virilità che in troppi casi alimenta l'omofobia». «Non si preoccupi -conclude l'Arcigay- siamo contenti che lei non sia gay! Quando incontra Obama, tra una battuta e l'altra chieda di poter leggere il suo discorso d'augurio alla comunità lgbt per il mese del Pride, potrebbe finalmente imparare qualcosa».



14 giugno 2009 (da "Corriere della Sera.it)

1 commento:

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie